Piero Marras - Foto di Rosalba Satta

 

Piero Marras è nato a Nuoro, ma le sue origini sono di Sassari e Cagliari l’ha fatto suo.

E’ considerato il precursore e l’esponente più importante dell’esperienza musicale etnica regionale.

E’ pur vero che tanti testi delle sue canzoni sono in lingua italiana. Soprattutto quelli dei primi anni di attività. Testi apprezzati dal pubblico e dalla critica, testi che gli sono valsi importanti riconoscimenti.

Canta dal 1966 e la consacrazione è arrivata già nel ’78 con "Fuori campo".

Anche di recente , un testo in italiano, l’ha regalato ad Andrea Bocelli.

Ma è con la rivisitazione delle sonorità tradizionali e della lingua degli antichi nuragici che Piero Marras ha saputo fondere, in un connubio felice , il codice, i ritmi e i profumi dell’isola.

Lui stesso ama definirsi, non a caso, un "cinghiale".

Il cinghiale per eccellenza, diremmo noi, capace di fiutare le radici della tradizione e della storia di questa terra ubriaca di mare e di verde.

Ubriaca di canto e di poesia.

Nel 1985, con "Abbardente", i versi in limba diventano protagonisti del suo messaggio. E’ questo l’album del dialogo a distanza con Predu Mura. Del poeta isilese è "L’hana mortu cantande", ma la stessa "Mere manna" ricorda "sa delicata animedda che dae innedda" (dall’Africa?) raggiunge Nuoro "a imbentare su manzanu" con parole affettuose.

Dall’acqua che brucia a quella fresca che sgorga dalle sorgenti barbaricine passano appena due anni.

Con "Funtana frisca", Marras apre al sociale.

Il verso poetico diventa strumento d’analisi della società sarda, delle sue gioie e dei suoi dolori. "Osposidda"  e "Domos de pedra" ne sono una bella testimonianza.

Seguono gli anni dell’impegno politico in qualità di consigliere regionale per il PSd’Az, fino all’esperienza di "Tumbu" e all’omaggio a Maria Carta e a Franceschino Satta.

Con "Sa oche ’e Maria" , scritta assieme a Paolo Pillonca, Piero Marras avrà l’opportunità di esibirsi, in coppia con la cantante afroamericana Dionne Warwick, nella sala Nervi del Vaticano per il concerto di Natale di fine millennio.

Con "Bae luna" (Cantones de pache e d’amore) le tematiche più care a Piero Marras riemergono prepotenti : la pace e l’amore, le guerre e gli odi secolari…i bambini.

Questi ultimi sempre più protagonisti come nell’esempio di "S’anzoneddu" e di "Basta chiudere gli occhi (Miguel)".

Anche per questo motivo, il cantautore sardo, "il nostro cinghiale", merita attenzione. Per questo ha meritato che i ragazzi delle scuole di Sassari, che non conoscono "sa limba", l’abbiano cantato, l’abbiano studiato, l’abbiano inserito fra i poeti del loro album.

 

Nicola Spano

(da "Scuole 24 ore- La voce libera della scuola italiana")

 

 

PIERO MARRAS E IL SUO " FUORI CAMPO"

 

        ROSALBA SATTA CERIALE    

  

 

Nell’ultimo lavoro del cantautore Piero Marras "Fuori Campo", musica e parole si sposano, ed anche l’ orecchio più distratto e meno allenato musicalmente comprende subito che si tratta di un sodalizio perfetto. Musica di qualità e testi poetici , dunque. C’è da stupirsi? Ebbene si! Dopo il suo precedente "Tumbu" –dove, alla magia di "Bae luna" si alternava, fra l’altro, la dolcezza di "Sa boche ’e Maria" e il malinconico ricordo di "Armidda" , fino alla forte e rabbiosa "Istrales"- noi , entusiastici e sinceri ammiratori del cantautore sardo, pensavamo che il meglio fosse stato già raggiunto, che oltre non si potesse andare. Quelle di "Tumbu" erano – e sono – pennellate d’ artista : giochi sapienti di note, flash riusciti di ombre e luci che risvegliano passioni, colori, profumi, odori intensi della nostra terra, dove il canto del vento "a l’iscurtare est una oghe interis", dove il sole dipinge nel cielo "succutos de luche" e dove emerge, forte, il desiderio di ricevere -noi, figli di una terra forte ma restia agli abbracci – "bazos in sos chizos". E adesso , dopo "Tumbu", in un crescendo che sa di continua revisione e maturazione… "Fuori campo". Due sole canzoni inedite, "Notte lituana" e "Si Deus cheret"- da brivido!- e poi nove tuffi nel passato musicale di Marras in un ripescaggio cha sa purtroppo (…o per fortuna?) di inedito per chi scrive, forse perché distratta o presa, ieri , da altri ritmi, altri suoni, altri volti. Distrazione imperdonabile, tanta e tale da domandarmi stupita dove fossi quando cantava "Diglielo tu Maria", "Il figlio del re", "Panni da lavare", "Rime ladre", "Chissà se fuori", "Plancton".Le sviolinate non sono il mio forte e detesto la piaggeria. In sintesi, non sono un’ adulatrice. Però è evidente che nel panorama musicale attuale, dove più spesso di quanto si pensi il successo dipende da fattori che poco o niente hanno a che fare con la capacità vocale, con la bontà dei testi e della musica, Piero Marras si distacca ed emerge – caso strano e per noi fortunato! – dal limbo del nulla e del chiasso martellante, per riproporre a gran voce, nel pentagramma della musica e della vita, creatività, calore e colore. Perciò l’abbraccio sincero all’ ultimo suo parto musicale, non nasce dalla simpatia e stima verso l’ amico ,ma dalla consapevolezza che bagnarsi e abbeverarsi , all’ occorrenza , nelle fonti limpide e cristalline dell’ arte vera, rende più forti e puri. Crea una corrente sinergica. Ci rende capaci di vedere oltre il limite del visibile.

Grazie per le ali Piero! Volare è stupendo!

(da "L’Ortobene")

 

A Nuoro il concerto evento “Frore galanu” ha riunito il meglio della scena artistica isolana

 

Piero Marras con una sua ammiratrice - Foto di Rosalba Satta

 

Le mille anime della musica sarda

 

Da Piero Marras a Gavino Murgia fra tradizione e ricerca

 

di Valeria Gianoglio

 

Nuoro. Una buona rappresentanza della musica sarda moderna, racchiusa per una sera tra le tribune dell’anfiteatro comunale di piazza Veneto.

Se c’è un merito nel concerto “Frore galanu” , che si è tenuto giovedì a Nuoro con la sponsorizzazione dell’assessorato comunale alla Cultura, è stato proprio questo : essere riusciti a portare per qualche ora sullo stesso palco alcuni dei migliori musicisti barbaricini sparsi nell’isola o nel mondo intero.

Così, da Cagliari, è giunto Piero Marras con un enorme bagaglio di canzoni ed esperienze.

E di ritorno dalla Spagna, reduce da alcune importanti serate, è arrivato, invece, Gavino Murgia, sassofonista e polistrumentista di fama internazionale.

Due nomi che già da soli  basterebbero a raccontare il nuovo corso della musica sarda e dei suoi interpreti.

La strada l’ha aperta lui, il maestro Marras, e gli altri , poi, l’hanno seguito nel tentativo di varcare con la loro musica i ristretti confini isolani.

Così nasce Alessandro Catte e il suo cd d’esordio “Frore galanu”, presentato l’altra sera davanti a oltre 3000 persone. Un cd di nove canzoni, tra le quali spiccano “Balbacana”, l’unica del disco in gallurese, scritta da Gino Marielli dei Tazenda, la delicata “Frore galanu” che da il titolo al cd e “Deo ti canto”, sigla della ttrasmissione “Buonasera Sardegna”.

Così, nasce il grande Gavino Murgia. Trentatrè anni appena, ma quanta strada fatta da quando giocava in piazza Satta, vicino alla falegnameria del padre.

Così, quella schiera di giovani talenti che suonano all’ombra dell’Ortobene fino a che non riescono a “volare”… come ha fatto Alessandro Catte all’anfiteatro.

Applaudito dal pubblico della sua città.

Una bella soddisfazione dopo anni di studio e impegno tra le aule del conservatorio e della scuola di Mogol, le sale di incisione e i concerti.

Quello dell’altra sera, però, aveva davvero un sapore speciale. 

Due ore di buona musica con alcuni momenti da incorniciare.

Tre su tutti : il duetto con Piero Marras sulle note di “Ardia”, la nuova versione di “Non potho reposare”, cantata con il Coro Ortobenne di cui Catte è il direttore, e le esibizioni di Gavino Murgia.

Sul palco ad accompagnare Alessandro Catte la band formata dagli ottimio Danilo Porcheddu, Stefano Ferrari, Carlo Todde e Pierluigi Manca.

 

(da “La nuova Sardegna” del 22 agosto 2003)

 

 

Paolo Satta , Piero Marras e Ignazio Corrias

 

Il concerto “Frore Galanu”

 

 

di Valeria Gianoglio

 

Nuoro. Anfiteatro comunale, ore 21.

L’appuntamento aperto a tutti (ingresso libero) è proprio lì, questa sera, per il primo dei grandi eventi che aprono le manifestazioni per il Redentore.

Sul palco, alcune dei migliori talenti musicali barbaricini.

Riuniti per celebrare con il concerto “Frore galanu”, il cd di esordio del cantante e compositore nuorese Alessandro Catte.

All’Anfiteatro, oltre a Catte e alla sua band, si esibiranno il Coro Ortobene e il grande Piero Marras con il sassofonista Gavino Murgia.

E a loro si rivolge Rosalba Satta, portavoce del gruppo Emergency di Nuoro e provincia . “Cari Alessandro, Piero e Gavino- scrive – ci piacerebbe che nel vostro concerto venisse concesso un angolino ad Emergency per far sapere che l’Accademia dei Lincei ha assegnato ad Emergency il premio Feltrinelli per “un’impresa di alto valore morale e umanitario”. Emergency è riuscita ad iniziare l’intervento in Palestina e a Kabul è stato inaugurato il nuovo reparto di rianimazione.

Noi – conclude la lettera – saremo al concerto, a sentire il profumo del frore galanu; ci saremo col nostro banchetto per raccogliere le offerte da mandare ad Emergency.

Grazie.”.

 (da “La nuova Sardegna  del 21 agosto 2003 )

 

 

 

Il DVD "Piero Marras"

 

Il percorso musicale di un cantautore-poeta

 

 

La musica, in compagnia del cantautore Piero Marras, è felice.

Non è una sensazione.

E’ la consapevolezza che, durante i suoi concerti, ogni volta, qualcosa ri-nasce, si muove e va in direzione dell’anima di chi ascolta…per lasciare un battito d’ali che ricorda il tepore di un abbraccio. Al termine degli incontri canori, infatti, si rincasa rinfrancati, caldi di emozioni e rivestiti d’umanità.

Perché accade?

Probabilmente perché Piero Marras canta la vita.

E lo fa dando forma, senso, suono e forza ai sentimenti "nobili", quelli che uniscono, che concedono spazio al sogno e alla speranza. Che ci rendono più forti , perché consapevoli dell’importanza del dire, del dare e del fare in un mondo ricoperto troppo spesso di silenzi, di sguardi distratti, di incomprensibili pause, di egoismi e ricatti.

Piero Marras riprende in mano le parole, ne mette a nudo la sonorità, le combina in modo tale da caricare d’intenso perfino i respiri.

Che dire, ad esempio, della sua "Babbu meu"? Non racconta di un padre che attende la morte in un ospizio: nel magazzino dell’inutilità dove – come ci ricorda Andreoli – si può solo attendere l’ultimo istante e sperare che giunga presto.

No. Si racconta di un padre che, diventato fragile come un bambino, vede , sente e si nutre della presenza del figlio che, con tenerezza, gli indica quel tratto di strada da percorrere ancora insieme, nella consapevolezza che il passo fermo e l’affidarsi ai ricordi rinvigorisce e sollecita l’arrivo della nera signora.

Marras canta, suona e, da grande affabulatore, parla e racconta.

E ci regala , dopo averci invitato a chiudere gli occhi, "sonnios e disizos", per poter realizzare con maggiore determinazione, un mondo migliore…dove il cielo non debba essere più violentato dal rombo degli aerei da guerra ma restituito ai giochi delle stelle.

Il canto di Piero Marras diventa spesso preghiera che sale , fino a raggiungere Babbu Mannu -che dovrà pur aiutarci a far rinsavire le teste matte che continuano a spargere sangue e dolore- e sa Mere Manna , che tornerà da lontano per re-inventare il mattino e per cantare quella ninna-nanna capace di scacciare i mostri che disturbano anche i nostri sogni.

La linfa che da vigore alla poesia di Marras trova il suo humus nella capacità , che il cantautore possiede da sempre, di stupirsi.

