Lettera aperta al direttore responsabile de "La Nuova Sardegna" Livio Liuzzi

 

Gentilissimo direttore le scrivo con una certezza e una speranza : sono cioè certa che leggerà la presente con attenzione e spero che le mie parole trovino spazio nel suo quotidiano.

Ieri (martedì 22 maggio), mentre leggevo -con molta partecipazione- ,a pag. 10, le notizie riguardanti la morte del vostro redattore Mario De Murtas… ho avuto un sobbalzo !

Riporto testualmente: "Il PM (va) nell’ospedale dove il nostro collega è deceduto per una polmonite" .E ancora : "Il sostituto procuratore ….è andato personalmente nell’ospedale….per interrogare tutti coloro che potranno fornire elementi utili per la ricostruzione, nei minimi dettagli, della vicenda che ha portato alla morte del nostro caro collega". "Il sostituto procuratore ha cominciato a sentire tutti coloro che hanno avuto contatti con Mario De Murtas, dai medici agli infermieri e persino ai pazienti che erano ricoverati con lui. Nei prossimi giorni, il magistrato interrogherà anche i medici del pronto soccorso nel tentativo di capire se nella macchina dei soccorsi qualcosa non ha funzionato e soprattutto perché. E dovrà sentire anche i familiari del giornalista della "Nuova Sardegna" che hanno presentato una denuncia…".

Mi dica, per cortesia, che è fantascienza perché non ci credo! Non credo che sia accaduto … nonostante lei, come "direttore del giornale" presso il quale De Murtas lavorava , abbia "alzato il tono della voce".

E’ fantascienza …mi ripeto anche adesso.

E non perché, mi creda, io pensassi tempo fa che le cose dovessero andare diversamente . Al contrario! Ne ero fortemente convinta !

Mi spiego. Tre anni addietro, quando dopo la morte di mio fratello Paolo Satta - avvenuta nel reparto medicina dell’ospedale San Francesco di Nuoro (il Suo giornale ha seguito e segue il caso) – fece seguito la denuncia mia e dei miei fratelli (la vicenda di mio fratello rientra nella nuova legge Carotti )… pensavo che le cose si sarebbero svolte esattamente così, che l’iter fosse esattamente quello che lei descrive : il sostituto procuratore andrà nell’ospedale per interrogare TUTTI coloro che hanno avuto contatti con Paolo Satta, dai medici agli infermieri e persino ai pazienti (erano ben cinque!) che erano ricoverati con lui. Poi dovrà sentire i familiari che hanno presentato una denuncia (ben sei!)…

A noi pareva logico che ciò accadesse, lapalissiano. Perché ,allora, per "quel povero cristo" di mio fratello che non aveva – e non ha – un direttore di giornale che tenta di alzare il tono della voce, non è accaduto?

Perché?!

Io ho tutta la documentazione che riguarda il caso di mio fratello e le posso assicurare che in fase di indagini preliminari NON sono stati sentiti i medici che hanno avuto contatti diretto o indiretti con lui (il medico del Pronto Soccorso, i responsabili del reparto emodialisi , del reparto analisi e il rianimatore), NON sono state sentite le infermiere, NON sono stati sentiti i pazienti (ben 5) ricoverati nella stessa camera di mio fratello, NON siamo stati sentiti noi familiari che pure avremmo – ed abbiamo ancora – tante cose da dire. Sono stati sentiti SOLO i medici del reparto medicina allora indagati. Punto e basta. Non solo: nel frattempo- sono trascorsi tre anni e due mesi- mio padre è morto ( la sua testimonianza sarebbe stata basilare, anche se ha lasciato una breve dichiarazione scritta, che non so quale valore legale possa avere) ed è probabile che altri, anche se venissero OGGI chiamati (vedi i pazienti) , anche in buona fede , abbiano dimenticato particolari importanti ( siamo in fase dibattimentale nei confronti di un solo medico perché ,dei due inizialmente indagati, uno ha ottenuto, dal GUP un "non rinvio a giudizio" )-.

Lei concorderà con me che non può esistere una vita o un caso – trattandosi di decesso - più importante di un altro , che non sarebbe giusto profondere il massimo impegno SOLO per alcuni . Accettare una simile "logica" sarebbe allucinante.

