(Incontro mai avvenuto della…)

Presentazione del libro di Claudio Moica

"Oltre lo sguardo"

 

 

di

Rosalba Satta Ceriale

 

 

Nella vita ci accade di tutto e di più, quando si va incontro al mondo.

Il nostro crescere , più o meno fecondo, dipende dal tipo di relazioni che ci mettono in comunicazioni con gli altri. Tutto – compresi gli incontri meno luminosi e apparentemente insignificanti – lascia una traccia, modifica il nostro essere, ci invita o ci costringe ad avanzare, a vedere meglio, a scrutare verso e oltre l’orizzonte.

Anche il caso occupa un ruolo rilevante nella vita di tutti noi.

Come ho avuto occasione di sottolineare più volte, è al caso che è importante cedere la poltrona più comoda del salotto buono.

Per caso , infatti, sono accadute nella storia dell’ Umanità - e perciò anche nella nostra storia – fatti spesso straordinari che, nel bene o nel male, hanno cambiato il destino del mondo.

Altre volte, più semplicemente - ed è questo il caso – accadono fatti piacevoli, lubrificanti .

Il mio incontro con Claudio Moica è, infatti , dovuto al caso.

In sintesi : ho , da tempo, un sito internet. Ogni sito è una finestra aperta al mondo . Finestra che consente , soprattutto a chi , come me , vive in un piccolo paese, di spaziare, di stabilire dei rapporti con persone più o meno vicine e più o meno conosciute.

Una giornalista-scrittrice che si chiama Rina Brundu e che abita e lavora in Irlanda, ha realizzato un sito molto interessante che si occupa di cultura con lo sguardo rivolto , in particolare , alla sua-nostra bella terra sarda . Entrata per caso nel mio sito, Rina ha cercato , via e-mail , un contatto con me. E’ nato , nell’immediato, un rapporto fatto di condivisione e di stima reciproca .

Un bel rapporto, insomma .

L’altro ieri Rina mi scrive , sempre via e-mail , di un certo Claudio Moica e mi chiede, dopo aver allegato alcune poesie, la disponibilità a presentare l’ultimo suo libro , "Oltre lo sguardo".

Premetto d’aver scoperto da poco, dopo un lungo periodo di corse da fiato corto, l’accattivante compagnia delle…pantofole. Oggi, insomma , ho voglia di riprendermi per mano. Scelgo di stare a casa il più a lungo possibile per dedicarmi alle cose abbandonate da sempre, per leggere e per scrivere con la giusta lentezza. All’occorrenza amo oziare ed ho scoperto che, ad una certa etò, l’ozio non è più il padre di tutti i vizi, ma un grande serbatoio di creatività.

Detto ciò, prima ancora di leggere alcune poesie di Claudio , penso già che la mia risposta a Rina sarà un motivato e cortese "no". Troppi impegni…

Leggo, più che altro per curiosità, alcune poesie di Claudio e mi soffermo a pensare…

Belle! Mi piacciono. Non so bene il perché , ma intuisco subito che, in un mondo nel quale troppi scrivono per riempire i fogli di niente, lui, Claudio, è capace di coinvolgere, di stabilire un rapporto col lettore.

Continuo , perciò, a leggere.

Ogni qualvolta mi imbatto in persone speciali che, come Claudio, sanno dare e dire in versi, mi viene in mente "la congiura dei poeti" alla quale fa riferimento Tiziano Terzani, quale antidoto per un mondo che pareva – e pare - aver smarrito la spiritualità.

Più esattamente , nel suo stupendo "Un indovino mi disse", Terzani scrive:

"Scorgendo l’ombra di isole lontane, ne immaginavo una ancora abitata da una tribù di poeti , tenuti in serbo per quando , dopo il Medioevo del materialismo, l’umanità dovrà ricominciare a mettere altri valori nella propria esistenza."

Personalmente non riesco ad immaginare un mondo senza poesia.

Non so definire che cosa sia, ma so che è capace di dare gambe e respiro al sogno .

Al nostro bisogno di sognare . Che è , poi, in sintesi , il recupero della spiritualità e, quindi , la possibilità di contribuire a costruire un mondo altro, quello possibile, sapendo di esserci e contare.

Non a caso la poesia, oltre ad indagare e indugiare negli anfratti dell’anima , è anche capace di scendere in piazza e lottare…e urlare , all’occorrenza , che il re è nudo.

Il libro di Claudio…

Un libro di poesie può essere letto in due modi diversi : a saltelli, andando ora qua ora là, a volte leggendo di sfuggita, a volte soffermandosi su quei versi che ci incollano al foglio…perché di quei versi, in quel preciso momento, avevamo bisogno. Oppure seguendo l’ordine scelto dall’autore – fatto questo che mi incuriosisce sempre molto, ma sempre dopo – perché indica un percorso .

Anche col libro di Claudio mi è accaduto, inizialmente , di saltellare, di cercare un titolo, una parola, uno o più versi che mi costringessero ad una sosta, che raccontassero oltre lo scritto.

E’ stata l’ultima pagina a prendermi e coinvolgermi…

Pagina che contiene non una poesia , ma un documento-poesia indirizzato a un

padre :

"Caro babbo – si legge – ti scrivo perché forse è la cosa che so fare meglio. Perché le parole non si fanno verbo quando dovrebbero.

Ti scrivo quello che dentro di me staziona fortemente senza convincersi ad uscire nel momento propizio, quando le stelle della notte si svegliano e le puoi quasi toccare perché il cielo è limpido.

Ti scrivo il mio amore per te, per i tuoi occhi tristi rivolti al basso, dubbiosi dell’infinito. Non ci sono parole per unire i sentimenti, ma i silenzi sono forti portatori dei nostri discorsi."

