Nato a Nuoro, nel rione antico di San Pietro, il 16 settembre del 1919, padre di sei figli, è stato insegnante elementare per oltre quarant’anni.

Poeta da sempre, conosceva la lingua sarda come pochi. "Notevolissima – ha scritto di lui lo studioso Massimo Pittau – la padronanza della grammatica e del lessico sardo,come dimostra anche il fatto che a lui, che insegnava a Desulo negli anni 1944-46 , il poeta Antioco Casula

( noto Montanaru), indirizzò Max Leopold Wagner, maestro della linguistica sarda, per informazioni che il grande linguista tedesco richiedeva.". Tanti insegnanti dalle sue poesie sono partiti per addentrarsi nei meandri di una lingua non facile da scrivere, da recuperare e da insegnare.

Ha pubblicato le sue prime poesie nei giornali "Frontiera", "L’Ortobene"e "S’ischiglia" (del quale fu, per dieci anni, redattore), ottenendo oltre 500 riconoscimenti per la partecipazione a vari concorsi letterari.

Risale al 1983 la pubblicazione del suo primo volume di poesie "Cantos de amistade" . E "Cantos de amistade" è anche il titolo di una rappresentazione teatrale che lo vede impegnato per alcuni anni accanto all’attore Giovanni Carroni, direttore di "Bocheteatro".

Il 2 agosto 1991è il sindaco di Nuoro, Simonetta Murru, a conferirgli il titolo di cittadino illustre.

Nel 1992 vede la luce il suo secondo libro di poesie "Ispadas de sole" che porta il titolo della poesia con la quale , nel 1983,vinse il primo premio nel prestigioso consorso "Città di Ozieri". E "Ispadas de sole" è anche il titolo di un CD realizzato dal Coro Ortobene che comprende alcune delle poesie più toccanti del poeta.

Piero Marras , i Raimi e quasi tutti i Cori sardi hanno musicato e cantato le sue poesie.

Nel mese di aprile del 2000, viene pubblicato il terzo libro di poesie dal titolo "Incantos- Su prantu cubau", dedicato al figlio Paolo , prematuramente scomparso l’anno prima . Da quella morte il poeta non si riprese e, nonostante avesse in mente la pubblicazione del suo primo libro di racconti dal titolo "Contos", morì il 25 luglio del 2001.

Il 9 maggio 2002, il Comune di Nuoro, ha voluto dedicargli una via, accanto a quella dove nacque e morì. "La città onora così la memoria del suo grande poeta – ha detto di lui, l’Assessore alla Cultura Roberto Deriu-. La dolce malinconia dei suoi versi resta diffusa nel nostro cielo, chiusa nel nostro cuore, insieme al ricordo di questo grande concittadino.".

Particolarmente significativo ciò che scrisse in "Esse Sardegna" lo studioso G. Susini :

"Franceschino Satta è stato – e rimane – il poeta della solidarietà umana, dell’amicizia, dell’amore della natura come creazione divina, degli affetti familiari. Mi pare di poter dire che la più interessante voce poetica in sardo è oggi quella di Franceschino Satta il quale è dunque il vero erede di Montanaru.".

Tenero il ricordo della figlia Rosalba, da sempre innamorata del padre-poeta: "Ha cantato la vita. E l’ha fatto in maniera straordinaria, con la coscienza tranquilla e l’intelligenza inquieta…come solo i grandi poeti sanno fare. E’ stato- ed è - un privilegio essere sua figlia : il dolore, immenso, per la sua morte non sarà mai grande come le gioia di averlo avuto come padre.".

 

Franceschino Satta

 

 

 

Il 25 luglio 2001 è morto il poeta Franceschino  Satta

 

RICORDO DI UN PADRE POETA

 

di

Rosalba Satta Ceriale

 

  Rosalba e Franceschino Satta

 

Nel momento in cui mio padre ha esalato l’ultimo respiro ho avuto la  nitida sensazione che il cielo, che lui, da sempre, aveva teneramente cantato nei suoi versi più belli, si rimpicciolisse per fargli da culla.

Così ha avuto inizio il suo volo  in sas campuras de su chelu”…

Ho avuto il grande dono di vivere con lui  gli ultimi mesi della sua vita.

L’essergli stata accanto è stato un privilegio, un regalo.