Mi dica, per cortesia, che ciò che ho letto non corrisponde alla verità…perché ho trascorso una notte insonne.

Attendo una Sua risposta.

La ringrazio per l’attenzione.

 

Rosalba Satta Ceriale

 

 

Destinazione cielo

 

(a mio fratello Paolo )

 

Elaborare il lutto…

Che vuol dire?

Superare

la soglia del dolore ?

Sopportare l’angoscia

che risucchia le vene ?

Convivere

con la lama di un coltello

dentro il cuore ?

Elaborare il lutto.

Che vuol dire ?!

Accettare il distacco

di chi

doveva essere accudito

di chi

poteva essere salvato

-se soltanto fosse stato curato

e non abbandonato

come uno cencio sdrucito-

…non si può!

Non è l’errore

che mi fa star male

perché errore non c’è.

L’errore è cosa umana:

si commette nel fare

nell’esserci

nel dare.

Ad avvolgere

la mia anima stanca

in un freddo spettrale

sono…

la negligenza

l’imperizia

l’imprudenza

l’indifferenza unita all’arroganza

la menzogna più nera

l’ipocrisia

…e il pugno alla morale.

Io non riesco

a dare un senso al tutto

quando quel tutto

è il NIENTE

che ti è stato riservato.

Ancora oggi

-dopo tre lunghe e tristi primavere-

il tuo corpo

-che sapeva di musica e poesia-

è straziato

dal fiele dell’inganno.

La verità

è ancora in fondo al mare.

Ha chili di zavorra.

Tenta la risalita.

Annaspa…

Stenta a venire a galla.

Mi chiedo: Morirà ?

O dalle onde

emergerà la luce

che vestirà di pace

un dolore infinito ?

Elaborare il lutto

…io so cosa vuol dire.

Lottare

perché vinca la giustizia

e abbia inizio il tuo volo

libero

dalla catena del mio pianto…

( 29 settembre 2002)

 

 

“Pensò che ritrovata la calma, trovate la parole,

 il tono, la cadenza, avrebbe raccontato, sciolto il grumo dentro.

Avrebbe dato ragione, nome a tutto quel dolore.”.

 

(Vincenzo Consolo “Nottetempo, casa per casa” 1992)

 

 

 

Paolo e Cesare Carta

 

La bellezza del cigno

 

 

Sorda ai richiami

e cieca all’evidenza

l’indifferenza

-che uccide più dell’ odio-

ha spento la tua vita.

Ma forse

– credo –

non è ancora finita…

Ti uccideranno ancora ?

La menzogna

conosce varie tane.

Nei labirinti

d’inganni e  di vischiose ragnatele

smarrisce il passo

chi ha lo sguardo terso

ma cammina spedito

chi è senza coscienza e senza cuore.

Forse

-e il mio timore è grande-

ti uccideranno ancora…

Ed allora

morirà davvero la bellezza del cigno

e spiccheranno il volo i pipistrelli.

E sarà un’alba di pianto

…e di vergogna.

 

    Paolo ( in piedi, quarto da sinistra)e Sandro Satta ( in basso , terzo da sinistra )

 

Tribunale. La morte di Paolo Satta

Decesso in corsia nuovi testimoni

Nuoro. "Paolo aveva il piede gelido, mi ha detto che si sentiva debolissimo". E’ un racconto a senso unico , quello che fanno gli amici di Paolo Satta, l’impiegato di 44 anni delle Asl di Nuoro che morì il 17 marzo di tre anni fa nel reparto Medicina dell’ospedale San Francesco, dopo un’imponente amorragia. Per la sua morte , un medico del reparto , il dottor Mariano Scano, è imputato davanti al tribunale di Nuoro ( giudice monocratico Lepore) di omicidio colposo. Ieri il pubblico ministero Mariangela Passanisi ha riformulato il capo di imputazione, precisando in modo molto più dettagliato in cosa sarebbe consistita l’imperizia e la negligenza nella condotta del medico. In altri termini, specificando come il comportamento dell’imputato avrebbe portato alla morte il Satta.