E di indignarsi all’occorrenza…per i morti di Osposidda, sepolti senza che la verità sia mai emersa, per "sos omines de nudda", capaci di saltare sempre sul carro del vincitore, per tutti coloro che nascondono nel loro chiasso fatto di niente le loro miserie e, contemporaneamente, disturbano affinché non si oda il respiro e il canto del risveglio delle coscienze.

Lo stupore di Marras diventa, per una sorta di alchimia, il nostro stupore.

E così diventa nostra anche la sua sana indignazione…perché possiede la rara capacità di trasformare un incontro collettivo- che è quello che ci vede nei suoi concerti – in un incontro intimo, privato, dolcissimo.

Da raccontare.

E da rivivere , perché il percorso musicale del cantautore sardo è contenuto nel DVD "Piero Marras" realizzato di recente; DVD da acquistare e regalare a se stessi e a coloro che sanno che i sogni hanno gambe, braccia e cuori pieni zeppi di canti che annunciano nuove primavere.

 

www.rosalbasatta.it

Piero Marras e Franceschino Satta

 

 

Poeti tra i banchi

 

Budoni. Organizzata dalle scuole elementari e materne e dall’associazione turistica Pro Loco, si terrà domani nei locali del centro sociale, una festa all’insegna della poesia.

La manifestazione avrà inizio alle 17e vedrà protagonisti personaggi importanti del mondo della poesia isolana come il poeta nuorese Franzischinu Satta, il cantautore Piero Marras ed il noto poeta nonché studioso di tradizioni popolari, il giornalista Paolo Pillonca.

Come si ricorderà , Piero Marras ha portato al successo notissime poesie di Pillonca; tra le più significative quella dedicata ai morti di Osposidda e "Bae luna" del poeta nuorese F. Satta.

"Una festa - tiene a sottolineare l’insegnante-poetessa Rosalba Satta – di incontro tra bambini e adulti, uniti dalla passione per la poesia, e tra scuola e famiglia, impegnate sul fronte dell’educazione e la formazione giovanile in rapporto paritario.".

Questo lavoro fa parte di un progetto di stimolazione alla scrittura poetica dei bambini , condotto in via sperimentale nelle terze classi della scuola elementare di Budoni e in una sezione pilota della scuola materna.

L’interessante progetto è stato realizzato con molta passione e con altrettanto entusiasmo dalle insegnanti Satta , Manchia, Barmina, Pinna e Nanu, con lo scopo di promuovere e agevolare quel processo di cambiamento della scuola e della società oggi da tutti auspicato. E l’iniziativa si è rivelata un successo, con il coinvolgimento totale dei piccoli.

"Il progetto –ha detto ancora la maestra Satta – è ambizioso poiché la scuola, lanciando la sfida, vuole per prima cambiare , abbandonando il tradizionalismo dei suoi metodi per sperimentare nuovi percorsi educativo-formativi che offrano ai bambini l’opportunità di essere attori-protagonisti della propria educazione e della propria crescita.".

La scuola di Budoni, dunque, cerca nuove strade , cominciando dalla poesia.

Alle insegnanti, impegnate nella realizzazione di questo progetto, piace pensare che i ragazzi che hanno vissuto questa esperienza, possano un giorno andarsene per la loro strada "quatti quatti come randagi gatti con due versi in tasca ad infrangere il muro della notte e del dolore".

 

Gino Satta

(da "L’Unione Sarda"- 6 giugno 1996)

 

 

Estate budonese.

 

Le stagioni incantate di Piero Marras

foto di Massimo Locci

 

 

Venerdì otto giugno. Sono oltre le ventitrè. Nel palco della piazza Giubileo c’è solo una pianola . E, poi, lui. Piero Marras.

Canterà alcune canzoni, e la sua presenza contribuisce a dare un senso profondo alla serata, organizzata da un gruppo di volontari per richiamare l’attenzione sul progetto di "Ospedalizzazione domiciliare oncologico" dell’Asl n.2 di Olbia.

Il sentiero della solidarietà, il cantautore sardo lo percorre da sempre. Con la convinzione di chi conosce perfettamente la differenza fra diritto e privilegio, e con lo sguardo di chi è capace di vedere oltre gli steccati e oltre una realtà , oggi, davvero sconfortante.

Con la tenerezza di un padre attento e premuroso, riprende per mano la speranza e la riveste di attesa, di significato e , poi, la porge a chi lo ascolta affinché , nel pensiero e nell’anima, si rafforzi, e lieviti, la voglia di futuro.

Le prime note…

Le parole di "Bae luna", ora recitate, ora cantate, ora sussurrate arrivano alla piazza che applaude . A lungo. Io non lo faccio. Sono bloccata. Rapita. Il mio pensiero va a mio padre. A quando scrisse "Cantones de pache e d’amore" che , in seguito, con l’aggiunta di alcuni versi scritti da Piero Marras, sarebbe diventata "Bae luna".

Ricordo che quando Marras musicò la canzone, dissi : " Tu, babbo, hai scritto una poesia bellissima. Ma Marras è riuscito a trasformarla in una sinfonia…".

Una musica e una voce straordinaria possono compiere miracoli di questo tipo.

E’ bello che sia accaduto. E che teneramente riaccada, anche stasera.

Poi arrivano le note e il canto di "Si Deus cheret" con i suoi "cuori prenuragici" e le nuvole, alte nel cielo, dalle quali è possibile ancora scorgere "un’isola possibile" perché c’è , in chi è capace di sorprendersi sempre e comunque, un testardo e coloratissimo "sogno, nel profondo".

E’ stupore… che diventa magia quando l’aria viene attraversata dalla stupenda "Mere manna" . Canto-preghiera rivolto alla "grande padrona", alla Grande Madre, "affinché si porti via i nostri sogni pieni di angoscia e ci regali una primavera dove le rondini siano capaci, come ieri, di inventare i mattini e dove i momenti belli non debbano mai invecchiare" nella memoria della coscienza e del cuore.

Che dire, infine, di "Ses tue"?

E’ un inno a un amore "splendido come un’alba chiara".

"E’ una primavera che infiora la campagna".

"E’ un desiderio di dolcezze nascoste".

"E’ una carezza di arcani sentimenti".

"E’ un regalo di fiori lontani".

"E’ un augurio di stagioni incantate".

"Ponemila una manu supra palas

e caentami su coro e sa carena.

Finamenta sas oras pius malas

m’han parrer un’abba pius lena…".

 

E’ poesia. Pura.

Come sempre, grazie per la carezza musicale, Piero. Sei un essere speciale.

 

Rosalba Satta Ceriale

 

 

Per Rosalba e Piero Marras

8 giugno 2007, venerdì. Nella piazza di Budoni. Alle ventitrè. C’era solo una pianola sul palco. Poi Piero Marras. C’era il pubblico e c’ero anch’io. Non fisicamente , certo, ma con il cuore e con la mente ad ascoltare le sue canzoni. Che sono poesie.

Il suono e l’atmosfera della mia isola…

Brava Rosalba che hai saputo raccontarci le emozioni di quella sera..

E quella sera, mischiati nel pubblico, impalpabili ed invisibili ai tuoi sensi e perciò ancora più vivi, c’erano i ricordi, le parole, i suoni, il mondo delle tue persone care.

E tu, cara Rosalba , quel venerdì 8 giugno 2007, alle ventitrè, nella piazza di Budoni, li avevi vicini.

Beniamino Agus

La prima volta che ho ascoltato le tue canzoni (ero molto piccola , forse avevo quindici anni ) ad un concerto a Budoni , "Mere Manna" mi è rimasta nel cuore e , così, nel tempo, anche le altre canzoni …o "sinfonie" , come le chiama Rosalba.

Ed ecco che un giorno ho sentito "Babbu meu" che ho dedicato, con tutto il cuore, al mio caro padre…che adesso non c’è più.

Gliela facevo sentire spesso. Volevo che sapesse che io gli sarei stata sempre vicina, così come lui faceva con me.

GRAZIE Piero, perché ho potuto prendere in prestito questa tua canzone per mio padre.

GRAZIE Rosalba per avermi fatto trovare le parole giuste da dedicarvi.

Katiuscia Pinna

Ciao Rosalba.

Lascio un messaggio per dirti che, malgrado la distanza fisica che ci separa, la MUSICA , più di ogni altra cosa – come il bene che abbiamo imparato a volerci – ci accumuna e ci fa incontrare …

Il verso di Piero "ponemila sa mano supra ’e palas" e tutta la sua discografia , mi hanno tenuto compagnia in tutto quest’anno di lunghi viaggi in macchina, fra sole e nuvole, tra solitudine e traffico, tra pensieri, sconfitte e gratificazioni…tra immagini e parole di bimbi che continuavano ad animare la mia mente, malgrado da essi mi fossi appena allontanata.

E, come quando si recitano mille Ave Maria , io sgranavo l’intensa forza di quei versi che mi abbracciavano l’anima riscaldandomi "sa carena".

GRAZIE Rosalba , perché non mi fai sentire sola nel mondo delle emozioni.

Graziella Fois

 

 

Piero Marras racconta trent’anni di musica

Piero Marras - Foto di Rosalba Satta

 

Il cinghiale del canto nella terra del ricordo

 

di

Roberto Mura

 

È in forma il cinghiale del canto, il Piero nazionale. Si, insomma, Marras. Il barbuto menestrello di ginepro in forma di poeta. O forse meglio il sardo dal cuore gigante che sprizza melodia, che zappa la terra del ricordo e dell’avvenire, che anninna, fa ballare, sospirare e riflettere, che gioca, ammonisce, rincuora, innova. Ormai pronto alla tournée estiva, l’artista è appena venuto fuori col suo Dvd antologico. "Piero Marras", due ore intense di musica con tanto live e contenuti speciali: il concerto in Vaticano con Dionne Warwick, alcuni video degli inizi, una presentazione dei brani fatta al pianoforte del salotto di casa in un magico tête à tête con la telecamera, la traduzione italiana e inglese dei testi.

Lei ha iniziato a cantare in italiano, com’è ch’è approdato al sardo?

Avevo già fatto tre album e i successi non erano mancati. Eppure ero alla ricerca di un suono che mi appartenesse più visceralmente. L’ho trovato con una sintesi tra limba e sonorità moderne. Fu una scommessa che fece arricciare il naso ai discografici. Ma era riduttivo non raccontare questo universo con la sua lingua: posso aver perso una fascia di pubblico, certo ne ho acquistato un’altra. E poi, io stesso possiedo questi due codici espressivi, che in musica diventano due diverse suggestioni. È stato naturale usarli entrambi.

Girando l’Isola in lungo e in largo faccia a faccia con la sua gente: cos’ha maturato in questi anni di palco in palco?

Premetto che è molto più semplice fare i concerti con una platea che per vederti paga un biglietto. Nelle piazze invece ci sono tutti e devi cercare di prenderli tutti. Non puoi barare: questa è la "regola", la cosa più importante che ho imparato. Se tu dài qualcosa si crea un rapporto di correttezza tra te e il pubblico e la gente continua a stimarti. Devi regalare il meglio, affrontare ogni situazione senza risparmiarti, reinventarti come fosse la prima volta che canti. Capisci che è andata bene quando stai due ore e mezza sul palco e non te ne accorgi nemmeno.

Riassuma in poche parole la sua missione di cantante, quali messaggi ha cercato di mandare?

Ho sempre cercato di raccontare una Sardegna che non si chiude in se stessa ma che dimostra una capacità imprenditoriale, nel mio caso dell’anima, convinta di ciò che fa. Il mio è un messaggio di fiducia per i Sardi e nei Sardi: vivendo in un’isola è possibile trovare un’ottima dimensione umana, e non è vero che le cose qui arrivano soltanto, le sappiamo pure far partire.

Qual è la sua posizione rispetto alla lingua sarda?

Sono dell’idea di costruire un sardo comune, senza campanilismi. Mi va bene l’unificazione, basta si faccia qualcosa e subito. Poi ci si aggiusterà in corsa. Facciamo entrare questa lingua nelle scuole, organizziamo campus dove si parla solo in sardo, così come si fa per l’inglese. I mezzi sono tanti…

Esiste una contrapposizione tra l’essere sardo e l’essere italiano?

Una contrapposizione c’è sempre stata e non l’abbiamo voluta noi. Ti si è imposto un mondo che non tiene presente il tuo. Quando la cultura ufficiale emargina ciò che sei non puoi essere d’accordo, c’è un’ingiustizia e devi ribellarti.

Vorrebbe l’indipendenza?