Sapevo che il tempo a sua disposizione non sarebbe stato tanto e , nonostante l’angoscia iniziale e la tristezza che mi mordeva l’anima, ho  “bevuto” e assaporato quei momenti sforzandomi di viverli quasi con  allegria , perché sapevo che lui ,da attento osservatore, avrebbe letto i miei atteggiamenti e scrutato il mio sguardo.

 Senza apprensione io, figlia “diventata” mamma, avrei pensato al suo presente e lui ,padre diventato figlio, con fiducia e ottimismo avrebbe dovuto pensare anche al suo futuro, al suo libro di racconti da pubblicare, alla sua ultima creatura poetica –“Incantos Su prantu cubau”- da presentare  e poi , ma solo poi , a una bizzosa glicemia da tenere sotto controllo… In fondo era solo quello il problema…così , almeno, noi figli  ci siamo sforzati di far sì che lui credesse. Ma, forse, lui intuì subito tutto.

Mi dispiace per il dispiacere che ti sto dando” mi disse, quasi scusandosi , in una giornata qualunque del mese di aprile, sapendo quanto fosse  intenso il mio amore per lui e quanto avrei sofferto…dopo.

Non ricordo che cosa  risposi, ma so che  feci finta di non capire…ed entrai ancora di più nel mio ruolo di madre attenta e premurosa, non dimenticando, però, d’essere anche figlia orgogliosa di un padre stupendo al quale , soprattutto ultimamente , mi divertivo a domandare ,in tono provocatorio, sottintendendo una risposta logica: “Indovina chi è che ti vuole benissimo?!” E da figlia, mi piaceva tantissimo sentir rispondere :”Tu”.

 Ricordo   d’aver riso con lui così come non mi accadeva da tempo, e  d’averlo abbracciato e baciato come mai prima…vincendo  quella mia quasi innata fragilità che mi ha sempre impedito di  scoprirmi troppo dal punto di vista emozionale .

Ciò che ora mi porto appresso , e che rivedo e riassaporo , sono proprio quelle tenerezze.Quei baci continui. Quelle carezze.

 E le nostre chiacchierate! Si parlava di tutto . Della sua infanzia (“Cando fippo pizzinnu/ fippo su re ‘e su mundu./Toccabo sos isteddos/bolande in chelos innidos”),della poesia “che va cercata e non va spiegata” (“…e si t’azzapo, tando, in cada versu/tocco,serenu,sole, chelu e luna,/e divento su mere ‘e s’universu”), di Montanaru, che considerava il più grande poeta in limba, dei suoi primi anni di insegnamento, della sagacia del padre, degli occhi verdi della madre, dell’unica sorella amatissima alla quale telefonava spesso, soprattutto in quest’ultimo periodo, per poi commuoversi come un adolescente . (“Ti cherjo bene”, gli sussurrava la sorella. E il suo “Finzas deo” era sempre accompagnato da un sussulto e da lacrime. Ricordo…mi commossi , e mi spaventai , perché mio padre non pianse mai prima di allora…nemmeno nei momenti più duri e impietosi della sua vita ).

Si parlava di tutto…Dell’affetto  sincero per Piero Marras , Alessandro Catte  e Giovanni Carroni, del rapporto fraterno con Tonino Ruiu e Salvatore Pirisi ,dei vari cori di Nuoro, degli “Istentales” che non avevano ancora armonizzato una sua canzone, della stima per don Floris- le cui visite erano per lui motivo di  grande conforto -,  della Nuoro di ieri : “Fit un’incantu! S’incurbiajola/ cantabat muttos pro santu Sidore ./ Sos crios currilaban chin ardore / in sa prus bella amena biddizzola .”

Si parlò per giorni di quel magico 29 agosto del 1991 quando, l’allora sindaco Simonetta Murru, in occasione della festa del Redentore  ,gli conferì il titolo di cittadino illustre .

 E poi, quanta emozione, nel ricordare il prestigioso primo premio al concorso “Città di Ozieri”!

Parlò anche del suo esordio come poeta, avvenuto verso i 60 anni, attraverso le pagine  di “Frontiera”, di “S’Ischiglia”, e de “L’Ortobene”  (che allora, oltre 25 anni addietro, era diretto, se non ricordo male, da don Delogu ). “ Difendes s’operaiu/ cada traballadore / chin iscrittos chi balen un’ispantu./ Ses che bonu massaju/ chi ghettat su labore / chin sas manos benittas d’unu santu./E chene museruola/ in artu bolat sola/ sa libertade bera. Cada tantu /s’intendet s’armonia/ de sa prus bella, antica poesia.”