Ieri sono stati sentiti alcuni testimoni, in particolare un amico di Satta ( che si sarebbe dovuto spoasare dopo qualche settimana), Cesare Carta, e il suo medico curante, Pietro Arnò. Quest’ultimo andò a casa dell’ impiegato dove la fidanzata gli mostrò il bagno, nel quale l’impiegato aveva avuto una emorragia copiosa. "Le feci erano nere, gli consigliai vivamente di ricoverarsi. Lui non avrebbe voluto" ha detto il medico, che peraltro non ha ricordato se non sporadici episodi di malesseri analoghi lamentati da Paolo Satta. Lui non accompagnò il paziente al San Francesco, e apprese solo in seguito della sua morte, avvenuta la sera stessa del ricovero. I familiari di Paolo Satta si sono costituiti parte civile attraverso un pool di avvocati. Da subito avevano denunciato lo stato di abbandono nel quale, a loro parere, era stato lasciato il loro congiunto al quale, come terapia, venne semplicemente applicata una flebo. Paolo Satta si lamentava in continuazione. E i valori dell’emoglobina erano drammaticamente bassi: eppure soltanto due ore dopo dal reparto arrivò la richiesta di una trasfusione. Che non venne mai fatta, perché Paolo Satta morì prima che il sangue fosse disponibile. Il processo proseguirà il 30 settembre prossimo con l’audizone di altri due testimoni, un medico e un’infermiera del reparto medicina (si.se.)

(da "La Nuova Sardegna" del 3 luglio 2002)

 

Paolo Satta

 

A FIZU MEU PAULU *

 

Non los cherjo sos dech’annos

chi mi cheres regalare.

Non los cherjo; cherjo istare

chene gosu in sos affannos.

Fizu meu, fizu caru

de maneras semper bellu ;

de sos frores su gravellu,

de faveddos francu e craru.

Tra lusingas e chimeras

unu mare ’e simpatia ;

un’abbrazzu ’e galania,

sonnios d’oro, milli isperas.

Fizu meu, fizu bonu,

fizu meu, onestu e bellu ;

de sos frores su gravellu,

de sos ocros sa pupìa.

Tra sos pintos unu ebbia :

de Zesusu su peronu.

Tra sos cantos s’armonia

chi cantabas, fizu bonu.

Cando torrat su beranu

de sos prados tottu in frore

tue non torras, su dolore

micch’aggorrat in s’anneu.

Preco a Santos e Maria

chi m’affranzen mente e coro;

l’ischis,fizu, chi t’adoro…

l’ischis, s’anima est sentìa.

Cando torrat su beranu

chin sas runchines in chelu

preco e lego su Banzelu

chi ti diat coro e manu.

Chi ti diat manu e coro,

chi ti diat coro e manu.

Canta, fizu, chi t’adoro.

Canta! Canta , ses galanu.

Canta in oche, in s’Ortobene

t’ammentamus notte e die.

Canta, fizu , intende a mie:

ti cherimus meda bene.

Canta! b’est su Redentore

de sos chelos soberanu.

Canta !ahiò, dami sa manu

chi m’abbrandit su dolore…

Babbu

20marzo 1999

*E’ la prima poesia dedicata a Paolo dopo la sua morte

 

Franceschino , Paolo , Tonino e Liberato

 

A PAULU MEU

 

Sa malasorte , fizu, t’hat rucrau

sa bida cando tottu ti pariat

un’incantu divinu, un’aschisorju

de lumeras de prata e de cossolu.

Fis prenu, fizu , de lusingas d’oro

e de sonnios galanos.

Tue fis abberu

s’alinu meu, sa bida, sa cussenzia,

sa forza ch’intro ’e coro nos allughet

cuss’amore immortale, su chi bolat

in sos chelos fungudos

de su cherbeddu umanu,

tra luches e isperas

e meravillas mannas,

sempre a bolu ’e abile

e a canticos serenos

de rusinzolos d’oro

d’alipintas de sole

e de serenas lodolas d’incantu.