L’indipendenza non dev’essere uno slogan, è l’obbiettivo finale, ma bisogna essere sicuri di quello a cui si va incontro. Dobbiamo costruire le basi per la sussistenza quotidiana, crearne le premesse politiche. Oggi i movimenti nazionalisti beccano le briciole, non hanno ancora capacità di convincere. Una cosa è quando si ha l’appoggio di tutti, ma quando la divisione è così grande… Resto un autonomista convinto e penso all’indipendenza come a un obbiettivo cosciente, accattivante. Ma voglio che ci sia una vita decente, un lavoro per ognuno. Altrimenti l’indipendenza diventa paura di isolamento e la gente eviterà sempre di prenderla in considerazione.

Esiste ancora il binomio isola-isolamento?

La rivoluzione di internet ha abbattuto il muro che ci separa dal mondo, seppure per accedere fisicamente alle altre terre devi prendere un aereo o una nave. Dipende da come sapremo usare gli strumenti in nostro possesso. C’è ancora un isolamento personale da buttare giù: lo vediamo nella mancanza di cooperazione, nelle chiudende e nei muretti che costruiamo tra noi e il prossimo. L’isolamento in questo senso ce l’abbiamo dentro. E di sicuro gran parte delle barriere sono fatte d’invidia.

Cos’è l’identità?

Qualcosa che si è e non qualcosa che si ha. Ognuno deve testimoniarla con quello che fa, con la sua condotta di vita, con la sua "balentia" positiva, col suo atteggiamento di fede a una causa e a un popolo.

Cosa le piace della Sardegna e dei Sardi?

È come dire cosa amo e odio in me stesso. Mi piace l’essere meticolosi e seri, coriacei, rocce testarde che non si accontentano della superficialità dei risultati. Di sicuro non amo il vittimismo, né chi pensa che il mondo inizi e finisca in su bichinadu.

Ma lei che tipo è ?

Uno che prova un immenso piacere nell’accompagnare sua figlia a scuola. Uno che si sveglia presto e che presto va a dormire. Le ore piccole le vivo durante i concerti. Mi piace la famiglia, la natura, la campagna e il mare, adoro gli animali, giocare a pallone, bere vino, guardare un film…

E il mangiare?

Diciamo che a tavola sto bene. Solo che a volte mi dimentico di alzarmi. Ma ora mi sto disciplinando.

Cosa la emoziona?

Sono un romantico, mi emoziona quello che è fatto con sensibilità e dedizione. In special modo l’arte, dalla pittura alla scultura, dalla poesia al canto. Consiglierei a chiunque di dedicare almeno mezz’ora al giorno alla lettura, in silenzio con se stessi. Per dirne una ultimamente ho gradito molto il libro di Sergio Frau, tanto che vorrei cantarci sopra, interpretarlo. È stato un’iniezione di autostima, quello di cui abbiamo bisogno. Quest’Isola vorrei davvero fosse felice come Atlantide: è il mio sogno.

È vero che ha un augurio speciale per i Sardi?

Come no? A los bider semper sanos, e semper Sardos…

 

(Da "Lacanas" n.20 -2006)

 

Ecco le launeddas del terzo millennio

 

Piero Marras presenta lo strumento ideato da un informatico di Carbonia

 

Foto di Rosalba Satta

 

di

Walter Porcedda

 

Cagliari . Le launeddas del futuro sono già arrivate. I tubi di alluminio hanno sostituito le canne palustri. Non si soffiano più ma sono solo le dita a muoversi su quei piccoli cilindri con la stessa velocità usata per le tradizionali. I suoni quasi identici , ma con una gamma incredibile. Come, altrettanto incredibile, è la varietà di combinazioni e, soprattutto quello che – una volta completata l’implementazione midi – potranno diventare domani, grazie alla sperimentazione dei musicisti. Insomma : la musica sarda, tecnologicamente , è entrata nel Terzo Millenio con lo strumento inventato, o meglio, reinventato in termini digitali, da un giovane e appassionato informatico ( e anche suonatore) di Carbonia , Francesco Capuzzi che – sponsor il cantautore Piero Marras che l’ha incoraggiato - l’ha presentato ieri nello spazio "Sapori di Sardegna".

Launeddas al passo con i tempi che cambiano, la cui evoluzione era stata già intuita tempo fa da un maestro come Efisio Melis. "E’ stato lui – ha spiegato l’etnomusicologo Francesco Morittu nella sua efficace introduzione – ad aver pensato per primo alle launeddas elettriche . L’intenzione era di far competere , alla pari , l’antico strumento sardo con gli altri elettrici che ai suoi tempi conquistavano le piazze dell’isola".

D’altra parte – ha detto Morittu - la musica popolare è quella che si confronta con il presente, pur avendo ben evidenti i legami con il passato. Quindi ben venga questo nuovo strumento che nelle mani di musicisti potrà crescere e diffondere la nostra musica fuori dalla Sardegna. (…) A dare un saggio dal vivo, oltre a Marras che le ha suonate per primo in pubblico lo scorso 26 maggio a Sassari, il bravissimo Andrea Pisu che ha dato una prova delle eccezionali qualità e potenzialità di uno strumento che guarda davvero al futuro.

(Da "La nuova Sardegna" ; mercoledì 11 luglio 2007, pagina "Estate cultura e spettacoli")

 

 

Il silenzio e la parola

 

Piero Marras - Foto di Rosalba Satta

 

La musica sarda si rigenera con le launeddas elettroniche

 

di

Paolo Pillonca

 

Cagliari. Sul palco di uno spettacolo musicale , il primo a suonarle è stato Piero Marras in un concerto a Sassari, il 26 maggio scorso in Piazza Università.

E la sua associazione culturale (Piero Marras Projects) ha deciso di presentarle a un pubblico più vasto, nello spazio cagliaritano di “Sapori di Sardegna”, all’inizio del viale Diaz. Parliamo delle launeddas elettroniche, strumento creato da un ingegnere  poco più che trentenne, Francesco Capuzzi,  nato a Carbonia ma da anni cittadino di Cagliari, dove insegna.

E’ proprio Capuzzi a presentare questo singolare percorso a ritroso  sulla via degli antenati preistorici, ma nel segno della tecnologia avanzata :

“I materiali  sono tre : alluminio, plastica , componenti elettronici. Nel prototipo la presenza dell’alluminio  è legata all’elettronica, ossia ai sensori dei tasti.  Ma come supporto di tastiera non escludiamo di tornare  alla canna, esteticamente più gradevole” , dice l’ingegnere costruttore.

Se non avesse conosciuto il musicista nuorese, forse Francesco Capuzzi attenderebbe ancora  la  prima uscita ufficiale. “Quello con Piero è stato un incontro casuale, tramite un altro musicista emergente fra i suonatori di launeddas , Andrea Pisu”, racconta il giovane professionista . “Piero Marras  ha mostrato subito grande interesse. Per  me è importante che un artista come lui, così profondamente legato alla nostra identità, non solo non abbia storto il naso, ma si sia entusiasmato.”.

Capuzzi si rende conto della delicatezza dell’evento.

“Il fascino delle launeddas viene dalla notte dei tempi – riconosce - . Ma a me interessa  soprattutto  la contemporaneità. Mi preme capire quale possa essere oggi il ruolo di uno strumento così arcaico, il suo apporto culturale . Negli ultimi anni  si è registrato un distacco progressivo da quel tipo di cultura. Rivalutare la tradizione mi sembra fondamentale”.

Secondo l’ingegnere, non conta tanto la modernità in sé.

“Per essere  moderno , uno strumento non deve essere necessariamente elettronico - precisa Francesco Capuzzi - . Lo strumento antico , per avere valore contemporaneo, deve adattarsi ai tempi. Senza forzature , né secondi fini, soltanto per l’esigenza di sopravvivere  e di allargare il proprio pubblico”. Sul rischio che quelle elettroniche soppiantino le launeddas di canna, Capuzzi mette le mani avanti : “Lo strumento  non può e non vuole sostituire  le launeddas antiche. Faccio un altro esempio musicale noto a tutti, il pianoforte : è costoso e ingombrante, eppure continua ad essere suonato. Non è un espediente per introdurre modernità a tutti i costi. Il vecchio non è affatto da buttare.”.

(…)

Per Piero Marras  non si tratta di “nuovo che avanza ma semmai di vecchio che si vendicao, meglio , si rigenera”. Il musicista barbaricino  mette in guardia dai puristi ad ogni costo, secondo i quali l’identità è un qualcosa  di immutabile e cristallizzato.

“Non si può confinare  la tradizione  in contesti che la schiacciano , relegandola a livello museale. Credo che le launeddas elettroniche abbiano la versatilità necessaria per essere nel nostro tempo come protagoniste. Questa sorta di nipotina tecnologica delle launeddas preistoriche nasce proprio sotto questo magnifico auspicio. Sono  convinto  che saprà attirare l’attenzione generale perché oggi tutto può avere una veste moderna.”.

Ma quali sono i vantaggi pratici del nuovo strumento sul  palco di una piazza?

Piero Marras li sintetizza così: “Suonare in qualsiasi tonalità, variandola all’occorrenza in tempo reale con il semplice ricorso a una pedaliera, usufruire delle sette scale modali, disporre in un unico strumento dei “presets” corrispondenti a tutti i tipi di launeddas ( fiorassiu, mediana,  puntu de organu, mediana a pipia, viuda, sinfonia, contrapuntu), possibilità di agire su ciascuna delle tre canne e sulla loro equalizzazione. In breve, le launeddas elettroniche si inseriscono benissimo in una band moderna.”.

Per Marras c’è anche “un altro aspetto interessante: la possibiltà di suonare lo strumento e insieme di cantare. Non dovendo soffiare , con le launeddas elettroniche ci si può accompagnare. Il risultato è una performance assai singolare.”.

Sempre secondo Piero Marras “l’innovazione serve a rivitalizzare la tradizione di riferimento aprendole confini impensati e impensabili”.

Come nella poesia orale e scritta : il canto delle antiche madri è uno dei fondamenti  imprescindibili del verso sardo contemporaneo.

(da “La nuova Sardegna” 30 luglio 2007)

 

 

Piero Marras : è di scena la musica

 

Foto di Rosalba Satta

 

di

Rosalba Satta

 

Budoni 15 agosto 2007. Piazza Giubileo, ore 22. E’ di scena la Musica.

Sul palco lui : Piero Marras.

E’ un appuntamento che,  da alcuni anni, si ripete . E si attende con l’emozione e lo stupore della prima volta.

Non una parola all’inizio del concerto. A parlare sono loro : le launeddas elettroniche. E’ l’ingresso e il trionfo della musica popolare che – come ha affermato l’altro ieri l’etnomusicologo Francesco Morittu – “si confronta con il presente , pur avendo ben evidenti i legami col passato”.

E’ la testimonianza che è possibile – è questa una riflessione di Piero Marras – “rivitalizzare la tradizione di riferimento aprendole confini impensati e impensabili”. E poiché è possibile suonare le launeddas e , contemporaneamente, cantare, Piero Marras lo fa…e il suo iniziale “abbarra firma in cue luna luchente…”, vola dal palco e avvolge. Più esattamente : coinvolge. Anche chi – e sono tanti i vacanzieri presenti in piazza - non comprende la lingua sarda. E’ proprio vero ciò che ci ricorda Marras: il suono delle parole dice e racconta  oltre il significato, e la nostra lingua , forse meglio e più di altre, porta con sé anche la forza del mistero della vita e della morte.

Non a caso  il primo canto riprende , nel finale , la bellissima “Omine mannu”, e l’invito rivolto a Dio è quello di lasciare il Paradiso per giungere , e fermarsi, nella sofferenza e nella solitudine dell’uomo…perché è lì che si ha fame della sua presenza. Perché è lì che Lui si riconosce.

A seguire, “Il figlio del re” con i doni del vecchio servo che danno un significato profondo alla fatica del vivere e contenuto alla speranza in un futuro di condivisione.

“I silenzi – precisa Piero Marras – sono parole . Spesso sono taglienti come coltelli”. Altre volte, i “silenzi emozionali”sussurranno abbracci e tenerezze che la lingua non è capace di dire, ma le atmosfere, le vicinanze di anime raccontano a chi ha imparato ad ascoltare il sussulto, la bellezza, la poesia del non detto.

Infine – e la storia passata e presente ne è una testimonianza -, i “silenzi assordanti” di coloro che dovrebbero fare e non fanno, di coloro che tacciono… per coprire di silenziosa e putrida melma le loro ingiustificabili presenze-assenze.

Ma “il nostro domani verrà” , ci ricorda il cantautore sardo regalandoci le note e il canto della bellissima “Ardia”: “ Colores de rosa in s’aera, in chelu una nue minninna s’interghinada ’e ispera ti tinghet, o bella pizzinna…”.

Piero Marras canta per oltre due ore, regalandoci un rosario di emozioni spesso colorate dalla movenze , dai costumi e dai colori delle ragazze della compagnia Tersicore ; bellissima “scenografia” che aggiunge senso al senso : che riporta ai segreti dei nuraghi , che racconta di un’isola possibile, di sudore e di nuvole di polvere, di singhiozzi di luce…

A serata musicale conclusa, Piero Marras è stanchissimo. Pare aver dato – e forse è così – tutta la sua energia al pubblico. Pare muoversi a fatica tra le luci , ormai spente, di un palco diventato, all’improvviso, troppo grande. Nonostante tutto, alcuni – soprattutto turisti - timidamente, si avvicinano per complimentarsi, per stringergli la mano , per una foto ricordo. Lui si concede, sorride e ringrazia.