(Entrambi  sceglievamo di parlare di cose belle e positive…probabilmente con la speranza- illusione che i fatti  tristi e/o meno graditi venissero dimenticati, o accantonati…) 

Ma soprattutto  amava parlare della luce degli suoi occhi : di Paolo, il figlio prediletto scomparso, e mi chiedeva quotidianamente di poter ascoltare il nastro su cui erano incisi il suo canto e la sua musica. “Canta!- si legge in una delle sue liriche a lui dedicate –b’est su Redentore de sos chelos soberanos. Canta! Ahiò, dami sa manu chi m’abbrandit su dolore”.

Più di una volta lo sentii sussurrare un sofferto e convinto “Che peccato!” ,riferito al fatto che il figlio  non ci fosse più; più di una volta lo sentii cantare “insieme a lui” i suoi versi più belli.

E più di una volta  lessi nel suo sguardo il grido della sua anima per quel distacco inaccettabile . “Commo dego so solu,non so prus nemmos.Mi mancat tottu, mi mancat sa forza, su corazu, su briu, sos alentos chi fachen bellu s’omine in sa bida. Mi mancas tue, fizu…”

 Fu dalla morte di Paolo che mio padre cominciò a godere sempre meno dei  colori del giorno, ad arrendersi, ad essere diffidente , arrabbiato con la vita . L’ ha capito bene Gigi Sanna , leader degli “Istentales” che, in una  intervista rilasciata  poco dopo la sua scomparsa ,  ha così dichiarato: “Purtroppo  una parte di lui era morta da diverso tempo, da quando suo figlio Paolo  cessò di vivere  in tragiche circostanze…”.

Mio padre…Era – e lo sapeva!-  il mio gigante buono, l’approdo sicuro, l’amore senza confini,la poesia vissuta e riproposta quotidianamente.

 Se ho imparato a credere nel vero amore è anche perché  ho visto e “toccato” l’amore immenso che lo legava a mia madre , alla quale  dedicò, prima che lei morisse , una delle poesie più toccanti, e più amate da noi figli : “A ti l’ammentas cando in pizzinnia/ bolabamus in artu, in sas istellas,/nandenos sempre solu cosas bellas/ in d’unu chelu tintu ‘e fantasia?/ Su mundu fit arcana sinfonia:/ ca bi fis solu tue, tue ebbia.”

Il giorno di Pasqua – si trovava con me a Budoni - e il 2 maggio

 – nel reparto di geriatria dell’ospedale di Nuoro – mi dettò le sue ultime due  poesie. La prima dedicata a Paolo e l’ultima ai miei 53 anni. Sono poesie inedite. Ne faccio dono ai lettori. E’ il suo saluto, il suo congedo poetico, il suo ultimo abbraccio terreno.

Nella sua stupenda "Ispadas de sole" – armonizzata magistralmente dal Coro Ortobene – mio padre scrive: “Cherjo binchere,gherrande chin ispadas de sole…”. E lui , se alla fine, stremato, si è arreso alla malattia perdendo una battaglia ,ha vinto la guerra contro la morte…  perché con i suoi versi di seta ed il suo straordinario esempio di vita ha saputo costruire la sua immortalità.

Sono comunque profondamente  convinta che gran parte della sua vita sia stata ,  più che una vittoria , una conquista : di affetti corposi e di sentimenti genuini , che ha saputo trasmettere con una generosità senza confini  isparghende a su bentu/ profumos d’amistade/e prendas de birtude/ chin sa luche  ‘e su coro, e chin s’alentu de su dirittu umanu”.

Oggi, che più di ieri, mi porto appresso e dentro l’anima il suo profumo di buono, penso…che il dolore, immane, della “perdita” non supera la gioia, immensa, d’averlo avuto come padre.

Ed ora mi piace pensarlo accanto a coloro che lo amarono di un amore vero e profondo , e a un passo da quel Dio che ha  spesso cantato:

“ Deus meu chi t’adoro l’ischis…Nara, ite t’ impinno? Devotissimo mi sinno…Devotissimo t’improro.”  

 

( Pubblicata ne "Il Messaggero Sardo" )

 

 

 

 

Franceschino Satta

 

 

 

Sias forte in tè matessi

 

 (A Rosalba)

 

Mi à puntu un’ispina a su coro

su tuo lamentu accoradu

pro unu frade, e unu babbu ammiradu

da-e tottu sa cittade de Nuoro.