Cando cantabas, fizu ,

a cuss’anghelu bellu ’e frade tuo

parias ispirau dae Deus

ca nche ponias tottu

sa fide cristallina

chi Deus immortale nos isparghet

intro ’e s’anima nostra,

pro laudare in eternu

s’eterna "immensidade" ’e su Sennore.

Commo dego so solu,non so prus nemmos.

Mi mancat tottu, mi mancat sa forza,

su corazu, su briu, sos alentos

chi fachen bellu s’omine in sa bida.

Mi mancas tue, fizu,

ca fis bonu, leale, affettuosu,

sempere prontu a facher galanìas

cussas ch’abbarran fittas in su coro.

Cando in chelos de fada

s’omine pintat lizos

de immortale lucore

tando est abberu fizu

de s’Eternu Redentore.

( traduzione )

BABBU

(MAGGIO 1999)

 

LETTERA APERTA AL CORO ORTOBENE

 

 

L’incontro con Dio avviene sempre nella nostra vita.

Anche quando siamo sinceramente convinti del contrario. RiconoscerLo , infatti, non è sempre facile.

Per “vederLo” è indispensabile spogliarsi  dei pregiudizi e dei luoghi comuni e soffermarsi a guardare  il dentro e il fuori di noi, con lo sguardo limpido e la mente sgombra.

Può accadere di incontrare –  e di riconoscere - Dio immediatamente.

Può, altre volte, essere necessaria una più o meno lunga rielaborazione personale.

Può accadere , poi , di incontrarLo, di riconoscerLo e …di perderLo, proprio quando la Sua presenza , oltre che importante, sarebbe  necessaria per non annegare.

Per esperienza so  che quest’ultima situazione si verifica più spesso di quanto si pensi.

E’ accaduto anche a me…in occasione della morte di mio fratello Paolo.

Come si fa – mi domandavo nello scoramento più profondo – a capire , ad accettare,una “ separazione” quando chi “va via” contribuiva  in maniera determinante a dare un senso, un significato profondo  alla tua vita?

Come si fa a non morire dentro?

Non davo la colpa a Dio per quel distacco terreno.

So bene che Lui, nella sua infinita generosità, ha, da sempre , fatto dono all’uomo del libero arbitrio (che Lui sappia QUANDO e COME andrà a finire, non significa che Lui desidera che così accada).

Non davo la colpa a Lui, è certo.

Ma non Lo vedevo.

Quel giorno non era accanto a me.

E mi pareva non ci fosse mai stato.

Allora si che il distacco- soprattutto quando è preceduto da momenti vissuti caldi e significativi – diventa profondamente doloroso.

Insopportabile.

Poi il giorno del funerale – e ciò è un’ulteriore testimonianza che Dio può rivelarsi in vari modi – nel preciso momento in cui entravo in chiesa  e il peso della croce  diventava insostenibile-

 sono stata avvolta dal Vostro canto che pareva infrangere i confini tra la terra e il cielo.

In quel preciso momento…ho incontrato nuovamente Dio.

Ho capito che condivideva il mio dolore.

Ho perfino pensato che mio fratello  fosse felice di essere andato via e di stare accanto a colui  che aveva spesso cantato attraverso i versi di mio padre.

Il ricordo del Vostro canto e di quei momenti danno ancora sollievo alla mia anima .

Sono certa che le Vostre voci, la Vostra musica, le Vostre “ispadas de sole” continueranno ad indicare , a chi sa ascoltare con l’orecchio dell’anima, “sos prados de lentore ube sas alipintas tottu in coro cantan muttos d’amore e de bontade”.

Grazie Alessandro.Grazie ragazzi. Vi voglio bene.

 

                                                 ROSALBA

 

 Paolo e Silvestra

 

Ma il mio pensiero torna…

 

Vorrei poter pensare

solo ai momenti belli…

Vorrei poter aprire

la finestra del cuore

solo al ricordo della tenerezza.

Alla bellezza…

Alla dolcezza del nostro ritrovarci

sempre

con il sorriso.

Vorrei solo pensare

di cantare con te

le canzoni più belle

delle notti di ieri

tra i grilli e le risate

- ricordi?-

e il profumo d’estate…

Vorrei poter pensare

solo ai momenti belli.

I nostri.