Ma a dire Grazie al suo canto e alla sua musica è tutta la piazza che , quasi avesse timore di turbare un’atmosfera di poesia pura, si allontana con la giusta lentezza e con la consapevolezza di aver vissuto una serata da ricordare e da raccontare.

Da "Il saggio"- Mensile di cultura- settembre2007

 

 

 

Foto di Rosalba Satta

 

 

Artisti allo specchio

"Oggi impera la balentìa del nulla"

Piero Marras, cantautore di nicchia e sardista a prescindere

 

di

Maria Paola Masala

 

Da piccolo giocava sempre da solo. E nell’andito di casa, a Nuoro , era insieme calciatore e cronista . "Urlavo gol, naturalmente, ma ero così pignolo che se non segnavo, se sbagliavo, ripetevo la cronaca, fino a far corrispondere ai calci le parole".

Pignolo lo è rimasto, anche se non gioca più a pallone.

Ma c’è la musica, l’altra grande passione infantile. "Un pianoforte e una chitarra possono essere grandi amici di un ragazzino che gioca da solo".

Cinquantassette anni il prossimo settembre, Piero Marras ha sostituito la barba col pizzetto. "Mi fa sentire meno vecchio".

A suo dire, è in letargo, anche se è difficile crederlo. "Mi spiego: io lavoro moltissimo durante l’estate, faccio anche quaranta concerti da una piazza all’altra. Non riuscirei a non suonare , a non cantare. E’ faticoso, ma ho un pubblico che mi segue. Così mi porto dietro la mia carovana ( cinque musicisti, cinque danzatrici, più un service di tecnici). Siamo insieme da trent’anni. Dopo le vacanze estive, entro in letargo. E allora studio, leggo, scrivo, suono, passeggio .Faccio un sacco di cose ma non mi espongo".

Un ozio altamente creativo, il suo , se è vero che dopo Pasqua, uscrirà un suo Dvd, il primo, "Piero Marras", con tutte le sue canzoni (una quindicina di dischi) e molti brani live, come il concerto con Dionne Warwick davanti a Giovanni Paolo II .

"Io amo molto il live. E il Dvd è un mezzo interattivo che ti consente di fare cose impensabili qualche anno fa".

Tra le tante copertine dei suoi album ci sarà anche la prima, quando era ancora Piersalis?

"La ricorda? Era il 1974 e stavo nella stessa casa discografica di Aurelio e Marisa Fierro. Dovevo andare a Sanremo con un pezzo sui nonni in ospizio che piaceva molto ai Fierro. Lo censurarono perché era troppo triste. Ci avrebbero pensato Modugno e Renato Zero , anni dopo, a sdoganare l’argomento".

Dove ha prodotto il Dvd?

"A Cagliari , nello studio Enneeelle di Massimo Pinna. Ci abbiamo messo cinque mesi, ma ormai è pronto. Un lavoro certosino, di grande livello . ci sono settanta link".

Se Piero Marras non fosse nato in Sardegna?

"Avrebbe perso molto. Io sono venuto fuori come cantautore italiano, e non lo rinnego. Vorrei che il mio prossimo lavoro fosse una sintesi fra questi due mondi. Ma essere sardo è importante. Ho rischiato e ho vinto . In un mondo dove l’omologazione è latente è un fatto di fortuna avere una niocchia culturale di identità e di qualità che ti protegge. Purché venga conosciuta, purché ci si apra al mondo. Internet ti aiuta, e io comunque ritengo che il momento importante per me è stato quando ho deciso, obbedendo ad un istinto : voglio rimanere qua".

Ha rinunciato a molte opportunità…

"Il mio traguardo era fare un lavoro che significasse qualcosa, che rispettasse la mia vita e mi permettesse di lasciare un’impronta. Io credo molto nel dovere della testimonianza . Anche in Gigi Riva, sardo d’adozione , deve essere scattato questo meccanismo . Anche in Antonio Marras, la cui forza è continuare ad essere tenacemente legato alla sua terra".

Niffoi da ragazzo era un suo fan…

"Si, a sedici anni mi veniva a sentire nei club nuoresi, me lo ha detto di recente, mi ha chiamato proprio il giorno in cui avevo appena finito di leggere la sua Redenta Tiria. Lui sta cercando un modo di scrivere completamente diverso, dove recupera il sardo, crea neologismi che hanno un senso . Ma bisogna stare attenti . Io sono molto severo, credo che noi sardi abbiamo un’enorme responsabilità : siamo testimonianza di un popolo. Questo limita un po’ la libertà, ma spinge a fare sempre meglio".

Essere un artista sardo è diverso da essere un artista piemontese?

"Si. Qui in Sardegna il concetto di popolo, di appartenenza, è molto più forte. Se vai all’estero c’è maggiore riconoscibilità. Trovi sempre un Sardo che ti ricorda chi sei . Con i torinesi funziona meno".

Parliamo di identità, non le sembra un concetto abusato?

"Direi proprio di si . Sembra un distintivo che uno si appiccica. L’identità è qualcosa che si è, non che si ha . E non è statica ma dinamica . Se uno testimonia con la sua vita non ha bisogno di parlarne".

Che cosa non le piace della sua terra?

"Questa banalizzazione identitaria . E i falsi sardismi . Ubriacatura delle proprie radici che non corrisponde a un percorso coerente, anche dal punto di vista etico . Trovo sia scandaloso che ci sia chi si professa sardista ed è invece interprete di un liberismo sfrenato".

Con chi ce l’ha?

"Col vento che sposta troppe canne, dovremmo essere meno canna e più roccia".

Essere come le canne può essere un modo saggio di prendere la vita…

"Ma non sul fronte politico .

Mi sto riferendo naturalmente alle ultime novità sardiste . L’ho detto pubblicamente e lo ripeto. Questo nuovo modo di intendere il partito non mi appartiene, non è più il partito di Bellieni , Mossa , Mario Melis. Sul piano delle regole, poi , è un congresso che stabilisce la linea del partito. Io comunque, sono sardista a prescindere".

E quanto è italiano?

"Ho la doppia cittadinanza dell’anima, ma sono prima sardo e poi italiano . Parto dalle mie radici: Nuoro, dove sono nato , Sassari, la città di mia madre , che mi piace sempre di più per quel senso di sana pavesiana provincia che ancora resiste".

E Cagliari?

"Cagliari ha ancora le radici sull’acqua. Ha sacrificato la sua identità in nome del suo grande senso di accoglienza . I Cagliaritani mi piacciono molto. Mi piace il loro umorismo, il senso messicano del vivere , mi piace la Marina".

Lei ha un’esperienza di consigliere regionale dall’89 al ’94. Non fa più politica?

"Ritengo di fare politica attraverso le mie canzoni, sono un’anima scomoda e libera, mi piace la politica come servizio, non come opportunità personale".

La presunta invidia dei Sardi: abusata come l’identità?

"L’invidia esiste, e viene storicamente dalla povertà, dal non aver mai avuto la possibilità di spaziare con lo sguardo . La povertà ha con sé anche una concezione troppo severa della vita . Una sorta di religione dell’esistenza che ci porta ad essere poco disinvolti, a non cogliere il gusto del momento , a non avere la capacità imprenditoriale di se stessi… e se qualcuno interrompe questo ritmo, guai! Credo che solo la cultura possa scardinare questa impalcatura che ci imprigiona".

Qual è stato lo stato di salute della musica sarda?

"Distinguiamo. Tenores a parte, è quella che ha tra i suoi nomi Elena Ledda, Simonetta Soro , Clara Murtas, ma anche Andrea Parodi, le Balentes, molti altri rappresentanti seri di una tradizione che sa coniugarsi all’innovazione .

C’è gente che ha fatto la gavetta, che ha toccato la polvere del palco . E c’è la burrumballa, i modelli del nulla che ci vengono offerti dalla televisione . Questo emergere senza meriti e requisiti, è insopportabile . E le emittenti locali imitano . Così la musica sarda diventa come quelle cosacce artigianali che i turisti si portano via per pochi euro. Niente a che vedere con la Sardegna, e con la qualità.

C’è troppa approssimazione, dischi disinvolti , repertori annacquati, nel ballo e nella musica . Scrivere in Sardo sta diventando un modo per non dire nulla. Le belle voci non bastano . Ci vuole più rigore . Ho visto spettacoli in piazza di canzoni sarde in playback".

Oltre agli spunti polemici , quali spunti creativi le dà la Sardegna?

"Uno ha solo da guardarsi intorno. Questo mondo non si esaurisce, anche la storia è accattivante. Prendiamo Atlantide . Mi ha stimolato talmente l’ipotesi di Sergio Frau che ci sto scrivendo intorno. Anche il bronzetto nuragico può diventare di una modernità incredibile se lo circondi di suoni nuovi, sintetici , non necessariamente launeddas. Il nostro mondo è arcaico nella stessa misura in cui è futuro. E la teoria di Frau è accattivante, ti fa sentire privilegiato, parte di questa isola baciata da Dio".

Un’isola con molti problemi…

"Creati dagli uomini, e in quanto tali superabili . Ma la nebbia, la pioggia, il gelo, che te li toglie? Mi avessero messo a scegliere tre un luogo ricco e la Sardegna , avrei scelto la Sardegna".

E’ ottimista?

"Che Sardo sarei? No, però credo nell’ottimismo della volontà, Gramsci non a caso era sardo. E credo che la vita sia l’arte dell’incontro . Io do il meglio quando scopro la solidarietà. Il pessimismo della ragione ci rovina, ed è pur sempre un retaggio di povertà. Di una piccola comunità chiusa".

Quali incontri hanno segnato la sua vita professionale?

"Più di tutto quello con i fonici . Quando fai un disco, entri in simbiosi col fonico . E lui diventa pieno dei tuoi testi, della tua musica, che è più intransigente di te . Sono rimasto amico di Luciano Torani ("Fuoricampo"), di Primo Bravin che considera "Abbardente" il primo album della World Music italiana . Poi c’è Alberto Erre che spesso mi segue. Sono loro a calibrare il suono, a renderlo chiaro e scuro . Come i colori di un pittore.".

Oggi un ragazzo che vuol fare musica cosa deve fare?

"Rischiare. Purtroppo la meritocrazia non basta . La musica è un mondo che ti lascia a terra, se non ti omologhi . Quando ho cominciato io c’era il concetto che fare musica era un hobby, un rischio sicuo . Oggi è tutto precario. Noi, comunque, abbiamo grandi musicisti : Paolo Fresu , Antonello Salis , Massimo Ferra , Gavino Murgia , Massimo Carboni…".

I suoi cantautori preferiti?

"Ancora De Andrè, Paolo Conte , De Gregori quando non fa Dylan".

Che cosa è la balentìa?

"Il mio atto di coraggio nell’affrontare la vita . Purtroppo stiamo andando verso la balentia del nulla".

(da "L’Unione sarda")

 

Piero Marras in compagnia di Franceschino Satta

 

Argentina 28 agosto 2007

 

Carissima Rosalba,

grazie infinite per la pronta risposta. Mi commuove particolarmente che Peppino Canneddu ti abbia parlato di me : ho un grande rispetto per Peppino, un uomo sardo integro e vero.

Anche io sono molto felice di averti incontrata, anche se solo via internet.

Mi aveva commosso profondamente il tuo omaggio "A un padre poeta" ( pubblicato non ricordo dove) , ed è per questo che ho dedicato una puntata della mia trasmissione a tuo padre : ho letto, appunto , il bellissimo omaggio che hai scritto , e messo in onda "Ispadas de sole" , interpretata dal Coro Ortobene .

Non sapevo altro di te ( siamo oltreoceano, purtroppo!), quindi ringrazio il fans club di Andrea Parodi per avere inserito il link del tuo sito. Ho fatto le ore piccole guardandolo, c’è tantissimo materiale su persone che ammiro e apprezzo.

Ho letto quasi tutti gli articoli dedicati a Piero Marras.

Grande Piero! E’ stato lui , per primo, a farmi amare la musica sarda. L’ho conosciuto la prima volta che è venuto in Argentina.

Nel 92 all’hotel Setar ho ripreso il suo concerto, dedicato a noi emigrati sardi,rientrati per un soggiorno organizzato dalla Regione.

Era la prima volta che rientravo nella mia terra , 42 anni dopo la nostra partenza…

Nel 99 eravamo a Cagliari ed ho sentito annunciare un suo concerto in Piazza Jenne. Sono andata con mio marito e c’era tantissima gente.