 

Sa fotografia pro ammentu insoro

che reliquia app’in coro conservadu .

Cumprendo su dolore chi às proadu

…ma sias forte; e passenzia d’imploro.

 

Tottu in sa vida enit’e passada :

allegria, dolores e affannos

e in s’ideale s’ammentu nòs lassata!

 

De sa nostra esistenza de pacos annos

Deus tottu manuiti e  cumpassata

proas dolorosas, e cumpensos mannos.

 

Gaspare Mele

 

( Il poeta Gaspare Mele ha scritto questi versi dopo aver letto l’articolo apparso ne “Il messaggero sardo”)

 

 

 

 

 

 

Rosalba Satta e Giuliano Marongiu

Rosalba Satta e Giuliano Marongiu

 

 

 

  Da “S’ischiglia” luglio 2001

 

Frantzischinu Satta, su poeta mannu ’e Nugoro, una de sas boghes pius bertaderas e lìmpias de Sardigna, hat lassadu custu mundu mercuris 25 de Triulas.Fit naschidu in Nugoro in su 1919 e fintzas dae giovaneddu aiat mustradu passione pro sa poesia. Impignadu che pagos in sa defensa de sa limba e de sa cultura sarda, binchidore de tottu sos Cuncursos poeticos sardos, hat imprentadu tres volumenes de poesias : “Cantos de amistade” (1983), “Ispadas de sole” (1992) e “Incantos- su prantu cubau” (2000). Istimadu e rispettadu dae tottu, siat pro sa bonesa de su carattere abbertu e francu che pro sa sabiesa de su faeddare Sou, fit dae degh’annos redattore de custa rivista. E  S’ISCHIGLIA, chi in tantos annos de trabagliu a costazu a pare , hat connottu e appretziadu s’omine e su poeta, galu a nòmene de sas mizas de lettores suos, s’istringhet in su dolore a sos familiares tottu cun sentidos de affettu e sintzeru rimpiantu.

 

                                                     

         Zia Mariantonia e Franceschino Satta    

 

 

Scompare il poeta Franceschino Satta

 

di

Franco Fresi

 

Ci avevano  avvertito in campagna che intorno alla nostra casa bruciava tutto.

Era il tragico 28 luglio 1983.

Arrivammo a Tempio, io e mia moglie, con il cuore in gola soprattutto perché nostra figlia Caterina era rimasta sola in casa,.

La situazione ci si presentò immediatamente in tutta la sua tragica verità : la casa , miracolosamente indenne, campeggiava solitaria in un deserto di cenere nera impastata con terriccio.

Caterina, dopo aver aiutato gli uomini della forestale ( tre dei quali giacevano carbonizzati in una cunetta) a respingere l’incendio con una pompa ad acqua, si era rifugiata – così ci dissero – in casa di amici.

Il fuoco, fatta strage di guardie forestali e di volontari, era stato vinto dai pompieri, dai canadair e dagli elicotteri delle forze dell’ ordine.

Della casa , intera nella sua nuda solitudine , erano scoppiati i vetri delle finestre.

Da quella del mio studiolo, arroccato sotto il tetto, usciva un sottile filo di fumo.

L’aria dentro era irrespirabile.

Sul mio tavolo di lavoro un libro stava bruciando senza fiamma , un po’ come ardono le sigarette : una foglia incandescente si era posata sulla copertina e si era scavato intorno un piccolo cratere che arrivava a pagina 30.

Intorno , libri e carte - resi materia infiammabile dall’alta temperatura della stagione e dell’incendio -, sembravano aspettare che un refolo di vento facesse scaturire , da quel piccolo cratere , una pur esile fiammella per far ripartire la tregenda  esterna appena vinta da una valanga d’acqua.

Il libro, lasciato lì per essere recensito, aveva un titolo sereno : “Cantos de amistade”.

Era una raccolta di poesie di Franceschino Satta, fraterno amico nuorese. Proprio a pagina 30 , quasi un segnalibro dimenticato, la bozza di una poesia manoscritta, intitolata “Ispadas de sole” ( sarebbe stato , più tardi ,  il titolo del secondo libro di Franceschino ), era servita simbolicamente da scudo per rintuzzare quella spada di fuoco che stava per trafiggere la nostra casa .