Erano e sono quelli

capaci di riempire

le pagine del cielo…

Ma sempre il mio pensiero

torna e ritorna

e sosta

all’ultima tua notte.

Che male al cuore, Paolo.

Che fatica il respiro…

 

(1 novembre2002)

 

 

Il tuo passo nel sogno…

 

 

Ed oggi ci è rimasto solo il sogno.

Ci pensi Pa’…

Là solo possiamo rivederci.

Là solo rinasce la speranza

e il tuo venirmi incontro

è un mattino che nasce e che promette.

Il tuo passo  nel sogno

è l’abbraccio che oggi

accarezza il  mio cuore

e sostiene il cammino.

Ma tutto questo

a volte

non mi basta.

Vorrei incontrarti ancora

al mio risveglio.

Ma tu

sei dentro il nostro sogno

e lì rimani…

Non puoi spiccare il volo

per tornare.

Puoi solo andare oltre

per cercare la luce

che trascende l’umano.

E se il mio sguardo

- che si inebria di tanto -

sollecita il tuo volo,

il mio cuore

-ferito e claudicante

che ti vorrebbe accanto-

incespica nel pianto.

Non so che cosa fare…

E’ duro, nel dolore, navigare…

 

(Gennaio 2003 )

 

Un battito di ciglia…

 

Ho voglia di bussare

alla porta del cielo

per dirti che…

mi manca

il tuo sorriso.

La tua voce.

Il tuo sguardo pulito.

La voglia di allegria.

Le cose bisbigliate

gridate con la voce del cuore.

Mi mancano quei giorni

fatti di tenerezze.

Le lunghe chiacchierate.

Le risate

ricolme di un presente vissuto.

Assaporato.

Ricordo i nostri sogni.

La gran voglia di dare.

E di fare… per un mondo migliore.

Profumava di buono

la tua vita.

E ancora mi avvolge

e mi sorregge

la fragranza di te.

Ma ho voglia di bussare

alle porte del cielo.

Ho voglia di incontrarti.

Basterebbe un istante.

Un battito di ciglia.

Un sussurro.

Nel pugno chiuso

conservo una carezza…

Un battito di ciglia.

Che ci vuole?

Mi basta l’illusione…

 

(Gennaio 2003)

 

Per te…

 

Sono per te

le rose del giardino.

Per te

delle ginestre il giallo.

Di te parla quest’aria

imbevuta d’ estate.

Di te…

Io credo che tu torni

a  rovistare tra le cose amate.

Anche il tuo paradiso

forse ti lascia andare.

Forse

hai voglia anche tu

di  riascoltare la voce dei ricordi.

Io mi disseto

e bevo con arsura

i momenti vissuti accanto a te.

Mi hai colorato l’anima.

Mi hai insegnato a sognare…

A trattenere l’attimo.

A sostare

per dare forza e senso al mio cammino.

Per te

colgo le rose del giardino.

Per te.

 

  (giugno 2003)

 

 

E nonostante tutto

 

…io vivo la mia vita.

E vado e vengo.

Ed attendo l’avanzare del giorno

con l’attesa di ieri.

Ma   l’anima è  ferita.

Lacerata.

E l’affanno che viene

incatena il respiro…

Io so che ho avuto tanto.

I colori del cielo

li ho tutti, come ieri.

E come ieri

ho voglia di sognare.

Ho amore intorno.

E tanta tenerezza…

Ma  l’anima che arranca

spesso

trattiene il cuore.

A  volte

me lo azzanna

…e un’ angoscia totale

- senza nome -

toglie il  respiro al passo.

Tante altre  volte sento

- e l’aria intorno si veste di poesia - 

la tua carezza accanto…

La tua presenza- assenza

è insieme

il mio sollievo e la mia pena.

Mi tormenta

il non averti a fianco come prima.

Ma mi salva

la netta sensazione

di camminare ancora

insieme a te.

(Novembre 2003)

 

 

E il dolore ci prende

 

…e ci sorprende.

Sempre.

E sempre

la tua assenza

accompagna il respiro.

Il nostro passo.

La ferita è profonda.

Senza nome…

Sono trascorse cinque primavere.