Concluso il concerto , mi sono fatta coraggio e sono salita sul palco a salutare Piero e per registrare un suo saluto per i Sardi in Argentina.

Piero, gentilissimo, mi ha regalato il suo Cd "Fuori campo".

Gli ho scritto parecchie volte, ma la sua e-mail sembra sia sbagliata o forse ha cambiato indirizzo…

Un abbraccio.

 

Teresa Fantasia

 

Piero Marras lancia una proposta contro l’omologazione culturale.

 

“Un campus estivo per ragazzi di città nel centro-Sardegna”

 

di

Paolo Pillonca

 

 

Cagliari.  “Sogno un campus estivo per ragazzi di città nel centro Sardegna, dove si parli in sardo, si cucini alla sarda, si canti e si reciti nella nostra lingua”.

Vediamo perché: “Considerato il processo di omologazione in atto nelle città, dove i ragazzi non parlano quasi mai il sardo e non conoscono la storia, le tradizioni e i valori della Sardegna, il campus sarebbe utilissimo. I nostri bambini – continua Marras – sono urbanizzati nel senso classico, alla stessa maniera dei loro coetanei di Milano e Torino . Bambini virtuali .  Penso a un full immersion con gente seria ed esperta . Un villaggio in cui i tanti relatori consentano ai bambini di capire i valori della tradizione”.

Come?

“Modernamente e senza folclorismi”, risponde il cantautore. “I  nostri bambini sono schiavi dei documentari tv: non hanno mai visto un animale vivo, non conoscono le erbe, i fenomeni naturali. Frequentando una scuola di quel genere recupererebbero un patrimonio che oggi  manca del tutto ai giovani che vivono in città.”.

Certo non è semplice.

“Modernizzare – riconosce l’artista – è un discorso difficile. Penso a Raffaele Sestu, ad Arzana e a tutto il lavoro fatto  sul Gennargentu in materia di erbe medicinali, culminato con la scoperta di una molecola anticancro tratta dall’elicriso”.

Piero Marras racconta anche qualche novità sperimentata negli ultimi anni .

“Parlare in sardo nei paesi in cui vado a cantare è per me una scoperta continua . Ti riappropri della terra , del luogo in cui sei nato . Passando più specificatamente al suono  delle canzoni vestite di musica moderna , scopro che il suono toglie la lingua dal folclorismo e dal museale, pericoli mortali. Quando ho lasciato le multinazionali del disco e ho fatto “Abbardente”, sono partito dal suono della parola . La giudico una vendetta  verso la scuola  che mi aveva allontanato dalla mia terra . Il suono mi riportava all’infanzia . La sonorità legata al territorio rende giustizia alle cose, libera la parola dalla schiavitù del significato letterale e le regala altre suggestioni. Se canti in sardo un pezzo che abbia un senso, scopri che quel messaggio può viaggiare solo in lingua sarda, solo lì ritrovi il mistero giusto. Ecco: recuperare la terra, smettendo di esportare la Sartiglia a Milano e i Mamuthones  a Nizza”.

 

(Da “Il silenzio e la parola” – “La nuova Sardegna”, 23 settembre 2007)

 

L’intervista

Piero Marras

Da 30 anni canta la Sardegna in limba

 

di

G. Serreli

 

Se si è portati a indicare "Badde lontana" come prima composizione che fa da spartiacque con una vecchia e leggera concezione del modello canzone in sardo, è indubbio che si deve a lavori come "Funtanafrisca" o "Abbardente" la prima consapevole e determinata valorizzazione della lingua sarda in contesti diversi da quello della pura tradizione .

Che scenari si sono delineati da allora?

Sono passati più di vent’anni dall’uscita , nel 1985 , di "Abbardente", ma molti di più da quando ho cominciato a pensarlo e scriverlo .

Non è stata una scelta razionale, tutt’altro.

E’ un po’ come quando si improvvisa . Gioca più la predisposizione del momento, la tua disponibilità, che una razionale consapevolezza di quello che stai facendo .

Tutto sommato per me la canzone , il comporre , ha sempre coinciso col gioco .

La componente gioco richiama un antico entusiasmo infantile, il piacere e la voglia di fare qualcosa . Di inventare . Il richiamo del "suono sardo" era troppo forte e accattivante per non rimanerne astratto.

Siamo nel periodo post cantautorale . Finita la sbornia dei "testi musicati" , del concettuale ad ogni costo, ho cominciato a sentire la voglia di "liberare la parola"; liberarla dal significato, rivendicare la sua autonomia, riportarla al suo ruolo primario ed essenziale, al suo impatto primordiale col mondo : il suono. Prima testimonianza sonora del proprio esistere . Come il vagito . "Abbardente" , tutto in lingua sarda , è stato il mio primo vagito libero . Il sardo ha da sempre rappresentato , in termini di sonorità, una delle lingue più corpose, affascinanti e misteriose che esistano .

Insisto sul concetto di lingua , con la sua peculiarità e specificità che la rendono unica .

La sua unicità parte dal suono .

Liberare "la parola suono" della lingua sarda, ha significato anche liberare la lingua medesima dalla sua esclusiva collocazione in ambito folklorico . Mostrarne la duttilità . La sua moderna arcaicità . Aprire quel suono al mondo ha favorito, negli anni, la crescita spontanea di una nutritissima truppa di gruppi musicali , di singoli interpreti maschili e femminili che hanno smesso improvvisamente di scimmiottare il resto del mondo "canzonettaro" per cominciare a cantare in lingua sarda con consapevolezza di sé.

Naturalmente ad una crescita quantitativa non corrisponde spesso altrettanta qualità ed oggi , a mio avviso , accanto ad artisti che si sforzano di fare musica in maniera seria e originale , ci sono produzioni a dir poco imbarazzanti per la loro pochezza ed approsimazione . Non poca , a questo proposito , è la responsabilità dei media televisivi locali che propongono il non proponibile e divulgano il non divulgabile , pur di riempire ogni puntata dei loro stucchevoli programmi di intrattenimento.

In ogni caso , attualmente , in Sardegna c’è un bel fermento creativo che , se incoraggiato e non lasciato in balia di se stesso , può favorire la crescita qualitativa e professionale di un intero settore.

Gli importanti riconoscimenti che hai ottenuto nella penisola e anche le prove maturate con Randy Crawford ( Fiza me’ ) o Dionne Warwick ("Sa oghe ’e Maria") capaci di dare ulteriore dignità internazionale al sardo, testimoniano che quella scelta di allora non è stata di arretramento e di autoesclusione da circuiti più ampi.

L’interesse per la world music, la musica etnica da parte delle case discografiche , specialmente quelle italiane , è arrivato con notevole ritardo.

Quando io proposi alla EMI italiana, con la quale ero sotto contratto , un album in lingua sarda mi dissero che non lo ritenevano "vendibile", interessante ma non vendibile, dissero . Solo De Andrè , forte del suo nome , in quegli stessi anni riuscì ad imporre "Creuza de ma", un album interamente in genovese . Sono le scelte cosidette coraggiose che segnano la vita delle persone . Io non so se sono stato coraggioso, se ciò è avvenuto è solo perché ho avuto l’incoscienza di ubbidire ad una sorta di istinto irrazionale che mi ha portato a scindere un contratto e imboccare artisticamente una nuova strada , magari rischiosa e incerta, ma incredibilmente più affascinante e stimolante .

Oggi la musica sarda è apprezzata nel mondo , là dove riesce ad arrivare . L’esperienza con interpreti del calibro di Dionne Warwick o Randy Crawford , non può che avermi gratificato professionalmente e soprattutto mi ha insegnato che la buona musica trova spazio nel mondo in qualsiasi lingua si canti .

Il fascino e la particolare sonorità del sardo costituiscono , poi, una sorta di valore aggiunto delle nostre canzoni . Se non altro, un elemento di novità in ambito musicale internazionale e nazionale rispetto alla omologazione linguistica imperante .

Sei dell’avviso che , specie in musica , sarebbe paralizzante interpretare la tradizione come immutabile reperto museale? Anche l’identità , il senso dell’appartenenza , sono concetti comunque in movimento nel tempo?

E’ un concetto che ho espresso più volte. L’identità immutevole è un’eresia . L’identità è qualcosa che si è , non che si ha . E uno non è sempre uguale a se stesso . Per fortuna si cambia, ci si evolve. Come cambia il mondo intorno . Guai a non rendersene conto! Mantenersi in sincronia con l’universo- mondo è indispensabile in ogni settore . La tradizione è molto importante , ma va "rivitalizzata", disimpaludata" perché possa stare nel tempo .

La sensibilità artistica ha la possibilità di "sentire" il mondo , di coglierne i fermenti e di interpretarli. Così la musica, il teatro, la pittura e così via .

L’identità non può prescindere dal concetto di appartenenza . Quondo dico "io sono sardo", non intendo riferirmi solo a dove sono nato , ma soprattutto allo specifico culturale a cui appartengo .

La sardità implica un fortissimo concetto di appartenenza . Per i più , questo concetto si esprime con un orgoglio innato e manifesto, oggi purtroppo mortificato dalla costrizione alla diaspora per centinaia di giovani sardi . Il lavoro è altrove . Precario, e altrove.

La cosidetta fusione perfetta ci ha inglobato , fagocitato, annettendoci ad un contesto, cosidetto nazionale , ai più allora completamente ostico ed estraneo, ignorando quello che eravamo per renderci omologhi al tutto nazionale, per giunta in posizione periferica . Lungi da me atteggiamenti vittimistici . Ma inevitabilmente "quello che sei" ha le stimmate di tuo padre e di tuo nonno e di tuo bis-nonno e così via .

Oggi mi sento meticcio . Sardità e italianità mi abitano in simbiosi . Non sempre questa coabitazione è serena . Quando si parla di identità sarda, si parla di lingua, di storia, valori, tradizioni , comportamenti; il tutto , però , diciamocelo , ha una pericolosa sindrome latente : il passatismo . Una sorta di nostalgia fine a se stessa, quasi imparata a memoria . Ma non è più tempo di piangerci addosso in eterno senza "aggredire" il mondo e farci popolo attivo, artefice del proprio futuro.

Sta a noi , con le nostre scelte , dare un segnale di svolta , sta alla nostra capacità di incidere sul destino di quest’isola far sì che "l’altrove" dei giovani sia qua.

Si spiegano così le tue continue ricerche di elementi nuovi anche nei tuoi spettacoli? Il trio vocale delle Balentes era nato con te; le coreografie di danzatrici e ballerini sono tornate anche nel tuo più recente progetto live "Atamazos"; le launeddas si son fatte elettroniche e ora le impieghi anche tu.

La ricerca di stimoli nuovi è stata sempre alla base della mia attività srtistica .

E’ fondamentale cercare di non riproporsi in maniera pedissequa e ripetitiva, si rischia l’alienazione. Lo spettacolo è catarsi , continua trasformazione .

La musica ha necessità di essere "raccontata" e a volte la sola voce non basta .

Ecco allora il gesto , la danza . La dimensione teatrale aiuta la comprensione del tutto . La forma canzone a volte è limitativa . A volte è necessario suggerire una chiave di lettura che i particolari costumi riescono a comunicare con immediatezza . Come nel caso di "Cantade e ballade bois" , in cui le danzatrici sono una sorta di "amazzoni sarde" con le maschere e lo scudo "ripreso" dai bronzetti nuragici .

Tornando al live, mi piace molto dilatare la band . Magari aggiungendo anche delle coriste . Le attuali Balentes sono state le prime . Sono io che le ho chiamate così : quasi una provocazione! Ci siamo rivisti ultimamente al concerto per Andrea Parodi, all’anfiteatro di Cagliari . Mi sono piaciute molto . Sio vede che hanno lavorato tanto sulla tecnica e soprattutto sul versante "identitario". Mi sembra che ora abbiano una personalità ben definita e riconoscibile .

Il progetto "Atamazos" , quest’anno , è stata la sintesi "on stage" di un percorso iniziato con l’album "Tumbu". Con il termine sardo-arcaico "atamazos", si suole indicare comunemente "l’insieme dei rumori che caratterizzano le nostre campagne, soprattutto quelle dei sonagli delle pecore, insieme al vociare dei pastori in lontananza". Sono rumori legati alla civiltà agropastorale e quindi alla storia , alla cultura , in sintesi all’origine di tutti i Sardi . Suoni che evocano immediatamente mondi arcaici e moderni, così come "sa limba". Mondi che vanno "cantati" con rigore e rispetto . La musica di oggi deve saper rendere giustizia sonora alla memoria . Ridare ad essa dignità contemporanea, rivisitandola in maniera creativa . Se necessario , reinterpretandola .