"Mi sarebbe piaciuto albeggiare, seduto in giardino, con te e parlare di noi, sorseggiando parole incerte, ridendo del passato, ricordando le giovani corse tra i campi , i tuoi progetti senza fine, le mie paure irreparabili."

"Non ho modo di cogliere le voci intorno, di sentire i tremiti, di spiegarti che dentro di me sento, forte , scorrere il tuo sangue, la tua rabbia, il tuo amore soppresso, le tue voglie sopite, il tuo dolore improvviso."

"Non sarò forte se tu passeggerai lontano, non avrò sicurezze se tu abbandonerai il sentiero. Cercherò la tua mano sempre, così senza paura proseguirò tra le secche campagne della vita…"

Ogni poeta ha una parola chiave che usa , senza quasi accorgersene, continuamente nel suo itinerario poetico. E’ un classico…Anche Claudio ne ha una . E’ la parola "luna".

Quella luna cantata spesso nel passato e che oggi sembra dimenticata, abbandonata lassù anche dallo sguardo dei bambini, ai quali, forse , non la indichiamo più, presi come siamo dalle corse sfrenate, e spesso inutili, verso ciò che è superfluo.

Claudio se ne serve per dar vita a versi che parlano con tenerezza , per poi depositarsi nel sangue di chi legge… fino a diventare cibo per la mente.

Eccone alcuni :

Quando la sera sarà stanca

carpirò attimi di chiarore

nascondendoli tra le foglie di acero.

Colmi gli occhi di rugiada

mi allontanerò

prima che la luna

cali il sipario…

E poi:

Nel tempo in cui te ne andrai

le stelle moriranno nella notte

e il tramonto rincorrerà l’alba

inseguendo il sole piangente di luna…

E infine, per non citarli tutti:

Mi bruci dentro.

E’ dolore di fuoco

il tuo sorriso.

E’ sofferenza di spine

il tuo respiro.

Sei il mio inferno

che non voglio spegnere

perché sarebbero fredde le notti

e senza lune i miei pensieri…

 

Claudio, con i suoi versi , conferma ciò che, tempo addietro, scrisse la poetessa nuorese Lucia Pinna:

"La poesia rivela l’anima segreta delle cose . Ci rivela a noi stessi .

Ci fa capire quello chi siamo : creature irripetibili. E ci salva dall’omologazione, dall’appiattimento, reintegrando la nostra identità .

E allora sentiamo il crescere dell’erba e il germogliare delle prime gemme."

 

Quando si legge un libro c’è spesso un capitolo – in questo caso, una poesia – che ci costringe ad un ritorno, ad una continua ri-visitazione, come se le parole scritte ci ri-chiamassero con la consapevolezza d’essere indispensabili.

Tra le poesie di Claudio, quella che maggiormente mi ha coivolto – e che ho letto e riletto fino a farla "mia" - parla di un tema che tutti – chi più e chi meno – abbiamo timore di affrontare, ma che il poeta racconta – come lui solo sa fare – per esorcizzare l’attimo…che arriverà per tutti. Per sentirsi , in tal modo, più forti della morte e cantare il passaggio come fosse – e forse lo è – un inno alla gioia.

Desiderio.

Vorrei lasciarvi

quando

l’inverno smette di piangere

e la luce

annuncia,

con il suo urlo sottile

la primavera nascente .

Insieme alle farfalle , silenziosamente,

danzerò

la mia ultima sinfonia ;

vi lascerò

come dono d’amore

i miei occhi

specchianti la pace .

Nell’aria indugerà

il mio sorriso

in ricordo

di notti stellate .

Quando

la luna fischierà

il suo canto di lode

mi accompagnerete

verso le colonne del conosciuto

dove,

solo, raggiungerò

la mia ultima isola.

Vi lascerò

quando

il canto delle cicale

copre

i lamenti delle foglie secche

asciugando così

le vostre lacrime

che saranno arcobaleni

e non fulmini di dolore .

Il mio nome

sarà riverbero di gioia

nei vostri cuori

perché

io possa godere

dell’armonia celeste

senza rimpianti di ritorno.

Aleggerò

nei pensieri dell’innocenza

e sparirò quando

i vagiti di un neonato

ripeteranno il miracolo

del mistero della vita.

Vi lascerò

come nave che salpa

e

non distoglierete lo sguardo

finché la bianca scia

non verrà inghiottita

dalle onde del mare…

 

Basta guardarsi intorno, e/ o seguire le varie trasmissioni televisive più o meno recenti, per sentire un vociare continuo, che quando non sa di aggressione o insulto, è uno sterile parlarsi addosso .

Insomma : ultimamente è evidente che il porsi in ascolto dell’altro, col giusto atteggiamento, è diventato un optional, una cosa in più…

Claudio Moica ci richiama, con i suoi versi , all’appagante e rigenerante sensazione che nasce quando si è capaci di tendere l’orecchio per…

Solo ascoltare

 

Ascoltare di te

dei tuoi tramonti d’inverno

delle tue corse d’estate

di come colori le parole

perché arcobaleno riviva

nei miei ricordi.

Ascoltare di te

quando il sole sbircia

e ancora la luna non dorme

per non fare dei silenzi

una gabbia di dolore

e darmi nello sguardo del mattino

l’innocenza dell’amore.

Ascoltare di te

senza parlare

ma solo ammirare

il suono delle tue labbra

come sinfonia di sirene

per me

Ulisse legato al paolo

dell’insicurezza.

Ascoltare di te

delle tue parole

che come onde di oceano

scivolano lunghe e maestose

senza fine di pensiero

unendosi in amplesso

con la linea del tramonto

gemendo estasi ignorate