Per noi , da allora, è sempre inverno

e soffia , e bussa forte,

il vento freddo della nostalgia…

Che darti adesso Paolo?

Quello che tu

con la tua vita hai dato.

Quello che tu

della tua vita hai fatto:

una poesia…

Sono versi rubati

ai tuoi gesti.

Raccolti dal tuo cuore.

Son parole non scritte.

Ma tu le vedi e sai

che a scandirle

è un amore infinito.

Quell’ amore vissuto

che ci unisce

- più forte della morte -

ancora e ancora…

(Gennaio 2004)

 

 

I tuoi colori.

 

(A mio fratello  Paolo)

 

Rinasci col chiarore del giorno.

Col respiro dell’aria.

Col risveglio.

Ritorni e sosti

tra i miei pensieri tersi.

Nella voglia di fare.

Nel bisogno di dare.

Nei miei sogni.

Ritrovo in ogni dove

la purezza dei gesti

il tuo sorriso complice

il tuo viso dolcissimo.

E, poi, il tuo canto

culla le ore,

i giorni.

Nel mio presente,

intatti, i tuoi colori

impregnano di buono la mia vita.

E’ la tua eredità.

Che privilegio, Paolo.

Che ricchezza infinita…

 

Rosalba

(gennaio 2007)

 

 

Paraulas chi infundene su coro

 

(A Rosalba ,pro s’anniversariu ’e Paolo)

 

 

Paraulas chi infundene su coro

s’ammentu sacrosantu de sa vida,

er dolorosa pius d’una verida

su pensar’a s’immagine insoro.

No irmentica sa vattale partida

un’ammentu caru pius de d’or!

Sa brama gioiosa de sa naschida

a sa mort’er disisper’e tracoro.

Sa fraterna immagine affettuosa

imprentada in su coro profundu

è sempere presente in s’ideale.

Sa morte supra e tottu es vittoriosa,

nemos est’eternu in su mundu

naschit ’e morit’tottu naturale.

 

Rassegnados devimus supportare

su dolore; ca crasa nois puru

sichimus cun s’anima affranta.

Oe, nos’abbarra s’ammentu de precare

pro s’anima, chi es’sullevu securu

chi godat’ in chelu pache santa.

 

Gaspare Mele

(Orotelli 15 marzo 2007)

P.S. Cara Rosalba, appo idu e leggidu in s’Ortobene si scruttu tuo e s’immagine affettuosa de Paolo

 

 

 

La mia vita con te

A Paolo

 

Avevi nel tuo fare

la chiave del mio cuore.

Sapevi cosa dire

per riempire di fiori il mio giardino

quando pareva autunno

o l’inverno

bussava forte alla tua porta.

Ti vestivi d’estate

per riempire di canto i tuoi mattini.

Distribuivi colori

anche quando il tuo sguardo

si velava di pianto.

Anche quando il cammino

contrastava il respiro

e l’anima arrancava

scossa da quei mattini senza sole

o da tramonti spenti.

Distribuivi colori…

a piene mani.

La mia vita con te?

Ha la bellezza intensa

dei fondali del mare.

Pieno di cielo

è, oggi, il mio risveglio

che bisbiglia il tuo nome

che ha l’impronta chiara del tuo passo

che cammina nel chiarore dell’anima

… e non muore.

 

Tua sorella Rosalba

30 ottobre 2007

 

 

 

Ed ancora mi sembra normale.

A Paolo

 

Ed ancora mi sembra normale

            scorgere il tuo viso tra la gente.

            Volerti parlare di canzoni e di vita.

            Sentire la tua voce dalla porta di casa.

E in quegli istanti

sono sicuro che tu non sei mai partito….

 

Quante cose

devo chiederti,

Quante cose

devo mostrarti,

Quanto cose

mi devi insegnare…

Perché è certo che tu sei qui!

 

Subito, con la mente,

svanisce con tristezza la certezza del sogno…

Ma sul viso mi hai già lasciato

la carezza di un ricordo sereno.

 

     Vincenzo Satta

 

 

 

La bellezza del Cigno

Ricordo video di Paolo Satta

 

 

 

 

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