In questo contesto le launeddas elettroniche (costruite da Francesco Capuzzi) che mi hanno accompagnato per tutta l’estate, rappresentano una bella ed entusiasmamte novità. Anche questo è un modo per innovare la tradizione . Come giustamente ha osservato l’etnomusicologo Francesco Morittu , nella musica popolare la sopravvivenza di uno strumento è legata alla funzione che assolve all’interno della comunità. Se cadono le funzioni cade lo strumento che, o viene dimenticato o viene riesumato come reperto muto di una tradizione ormai scomparsa.. Le launeddas una volta accompagnavano i balli in piazza. Le loro nipotine elettroniche però si impongono al tempo e occupano prepotentemente lo spazio sonoro del terzo millennio con la potenza delle loro frequenze amplificate .

Tuoi concerti nelle carceri, ultimamente per dire no al termovalorizzatore di Ottana . La musica pulò svolgere ancora un ruolo per specchiarvi la realtà di un’isola dalle mille problematiche.

Il musicista non può vivere avulso dalla realtà. L’impegno della musica sui grandi temi dell’umanità è sotto gli occhi di tutti . L’impegno per combattere la fame nel mondo, per la salvaguardia del pianeta contro il collasso ambientale, tanto per citare i più importanti . Io mi permetto di "usare" la musica quando la ritengo strumento utile ad aiutare chi lotta e si batte per una causa che mi sento di condividere.

La musica deve raccontare il mondo che vivi, saperne denunciare le contraddizioni, le storture e le aberrazioni. La musica è impegno sociale . Uno dei modi più immediati ed intensi di comunicare . Le canzoni non cambieranno il mondo , ma aiutano a viverlo . Sono le canzoni a segnare il tempo , le generazioni . Un mondo senza musica è come una giornata senza cielo . Quando c’è da tastimoniare qualcosa di importante che riguarda tutti noi, la musica è sempre davanti , in primo piano . E’ questo che mi fa sentire vivo. Esserci quando conta . Quando serve.

Avverti una certa inadeguatezza dell’attuale classe politica davanti a questa Sardegna o sono gli apparati dei partiti a fare resistenza a questa necessità di cambiamento sbandierata da più parti ? Come ti collochi ora partendo dalle tue posizioni vicine, anche in forma critica , al Partito Sardo d’Azione?

Che la politica sia in crisi non v’è dubbio . Intendo il modo in cuoi si fa politica . Il sistema . Da sempre i partiti hanno gestito il potere . Ovvero hanno gestito la vita e le prospettive de milioni di persone . La spartizione del potere ha da sempre compreso soprattutto la "gestione" dei posti di lavoro negli enti , nelle banche , nelle istituzioni pubbliche e private , nelle redazioni dei giornali , in Rai , insomma in ogni settore . Questo ha significato un decadimento etico e morale che ha eretto a sistema l’ingiustizia e la diseguaglianza , relegando la meritocrazia ad optional in disuso e il senso del diritto ad astratta enunciazione di principio . Conosco politici in Sardegna che non hanno mai lavorato . Un lavoro normale, intendo .

Unico lavoro : l’occupazione perenne delle istituzioni . Allevati nelle scuole di partito, alcuni dei nostri onorevoli di lungo corso sono ancora "in carica" ininterrottamente dalla fine degli anni settanta . Smantellare questo sistema non è facile . Intanto sul versante cultural-artistico , registro nella nostra bella isola la nascita di una nuova figura : una volta c’era l’intellettuale organico al sistema, oggi c’è l’artista organico al leader! E’ solo una constatazione! Di fatto la Sardegna sta vivendo una fase congiunturale a dir poco drammatica .

Il Partito Sardo? Ci sono affezionato . Purtroppo è in crisi di uomini e di mezzi . Meno "disamistade" interna non guasterebbe . E’ un partito la cui elaborazione politica si è fermata ai primi anni ottanta, ma rimane l’unico partito che ha ancora una sua idealità . Una marcata identità ( non ha dovuto cambiare nome e pelle come tutti gli altri). C’è da dire che in Sardegna tutti i partiti si dichiarano sardisti , salvo poi dipendere tot court dalle direttive delle segreterie romane o milanesi . Io sono per il sardismo diffuso, ma mi permetto di diffidare di chi per storia politica e comportamenti (passati e recenti) il sardismo lo ha sempre considerato "altro da sé" e che oggi , non avendo più niente da dire politicamente , con indecente disinvoltura , appare improvvisamente folgorato sulla via di una Damasco nazionalitaria .

Il novello Partito Democratico è nato da un’esigenza di semplificazione , ma anche e soprattutto dall’esigenza di sopperire in qualche modo all’evidente annacquamento identitario dei "partiti ex" che lo compongono . I DS ex PC, la Margherita ex DC. Per esistere bisogna essere , non basta essere stati . Altrimenti si esiste solo nostalgicamente . Non vorrei che questa esigenza di semplificazione , contro la cosidetta frantumazione , colpisse soprattutto le minoranze , le specificità locali , i partiti autonomisti . E’ presto per dirlo?

Amus a biere.

Tornando alla musica, hai bisogno di metabolizzare a lungo le tue nuove composizioni . Da "Tumbu" sono passati ormai 12 anni. Gli hanno fatto seguito una serie di compilazioni , best, inediti live , ma non ancora un nuovo album compiuto .

Sta nascendo ora?

Con quali caratterstiche e contributi?

E’ vero , da Tumbu è passata un’eternità . C’è il sospetto che non abbia più niente da dire . In realtà, in tutti questi anni , non ho fatto uscire un album tutto nuovo , ma ho scritto lo stesso . Cito "A volte il cuore" per Bocelli , "Fiza mè" inclusa dalla Crawford nel suo ultimo album, "Anghelos" che chiude il film di Grimaldi "Un delitto impossibile", e poi ho messo da parte diverso materiale . Anche troppo .

Si tratta di metterlo in ordine . Anche se non so se l’idea di mettere in ordine la mia stanza è giusta per me . Paradossalmente quando cerco di mettere in ordine la mia stanza , poi non trovo più niente.

Mi piacerebbe raccontare realmente quello che sono , il mio disordine identitario . Siamo un crocicchio di due differenti culture . Lo siamo quotidianamente . Privilegiando l’una e l’altra nei modi e nei comportamenti , a seconda della circostanza . La creatività può aiutare a raccontare quello che siamo . I nostri percorsi . La nostra dislessia nel leggere quello che realmente "significhiamo". Le contraddizioni che ci portiamo appresso . Bisogna avere il coraggio di "oggettivarsi" per potersi guardare . Senza prendersi molto sul serio. Magari partendo dalle due anime che ci abitano . Facendole parlare. Discutere . Raccontare . Immaginare . Fantasticare . Chissà che non si incontrino veramente e facciano festa con noi , magari con un nuovo disco!

Il binomio con Paolo Pillonca resta ancora essenziale, anche in un tentativo di recupero di certa arcaicità di fonemi e parole sarde . In questi anni hai , però, voluto ravvivare anche il legame con le canzoni con testi in italiano . Riconosci l’esistenza di due tuoi mondi espressivi interiori : uno è quello in stile cantautorale italiano e l’altro più tipicamente sardo .

 

Mi sembra di aver risposto a questa domanda precedentemente .

Il bilinguismo è una ricchezza . Sono due mondi distinti da raccontare . A livello creativo è stimolante poter contare su una sorta di stereofonia interna .

Oggi, purtoppo , c’è chi canta in sardo per non dire niente . Ci si nasconde dietro una lingua . La si banalizza . Cantando in sardo non ho certo smesso di scrivere testi che reputo importanti .

Brani come "Istrales" o "Ballacanò" hanno , proprio nel testo , la forza maggiore . Concettualmente intendo . Ripeto, nel mio prossimo lavoro mi piacerebbe fare sintesi . Raccontare quello che sono . Nelle due lingue che mi abitano . Si Deus cheret…e sos carabineris lu permittin!

In passato tanti tuoi testi hanno segnato motivi di successo di altri artisti sardi; Maria Giovanna Cherchi ha cercato il salto di qualità con la tua collaborazione; ti sei trovato , di recente , a cantare brani di Parodi nel recente tributo all’anfiteatro di Cagliari e con Andrea era nato il primo tentativo di sinegia tra i musicisti sardi con "A cuncurdu".

Alla luce di queste tue esperienze , c’è spazio e volontà per avvicinare gli artisti sardi , renderli "complici" di progetti comuni?

Si dice che i Sardi siano poco inclini alla cooperazione .

Senza dover scomodare Ferdinando II e il suo "pocos, locos y mal unidos" , penso che ci sia non poca verità in questa affermazione . Tralasciando le disinvolte teorie che vedrebbero l’invidia come una sorta di connotazione genetica , è indubbio che , se il popolo sardo, in molte circostanze , fosse stato più unito , oggi , forse , avremmo un’altra storia e politicamente più forza contrattuale e capacità di incidere nel contesto nazionale e mondiale .

L’artista dovrebbe essere al di sopra dei limiti ( perché di limiti si tratta) delle persone cosidette comuni ; un surpus di sensibilità, avuto per divina concessione , dovrebbe escluderlo dalle miserie umane , farlo viaggiare sui nobili e disinteressati cieli della condivisione delle idee, delle "affinità elettive". Soprattutto laddove si parla di "identità", come comune valore di riferimento delle rispettive snsibilità .

Per crescere insieme . E con noi gli altri a venire .

Ahimé quale aspettativa fu mai più illusoria! Stiamo camminando sul terreno del precariato puro. Della incertezza del quotidiano .

"Cantadore pedidore", dice un vecchio proverbio sardo .

Gli imprenditori dell’anima , i creativi , coloro che scommettono sul proprio talento (vero o fasullo che sia) per sopravvivere raccattano commesse e promesse come gli ingegneri al palazzo civico, raschiano - come possono - i barili delle feste patronali, delle Pro Loco e delle istituzioni . Ognuno per proprio conto . Non si sentono categoria . E quindi è difficile che solidarizzino fra loro .

Fortunatamente i tempi stanno cambiando anche da noi e le famose sinergie cominciano a verificarsi anche in campo artistico . E’ un modo per crescere, andare avanti insieme , contare .

In questi giorni , ad esempio , mi sto occupando , in veste di organizzatore , di un progetto un po’ particolare : sto cercando di dare vita , con la mia Associazione "Piero Marras Prijects" e il contributo dell’Assessorato alla Cultura della Regione

Sardegna , ad una sorta di adunata di chitarristi sardi . Io ho sempre sostenuto che siamo un popolo di creativi , che la percentuale di talenti esistenti nell’isola , in rapporto al numero degli abitanti , è altissima .

Così mi sono inventato "Occhio di bue", una rassegna che si propone di accendere i riflettori sui musicisti sardi di indiscusso talento e professionalità, privilegiando, nella scelta , quelle personalità giovani che, pur avendo , a mio avviso , rilevanza artistica , non sono ancora assurte a pubblica notorietà.

Si comincia con i chitarristi , e devo dire che c’è l’imbarazzo della scelta!

Fu Andrea Parodi uno dei primi a capire l’importanza di cercare di riunire in un unicum gli artisti più rappresentativi dell’isola , con il progetto "A cuncurdu".

Riuscimmo a percorrere un bel po’ di strada insieme . Con esperienze irripetibili come quella dei concerti australiani o canadesi . Il caso vuole che, proprio in ricordo di Andrea , da poco , come hai ricordato tu nella domanda , un bel sodalizio artistico tutto sardo, con qualche illustre innesto della penisola , abbia dato luogo ( a detta di molti) a uno dei più brei concerti tenutisi all’ Anfiteatro di Cagliari negli ultimi venti anni.

Le tue canzoni sono tutte figlie predilette , senza differenziazioni di sorta , immaginiamo . Indicaci , però, una tua personale play list; quei tuoi 4 o 5 brani da affidare assolutamente ai posteri per documentare al meglio il tuo percorso artistico.

Comincerei da "Chissà se fiori…", brano abbastanza nascosto del mio primo album "Fuori campo". "Notte lituana", inedito nella versione CD di "Fuori campo" del 1997. Sul versante sardo , "Mere manna" da "Abbardente", "Osposidda" da "Funtanafrisca", "Armidda" da Tumbu.

E’ la play list di oggi, per i posteri di oggi! Domani , se me lo chiedi, sarà totalmente diversa!

 

(Da "Sonos e contos" - mensile di musica, cultura sarda ed eventi- novembre 2007)

 

 

Marras e Pillonca saranno cittadini onorari di Atzara

Atzara. Il paese del vino si prepara a Cortes Apertas, che si terrà dal 23 al 25 novembre con un ricco programma di eventi . In primo piano naturalmente i vini, orgoglio di questo borgo sistemato nel falso piano tra le colline del Mandrolisai, che ormai hanno fama internazionale .

Nel pacchetto di eventi culturali si potranno ammirare diverse mostre artistiche , tra cui una a carattere nazionale su vino e pittura . Oltre ciò è previsto anche un evento straordinario . L’amministrazione comunale ha deciso di conferire la cittadinanza onoraria a personaggi che hanno nobilitato il nome del paese con opere artistiche o con altri atti meritori .