Grazie di questo , Franceschino, dolce maestro due volte, di scuola e di poesia, ora che forse tutto sai e tutto vedi, dal posto in cui un uomo di fede, come tu lo eri , trova la sua patria migliore.

Franceschino Satta , che scriveva sempre in lingua sarda, era un poeta autentico, colto e scrupoloso, che limava i suoi versi come gli artigiani il ferro nelle fucine della vecchia Nuoro.

Rideva anche di qualche accademico  che definiva , con parole grosse , la poesia “una scaturigine spontanea di natura elitaria cui servivano poco i ritocchi e i ripensamenti”.

Amava raccontare, nelle troppo poche occasioni in cui ci si trovò insieme , che il più delle volte , in inverno , accendeva il camino con le sue stesse poesie scartate o rimandate a miglior vita su un altro foglio bianco .

Vincitore del premio di Ozieri e di quasi tutti gli altri che fiorivano un paio di decenni fa in Sardegna , ha segnato , assieme ad altri pochi poeti nuoresi , (fra i quali è d’obbligo citare almeno Giovanni Piga )  la poesia logudorese nella specifica parlata barbaricina , rompendo le asfittiche radici semantiche della tradizione per innestare , sugli antichi ceppi , nuovi germogli di un codice creativo in sintonia col nostro tempo.

Addio Franceschino .

Il tuo libro è ancora sul mio tavolo, simbolo di quella spada si sole  che per te era la poesia : lama che incide senza mutilare, sacro fuoco  che scava nel profondo, senza il sinistro avvampare della fiamma.

 

                                  (da  “Il messaggero sardo” )

 

Vignetta di Alberto Congiu,in arte Mohamed

 

tratta dal libro " Bellu d'aspettu...", pubblicato nel mese di novembre  2004
presso Studio Stampa- Nuoro, con il patrocinio del Comune di Nuoro

 

 

 

 

 

Frantzischinu Satta

 

di

Mario Sanna

 

Su poeta Frantzischinu Satta, mastru de iscola zubiladu dae su 1975, fit naschidu in Nùgoro su 16 de capidanne de su 1919.

Poeta beru e cumpletu in cale si siat campu, conoschiat sa limba sarda comente pacos la conoschent e che a pacos fit capassu de ispirare e tramitere emotziones; e custu in grassias de sa mirada limpia e de su coro francu.Sunt ustas sas carateristicas chi l’ant nutridu poeticamente e  orientadu su raportu cun sa zente e cun sa bida.

“Frantzischinu Satta, nugoresu predale, no at apidu presse a publicare sas poesias, a cumintzare dae ussas compostas in pitzinnia, e de sas cale unu de sos primos a nd’aere nobas est istadu su collega, in sa professione e in s’arte, Antiocu Casula, mezus conotu comente Montanaru. L’at fatu a sos 64 annos cròmpidos, fatu raru, si no unicu, in sa literadura. B’at de narrere, pro sa beridade, chi, ispintu dae sos amicos, at partetzipadu a diferentes cuncursos de poesia e nd’at bintu medas e non pacos, e peroe su primu volumene l’at publicadu in su 1983, cun su titulu bellu e sonante “Cantos de amistade”, in sas editzione de sa Cooperativa Grafica Nugoresa, istampadu in bella beste editoriale, cun sa prefatzione, minore minore, de Paulu Pillonca e cun disinnos e impazinassione de Sarbadore Pirisi: su  volumene at bintu su premiu de poesia in limba locale Ozieri 1983.” (Dae “S’erede dinnu de Montanaru” de G. Susini).

Su 12 de agustu de su 1991, dae su sindicu nugoresu de su tempus, Simonetta Murru, a s’ocasione de sa festa de su Redentore, at retziu su titulu de tzitadinu illustre « per aver onorato Nuoro con il suo esempio di civis probo e operoso, contribuendo col suo quotidiano, instancabile lavoro alla crescita civile , culturale e sociale della città”.

