Lettera aperta a Gino Strada

 

 

 

Budoni 31 marzo 2007

 

Carissimo Gino ,

non so quando avrai occasione di leggere questa lettera aperta – visto che, nella tua folle corsa e nella follia del tuo sogno tutto terreno, sei oggi lì, domani là…in quei luoghi dove chi non scappa, indossa altre divise e pensa pensieri diversi dai tuoi.

So, comunque, che, prima o poi, ti arriverà. E spero che , in quei pochi momenti che dedicherai a te stesso, le mie parole ti giungano con la forza di un abbraccio.

Grazie.

Per quello che - spinto da una scelta nata non all’improvviso ma dopo un’attenta valutazione di come andava e va il mondo – hai fatto e continui a fare…nonostante tutto e a dispetto di tutto.

Pochi minuti addietro, ospite di Fabio Fazio a "Che tempo che fa", hai messo a nudo la tua amarezza. Per quello che non si fa e si dovrebbe invece fare , e con urgenza , per restituire la libertà a chi si è impegnato, in prima persona , perché venisse garantita quella di Daniele Mastrogiacomo.

Trovo difficoltà a scrivere e pronunciare i nomi di Rahmatullah e di Adjmal, ma ho ben chiari i loro visi. E, soprattutto , so ciò che facevano prima che accadesse il sequestro del giornalista italiano.

Mi domando : Se non fossi in pensione e avessi ancora intorno a me i quaranta bambini di ieri, che cosa avrei potuto o dovuto raccontare per dare un senso ad una situazione che di senso non ne ha nessuno? O che è talmente palese da far rabbrividire?

Il mio pensiero torna – chissà perché…- alla liberazione di Giuliana Sgrena. All’assurdità di ciò che accadde dopo. (Manca ancora ,e a tanti , lo sguardo buono e pulito di Callipari).

Il pensiero ri-torna alla liberazione di Daniele Mastrogiacomo.

A ciò che è accaduto dopo. A ciò che stiamo vivendo ora.

E’ un copione che , con qualche lieve differenza, si ripete. Così mi pare.

E la differenza è, forse, necessaria – ed utile a chi gestisce il potere- per evitare un’immediata consapevolezza che, probabilmente, spingerebbe ad urlare, in coro, che il re è nudo.

Ed è qui, forse, che nasce la tua apprensione, la tua fretta per la liberazione di Rahmatullah e di Adjmal.

Capisco la tua lotta e condivido il tuo impegno.

Ma…che cosa ci si può aspettare da un mondo così?

Un mondo capace di sopportare il peso e la vergogna di Guantanamo.

Un mondo che, in nome di una democrazia ritrovata, tollera l’utilizzo del cappio.

Un mondo che concede spazio e, perciò, attribuisce significato alla pena di morte.

Un mondo che, sempre più obeso, consente che milioni di esseri umani muoiano di fame.

Che cosa ci si puà aspettare…se non quello che stiamo vivendo?

Che senso ha il tuo dire e il tuo fare?

La risposta c’è.

E sta nel tuo passo. Di Uomo che cerca l’Uomo, nonostante tutto.

La risposta sta nelle tue mani. Imbrattate del sangue delle ferite causate dall’uomo che si è perso.

La risposta sta nel tuo sguardo. Da testardo sognatore.

"Mi considero un sognatore - scrive Luis Sepulveda nel suo "Il potere dei

sogni"-. Ho pagato un prezzo abbastanza alto per i miei sogni, ma sono così belli, così pieni e intensi che ogni volta tornerei da capo a pagarlo…".

Ho terminato.

Questo avrei voluto dirti per telefono, a trasmissione conclusa.

Ho scelto, poi, di farlo per iscritto perché mi piace pensare di poter dare voce anche ad altri ; a quelli che, come me e come coloro che questa mattina manifestavano a Roma, non mollano, ma desiderano, con una determinazione sempre maggiore, contribuire a riaccendere il futuro.

Mi piace salutarti con una riflessione di padre Ernesto Balducci che, a mio parere, sintetizza il pensiero mio, tuo e di coloro che si sforzano di vedere oltre l’informazione armata.

" Un amore per la giustizia che prescinda dalla pace diventa inevitabilmente terrorismo. Ma un amore della pace senza giustizia diventa la menzogna insediata nel mondo."

Ti abbraccio.

Rosalba