E con questa motivazione , venerdì 23 alle ore 19, presso la sala consiliare, si terrà la ceriamonia solenne di conferimento della cittadinanza onoraria a Paolo Pillonca e Piero Marras .

"Ci sono tante persone che hanno contribuito a rendere grande il nome del nostro paese – dice il sindaco Alessandro Corona – e tanti altri che si sono dimostrati amici degli atzaresi, con parole, stima e affetto per il paese e i suoi abitanti. Pillonca e Marras ne hanno particolare merito per tante iniziative che abbiamo apprezzato molto".

Un legame che l’amministrazione intende consolidare con il conferimento della cittadinanza onoraria. "E’ un omaggio doveroso che l’amministrazione comunale di Atzara vuole offrire a questi due grandi amici - prosegue il primo cittadino – che accoglieremo con grande gioia . Pillonca e Marras hanno persino musicato una meravigliosa poesia , "Domos de pedra", scritta a quattro mani . Il brano, cantato e suonato in tutta la Sardegna , richiama proprio il nostro paese. E non è solo una bella canzone – conclude Alessandro Corona - ma è un omaggio allo spirito degli atzaresi , a tratti toccante , come quando si dice : Atzara, sorre bella de sos malasortaos. Un omaggio che intendiamo ricambiare in questo modo. (g.m)

(Da "La nuova Sardegna" , 17 novembre 2007)

 

Per "Voci di Sardegna" anche il soprano Francesca Sassu

Sassari, Marras in concerto

Franceschino Satta e Piero Marras

 

Sassari. Appuntamento questa sera alle 20,30 con il Concerto di augurio "Voci di Sardegna", offerto dal Banco di Sardegna, nelle chiesa di Santa Maria di Betlem.

Il tradizionale appuntamento organizzato dal Banco di Sardegna in occasione delle festività natalizie, quest’anno vedrà in successione la partecipazione del cantautore Piero Marras e della soprano Francesca Sassu, accompagnata al pianoforte da Andrea Certa. Piero Marras, sassarese di origini, nuorese di nascita , cagliaritano d’adozione, è l’indiscusso precursore del nuovo corso della musica sarda.

Il cantautore ha rivisitato con intelligenza le sonorità tradizionali coniugandole con la musica contemporanea . Memorabile la sua interpretazione di "Sa oghe ’e Maria", cantata con Dionne Warwick in Vaticano per il Concerto di Natale del fine millennio. Francesca Sassu, dopo aver studiato canto al Conservatorio di Sassari, si è perfezionata sotto la guida di Raina Kabaivanska e Renato Bruson.

(Da "La nuova Sardegna" del 6 dicembre 2007)

 

Castelsardo, canta Piero Marras

 

Castelsardo.  E’ Piero Marras il protagonista  questa sera , alle 22,  del terzo appuntamento  della rassegna “Musica al castello-NonSoloClassica”,  organizzata  dalla Cooperativa Teatro e/o musica.

Il cantautore , indimenticabile autore di  “Diglielo tu Maria”, interpreterà i successi della sua lunga carriera, accompagnato da un’orchestra di archi.

Uno spettacolo inedito che viene presentato per la prima volta qui a Castelsardo. Dopo un esordio giovanile  con la musica leggera , Piero Marras ha riscoperto la musica sarda, diventando uno dei più autorevoli interpreti della canzone d’autore e riportando alla luce  melodie ormai dimenticate.  

Il cantante interpreterà stasera le canzoni più belle  del suo repertorio , da “Mere manna”  a “Osposidda”  fino a “Unu frore che a tie”.

(da “La Nuova Sardegna” -19 luglio 2008)

 

 

 

I trent’anni di Piero Marras

 

 

E’ tornato.

Ormai il mese d’agosto si porta dietro la fragranza del suo canto e della sua musica. E’ un incontro che si ripete estate dopo estate per il piacere di ritrovarsi e riprendere in mano i fili di un discorso iniziato da tempo e mai concluso . Era il 1978 : son trascorsi esattamente trent’anni.

Piero Marras è tornato.

La sua musica, stasera, accende le trenta "candeline" in piazza Giubileo , a Budoni .

La luna e una sfacciata Venere - che da sempre ci lusinga e ci inganna con lo splendore di una stella -, fanno da scenario in una serata che promette incanti.

Fin dai primi accordi il chiasso assordante di un paese che vive le notti estive in quella che diventa una via pedonale piena di tutto, scompare . O meglio : pare che la piazza , sede del Concerto, magicamente si allontani dal rumore e dal chiasso per collocarsi altrove, per raccontare altro.

La storia musicale di Piero Marras ha radici robuste . Ciò che trent’anni addietro era, forse, un fragile arbusto che cercava nella terra la linfa necessaria per crescere e irrobustirsi , oggi è una quercia che regala ossigeno , ombra e ristoro.

Ogni sua canzone racconta…e pare che si parli dei sogni di ciascuno di noi, della nostra voglia di guardare lontano avendo ben saldo il piede nel presente… per assaporarne ogni attimo, per coglierne le sfumature, per avere la consapevolezza del dono della vita . Per vivere, e non lasciarsi vivere… schiacciati dalle abitudini e dalla rassegnazione che invecchia e rende stanco e faticoso il passo.

Piero Marras testardamente "apparecchia" e ci invita alla sua tavola per continuare a distribuire il meglio e il nuovo del suo repertorio. Alcune canzoni, col trascorrere del tempo, inevitabilmente invecchiano. Le sue no. Esattamente come le emozioni, i sentimenti, le suggestioni. I doni del "vecchio servo" che rimandano al senso di giustizia che dovrà pur porre radici in questo mondo in affanno , il richiamo al cielo, il rispetto e l’amore per la propria terra , la condivisione della gioia e del dolore dell’altro, la nostalgia per gli angoli di ieri pieni di cose semplici e vere…tutto questo , e altro ancora, è dentro le canzoni di Piero Marras che, da grande affabulatore, tra una canzone e l’altra parla col suo pubblico stabilendo, sempre, una relazione che coinvolge la mente e il cuore, tanto che, alla fine, non si è più capaci di distinguere la melodia del suo canto dall’armonia del suo dire.

Anche per questo grazie, "vecchio" cinghiale. Alla prossima estate!

(Rosalba Satta Ceriale)

 

Desulo. La sagra entra nel vivo con musica, tradizioni e cultura

La montagna premia Piero Marras

Assegnato un riconoscimento al cantautore nuorese

di

Giovanni Melis

 

Desulo. Tutto è pronto a Desulo per l’inaugurazione di "Montagna Produce", reassegna di cultura del Gennargentu . Una montagna che premia gli artisti, dai letterati del concorso di poesia ai grandi cantautori. E’ molto attesa l’esibizione di Piero Marras che domani riceverà il premio alla carriera.

Un riconoscimento gradito al cantautore nuorese, che ha apprezzato anche l’iniziativa del Comune di Desulo di creare un appuntamento musicale.

"Un premio – ha detto Marras - è sempre accetto, perché vuol dire che in una qualche maniera , si è lasciata una traccia con la propria attività. Penso che la musica sia un importante veicolo di cultura e, collegata alla lingua, è un segno di appartenenza importante con cui lanciare messaggi a grande distanza".

Marras, in mattinata, sarà anche uno dei relatori al convegno sulla montagna che ritiene "un luogo ricco da cui far nascere iniziative tese a valorizzare il patrimonio culturale isolano".

Marras ha iniziato un percorso interessante con la collaborazione con i D.O.C. Sound ed il romanziere di Orani Salvatore Niffoi. Con quest’ultimo ha in comune l’humus ideologico , respirato nella natia Nuoro. "Penso che la musica – conclude Marras – sia una creatura vitale che va alimentata con passione e novità, ma deve poggiare su una solida base identitaria e di principio".

Già, l’identità. Il cavallo di battaglia per l’autore de "Il figlio del re" e di "Abbardente". Un percorso che lo ha reso famoso in mezzo mondo e ne caratterizza l’opera.

Per il resto il cartellone della sagra prevede tre giorni densi .

Si inizia stasera con la premiazione degli elaborati del concorso letterario dedicato a Montanaru. Seguirà il concerto dei cori polifonici locali Montanaru, diretto da Simone Dionigi Pala , armonizzatro da Yvano Argiolas.

Nell’occasione sarà ricordato il maestro Tonino Puddu .

Seguirà il festival per gruppi emergenti della Sardegna che sarà presentato da Giuliano Marongiu, direttore artistico degli eventi.

Ospite la cantante Maria Luisa Congias . Sarà una vetrina importante per tanti giovani artisti emergenti . Il vincitore sarà proclamato domani in occasione dello spettacolo di chiusura , con un grande concerto a cui prenderanno parte Piero Marras, Maria Giovanna Cherchi, Istentales, Collage, Massimo Pitzalis, Roberto Tangianu, Orchestra Malinda Mai, Tamurita , Janas, Doc Saund ed Enzo Mugoni . La serata, presentata da Giuliano Marongiu, sarà trasmessa su Sardegna 1.

(da "La Nuova Sardegna" del 31 ottobre 2008)

 

 

 

 

 Budoni

 

Concerto del cantautore Piero Marras

 

La piazza Giubileo , a Budoni, stracolma di ammiratori, ha  accolto anche quest’anno, col calore e la simpatia di sempre , il concerto del cantautore Piero Marras.

E’ stata una serata diversa,  perfetta , quasi magica.

Nel palco la Piccola Orchestra D’archi diretta dal maestro Daniele Manca .

Una bella  novità : la musica colta che tenta un sodalizio con la musica , con  le armonie popolari. Un rischio . O meglio, una scommessa. Vinta alla grande.

Nel palco , il buio e il silenzio di una notte stellata  vengono rotti , all’improvviso, da suoni che paiono arrivare da mondi misteriosi e lontani e che, man mano, irrompono fino a invadere l’anima , lubrificandola.

La sorpresa è grande e ci si interroga , inevitabilmente, sul valore terapeutico della buona musica e del bel canto.

Che meraviglia!

Siamo tutti lì ma siamo altrove , in una dimensione senza confini… dove i violini cantando raccontano , e le note vestono i  versi di colori nuovi.

E’ “Arbore ’e pache” la prima canzone che, come un magnete , mette in collegamento , scombinandone la chimica, sangue, nervi, muscoli e cervello.

L’ adrenalina scorre…

E siamo solo all’inizio.

“Murghere s’anima  ’e su coro” è facile quando, poi, Marras canta la ninna nanna dedicata alla figlia , dove  padre e figlia decidono, per scherzare, di rapire il vento e di tenerlo prigioniero fino a quando  non insegnerà agli uomini l’ inebriante percezione di quel volo che non ha necessità di ali per andare , ma di idee nuove per costruire un mondo  più giusto…

Quel mondo che, subito dopo, viene fuori  dai versi della sempre attuale “Il figlio del re” . Un re che, invece di prendere , per rafforzare il suo potere e alleggerire la sua vita , si carica sulle spalle le fatiche, il pianto e le sofferenze degli ultimi per restituire , col maltolto , quei sogni e quelle  speranze capaci di costruire un mondo dove non esiste il non-senso di una guerra “giusta” , dove coloro che scappano da una terra martoriata o da esperienze di vita allucinanti non vengono rimandati indietro o costretti a morire, nell’abbandono,  tra  le onde di un mare che sa di funereo .

Torna, prepotente, nelle parole del cantautore nuorese l’invito affinché la Poesia dei tanti poeti sardi trovi spazio tra le mura domestiche e scolastiche…come patrimonio prezioso,  come eredità da difendere e diffondere per rafforzare valori e sentimenti  quali la solidarietà, il rispetto, la fratellanza, la condivisione , e tutto ciò che oggi rischia di diventare se non inutile , non indispensabile. Non a caso  parla d’Amore la successiva, bella poesia di Peppino Mereu… una novità che Marras canta al suo pubblico sapendo di giungere fino ai  recessi sinuosi  dell’ anima  : la commozione è grande, il coinvolgimento, totale.  Il pubblico, in piedi, applaude a lungo e accoglie con tenerezza e riconoscenza un fuori programma  di tutto rispetto : i versi di  “Mere manna” e “Sa oche ’e Maria”; versi che  non vanno commentati ma assaporati in questo magico undici agosto dove anche le stelle , rapite dall’incanto, rimandano ai giorni seguenti l’atteso spettacolo delle loro apparenti cadute tra cielo e cielo.

 

Rosalba Satta

(11 agosto 2009)

Piero Marras in concerto a Nuoro

 

E’ stato un viaggio di emozioni a cavallo della poesia in musica, il concerto di Piero Marras ieri a Nuoro.
Luce soffusa, atmosfera raccolta, un tangibile bisogno di essere lì ed ascoltare, senza parlare: farsi attraversare l’anima da parte a parte, essere sorpresi da un bagno di sentimento per andar via fradici
di bello e buono, non più aridi. C’è un orchestra d’archi sul palco, saranno venti persone, ma c’è soprattutto Piero, nel suo completo nero e la sua barba bianca, a chiudere quel cerchio perfetto. Le prime tre file del teatro, riservate invano agli ospiti importanti ed attesi, sono rimaste vuote per poco: chi voleva davvero esserci ha occupato anche quei sedili e ha riempito gli occhi ed il cuore di chi stava sul palco.
Nuoro era tutta, meravigliosamente, lì: nel suo figlio illustre, nella sua voce inconfondibile, nei suoni della sua lingua ancestrale, nei versi struggenti dei suoi poeti, nelle mani dei suoi abitanti che non si stancavano di applaudire.
Il viaggio ha inizio con un desiderio: cherimus un arbore ‘e pache per non dover più chiedersi chie bos fachet luttu, mortos de Osposidda,
per non zittire più con uno sparo chi canta chi nd’una cantone in bucca.
Sarebbe bello un mondo di giustizia ed attenzione al povero con un figlio del re che sa guardare in basso per poter cogliere la miseria della gente ed un filo d’erba. E mentre le note riempiono la sala, Piero e la sua musica ci scuotono dal semplice sperare: abbiamo in noi stessi, ci dice, le risorse per attuare le speranze; è necessario recuperare la nostra memoria, riafferrare le nostre radici per riemergere dalla terra che ci ha ricoperto e rivolgerci alla luna perchè allugat sa bida e su coro. Dobbiamo smettere i panni dell’indifferenza distratta, della sterile autocommiserazione, dell’attesa
inerte di giorni migliori. E’ questa l’acquisizione di consapevolezza che si respira, man mano che Piero incalza, con forza, urla, sussurra,
recita, canta, ci parla. Ancora una volta è la musica a prenderci per mano; a spronarci teneramente e con fermezza è la poesia, perché a imbentare su manzanu possiamo e dobbiamo essere noi ora che le rondinedde vanno via in questo tempo di fine estate.
A nos bider SARDOS!
                                                                             
Graziella Fois

 

Piero Marras a Badu ’e Carros

 

di

Nadia Cossu


 

Nuoro. Non c’è solo la musica di Piero Marras nella cappella di Badu ’e Carros. C’è l’abbraccio tra una madre e un figlio, lungo, commovente. Normale altrove, non all’interno di un istituto di pena. Ieri pomeriggio, straordinario concerto del cantautore Piero Marras tra le mura del carcere nuorese. Un appuntamento organizzato dalla direzione dell’istituto penitenziario barbaricino. (omissis)

La musica fa magie e loro , i carcerati di Badu ’e Carros, hanno vissuto un pomeriggio che molto si avvicina alla normalità. Hanno potuto parlare, hanno guardato volti “esterni”, alcuni, probabilmente amici prima di essere arrestati e condannati, hanno approfittato del momento per salutarsi o darsi una pacca nelle spalle in segno di “solidarietà”, Hanno applaudito le canzoni di Piero Marras, da Procurare e moderare a Rundinedda e Osposidda ( di cui ricorre il venticinquennale tra qualche giorno). Hanno sorriso quando il cantautore sardo a un certo punto ha chiesto: “Come state?”. Non era una domanda retorica e infatti Piero Marras ha ricordato che l’aria che in questo momento si respira fuori non è bella. “Il mondo che stiamo vivendo non è edificante. Sono stato ieri a Porto Torres, al limite della sopravvivenza. Sono stato anche nel Sulcis, dove c’è il dramma degli operai dell’ Alcoa”. Un modo come un altro per rimarcare la difficoltà di una società messa in ginocchio da una crisi che sta toccando diversi settori. E loro, in silenzio, hanno ascoltato . Erano un centinaio : detenuti comuni, sezione femminile, alta sicurezza. Mancavano solo quelli della sezionec Eiv (elevato indice di vigilanza). C’era anche qualche volto noto. (omissis). Poi lo spettacolo finisce e tutti tornano alla vita di sempre . Non prima di aver toccato e salutato una statua della Madonna “E’ stato un bel pomeriggio – dice la direttrice Incollu – i detenuti si sono comportati bene e questo non può che far piacere anche perché ci invita a proseguire su questa strada”. Organizzazione impeccabile, grande serenità e un percorso di recupero e reintrego che passa anche attraverso questi momenti di socializzazione col mondo esterno e con la musica.

(Da “La Nuova Sardegna” del 12 gennaio 2010)

 


Piero Marras canta le poesie di Mario Puddu

 

La silloge poetica presentata a Illorai nella chiesa di San Gavino Martire

Il canto, espressione fondamentale di culto e testimonianza di fede, è primario segno devozionale nella ricca tradizione cristiana della Sardegna.
La fusione di musica e canto nella preghiera, abbinata all’intensità emotiva della poesia , realizza un’armonia di profonda spiritualità che penetra e beneficia l’anima e il cuore.
E appunto su questa linea emozionale, il 31 gennaio a Illorai, nella chiesa parrocchiale di San Gavino Martire, si è tenuta la presentazione della silloge poetica religiosa “Osanna a Tie , Segnore”, del linguista e scrittore Mario Puddu, con la presenza del noto cantautore Piero Marras che ne ha musicato ed eseguito alcuni testi di pregevole fattura: “Faghe, o Segnore”, “Ammanitzade e Benennidu, Segnore”.
Mario Puddu “cristianu pro costuma e conversione” sostiene che “su cristianu ex sistit, est de fora de su mundhu naturale, ischit de essere e bolet essere abbia a s’infiniu Deus, unu essere apostadamente in s’istrada de s’infiniu e podet e apostadamente depet glorificare Deus, ca ischit de podere e ischit de dèpere, lìbberu cantu responsàbbile . Cosa de fàere cun is òperas. E fintzes cun is foedhos” in cui ora si cimenta, nelle tre varianti in limba Logudorese, Campidanese e Mesania, con la scrittura di canti ecclesistici e poesia religiosa, dopo un’intensa attività letteraria coronata con la pubblicazione di liriche sociali-identitarie, del romanzo autobiografico “Alivertu” e i monumentali studi linguistici del “Dizionariu de sa limba e de sa cultura sarda” e “Grammatica de sa limba sarda”.
L’ appuntamento di musica-canto-poesia è stato introdotto dal giovane parroco don Andrea Bechere che, invitando ad un ascolto meditato , ha portato il saluto del Vescovo di Ozieri all’intera comunità illoraese e ringraziato tutti gli intervenuti.
Il programma è proseguito con la relazione di Mario Puddu, incentrata sull’alto senso di “cantare a Deus”, per ringraziare del prezioso dono della vita attraverso una fede caratterizzata anche dai segni distintivi dell’identità sarda .
Il poeta , con la declamazione del componimento “Frade mannu”, ha reso un grato omaggio al secardote di Illorai don Raffaele Filia “chi mi at batizadu”.
Il concerto di Piero Marras – cui ha fatto dono ai numerosi presenti di una mirabile interpretazione dei tradizionali “Babbu Mannu” e “Ave Maria” – e gli interventi sono stati seguiti in diretta dagli anziani e ammalati del centro goceanino attraverso la connessione a circa cento radioline, abilitate alla frequenza della chiesa, con cui è attivo giornalmente il collegamento per seguire le diverse celebrazioni della Parrocchia San Gavino Martire.
L’autore ha fatto dono della sua plaquette lirica “Osanna a Tie, Segnore” a tutti i presenti all’evento e agli scolari e studenti delle scuole locali.
Cristoforo Puddu


(da “Il messaggero sardo” febbraio 2010)

 

 

La prima volta del cantante all’evento nella piazza rinnovata

Piero Marras alla festa del Rosario

di

Valeria Gianoglio



NUORO. Quando l’energico comitato, qualche tempo fa, l’ha invitato a tenere il concerto, Piero Marras si è detto piuttosto emozionato. Perché , strano ma vero , proprio lui , che è nuorese di nascita , non aveva mai partecipato alla festa del quartiere più nuorese di Nuoro : quello di Santu Pedru.
Succederà stasera, alle 21 , in piazza del Rosario , con ingresso gratuito.
Chitarra, canzoni celebri, testi importanti : Piero Marras sarà oggi la stella finale di questa festa, quella di Nostra Signora del Rosario, che da un po’ di anni ha trovato una nuova vita. Ma che quest’anno, grazie anche all’impegno del comitato che l’ha organizzata, sprizza novità da tutti i pori. La prima, forse , è proprio la location : ovvero la piazza del Rosario. Anch’essa si presenta in una veste del tutto rinnovata grazie al progetto del Comune Pratzas de janas che, tra le altre cose , ha rifatto il sagrato. Altra novità è quella del parroco Don Totoni Cossu che l’anno scorso aveva assunto la guida della parrocchia, dopo l’improvvisa scomparsa dell’indimenticabile don Bobore Mereu. Altra importante novità è la presenza di un comitato costituito solo da santupredini doc, e dai fondi che hanno finanziato la festa : arrivano da una sottoscrizione a premi e da diverse offerte spontanee . Domani , poi, 7 ottobre, è la festa vera e propria : messe alle 7,30 e alle 18 , preceduta dalla processione con il coro di Nuoro e il rosario in sardo. Come aveva chiesto quell’anima buona che era don Bobore Mereu. Seguirò la serata folk.


(Da “La Nuova Sardegna del 6 ottobre 2010)

 

 

 

Budoni 13 agosto 2011

Concerto del cantautore Piero Marras

 

Ci ri-siamo. Lo spettacolo del cantautore Piero Marras  si ripresenta puntualmente, a Budoni, in prossimità del ferragosto … ma non si ripete mai. Le canzoni dei suoi concerti ,  infatti, indossano sempre abiti diversi . “Mere manna” , “Il figlio del re” , “Miguel” , “Babbu mannu” – per citare solo alcune delle sue canzoni  più gettonate e amate- avevano ieri scenografie, note , sonorità   musicalmente efficaci ma differenti .

Ed è , perciò , la novità a stupire ancora  : pare insomma che l’incontro musicale col pubblico si verifichi sempre  per la prima volta.  

Nel cielo, per non farsi mancare nulla, una luna sfacciatamente illuminata e piena.

Ciò che, invece, non è una novità è la consapevolezza che dentro la sua musica, fin dalle prime note – in questo caso della bellissima e inedita “Bentu”-, ci si sente immediatamente e  naturalmente sereni e leggeri … per quella sorta di alchimia capace di serrare, all’occorrenza, le porte e le  finestre dell’anima alla quotidiana pesantezza e  malinconia del vivere, oggi, in questo pazzo mondo alla deriva.

Due ore piene zeppe di cose belle sono il regalo che il cantautore nuorese   offre a piene mani al suo pubblico , e lo porge con un’armonia e una potenza vocale che, con l’età, come il buon vino, si irrobustisce e incanta. Il sussulto dell’anima diventa inevitabile.

Siamo là … e contemporaneamente – come spesso accade in compagnia della sua musica - siamo altrove, sospesi tra le note di un pentagramma che pare avere il suo respiro in un’altra dimensione.

Ma sono soprattutto i brani nuovi, gli inediti, ad attribuire un  significato particolarmente incisivo all’incontro. Canzoni scritte – come precisa il cantautore - con la collaborazione dello scrittore Salvatore Niffoi.  E’ tutto uno splendore ... Chi , come me, era scettico perché convinto che non si sarebbe mai potuto realizzare  qualcosa di più bello del già scritto e cantato, non può che ricredersi. Musiche e testi  insoliti , efficacissimi . Davvero unici . Cantati magistralmente. E’ tutto da assaporare. Un brivido continuo...

E Piero Marras, riconoscente per l’abbraccio che da anni l’amministrazione comunale di Budoni gli riserva, ha scelto  la  piazza-teatro del paese gallurese per il “battesimo” di  questi splendidi inediti. Il cd , che raccoglierà questa sua ultima fatica musicale , e che avrà per titolo “Marras e  Niffoi”, vedrà la luce nel mese di dicembre e verrà presentato ufficialmente sempre a Budoni. E’ una scelta precisa. Un dono prezioso per tutti noi.

Ci saremo, Piero. E saremo in tanti. Perché siamo convinti che alla musica e alla poesia ci affideremo quando decideremo seriamente di rimettere in sesto questo mondo sgangherato . E tu, con il tuo canto, ci indicherai il cammino … Frattanto, e per la bellezza intensa di questa serata … ancora e ancora, grazie!

Piero Marras e Brundu , Sindaco di Budoni

Marras e L'Assessore Miscera

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  Piero Marras su YouTube

 

Selezione di alcuni dei suoi testi più belli

 

Discografia :

 

 

 

 

Copertine  tratte dal sito Steveblos

 

 

 

 

 

In sottofondo l'intro di "Bae Luna"  ( Tumbu 1995 )