S’annu a pustis at publicadu “Ispadas de sole”  cun bortadura in italianu e glossariu), cun s’isterrida de G.Cossu e cun  d-una bella copertina de su nepode, su pintore Sirgiu Cara. Su libru at su titulu de una de sas poesias suas, fortzis sa prus ricca de sinnados e sentidos fortes. Custa no at ebia, e cun resone, meritadu  su  primu premiu in su cuncursu de literadura sarda “Città di Ozieri”, in 1983; at ofertu a letores e istimadores s’ocasione de si godire una prella poetica de lirica de balore inestimabile. A pustis chi, in s’apertura de sa lirica, fachet un’analisi dolente, ranchia, de sa bida reale, ube “corruschian ammentos de focu, cupinde traschìas de malissia”, sichit cantande “e dego, massaju ’e pistichinzos, cherjo semenare labores d’affettu, fulliandeche, in sas percas fungudas de s’irmenticu,sas lubas ch’abbelenan sos alentos immortales de s’anima. Cherjo binchere gherrande chin ispadas de sole…”

De rechente sa poesia est istada musicada dae Alessandro Catte, diretore de su Coro Ortobene; su CD, chi at apidu sa fortuna chi meritaiat  ( no at ebia su titulu “Ispadas de sole” ) remonit in sa matessi regolta ateras bator poesias de su poeta nostru, nugoresu predale : “Unu ballu pilicanu”, “Prados de lentore”, “ Santu” e “Babu nostru”, ch’est unu componimentu ispantosu.

Belle e totu sos Coros che cantant in Sardigna ant armonizadu poesias suas. Su CD de sos Raimi “Razza barbaricina” , nde cuntenet nobe.

B’at de sinzalare, in mesu ’e tantas, “Bae luna”, armonizada e cantada dae Piero Marras. Peri su fizu Paulu at arminizadu e cantadu unas cantas de sas poesias prus bellas, comente “Toccheddos de coro”, “Su Carrasecare”, “A un’anzelu”, “A Zubanne Battista”.

Chin Zubanne Carrone e su grustiu suo  “Bocheteatro” s’at colau annos e annos paris, fachende una esperientzia teatrale chi l’at cunsentidu  de presentare, in diversas biddas de Sardigna, s’ispetaculu “Cantos de amistade”. In sa rappresentassione interveniat peri Zubanne ,a retzitare poesias e contos de Frantzischinu Satta.

In s’aprile de su 2000, at publicadu su ’e tres volumenes “Incantos- Su prantu cubau” (Ediz. Solinas , cun tradussione a fronte e glossariu) cun s’isterrida de Innassiu Delogu e de sa fiza Rosalba.

Su libru - non namus chi siat s’urtimu, ca medas poesias isettant galu e sunt chircande sa luche ( sos amicos custrintos ammentant “S’ istrada ’e Larentu”, poesia jocallera, de sas prus bellas chi si potant bisare) – est dedicadu a su fizu Paulu, mortu in antis tempus, propiu s’annu in antis, in condissione galu de acclarare.  “A fizu meu- si leghet in sa dedica- zovanu de sentimentos innidos e de bertudes  cristallinas, semper prontu a facher cosas bellas”. Dae cussa morte su poeta - zai provadu , in annos colaos dae sa morte de sa muzere e, ecante in antis, peri dae sa morte de unu fizu ’e pacos meses – non s’est prus illepiadu, e sende chi lu disiziat meda de publicare, in antis de sinch’andare, unu libru de contos a su cale aiat peri dadu su titulu “Si Deus cheret”.

S’est arresu a sa morte su 25 de tribulas de 2001, in su  matessi mamentu chi Piero Marras , in s’anfiteatru nugoresu, cantaiat “Bae luna” :  “Bae luna, allughemi sa bida…Bae luna, allughemi su coro… Diat esser bellu , luna, inoche a morrer goi…”.

Pacos meses a pustis mortu, su 9 de maju de su 2002, sa Comuna de Nùgoro l’at cherfidu amentare intitulandeli una via, pro meritos de s’arte sua , acurtzu a ub’est naschidu e mortu.

De issu G. Susini at iscrittu :

“Franceschino Satta è stato - e rimane – il poeta della solidarietà umana, dell’amicizia, dell’amore della natura come creazione divina, degli affetti familiari… Mi pare di poter dire che la più interessante voce poetica in sardo è oggi quella di Franceschino Satta, il quale è dunque il vero erede di Montanaru”.  

  (da  “Su mezus de sa poesia nugoresa”   Ed. Monte Gurtei 2002  Nùgoro    Autori:  P. Mesina, M. F. Ortu, C.A. Mulas. Mario Sanna)

 

 

segue la traduzione dell'articolo di Mario Sanna :

 

FRANCESCHINO SATTA, POETA

 

di 

Mario Sanna

 

Il poeta Franceschino Satta, insegnante elementare in pensione dal 1975, era nato a Nuoro il 16 settembre.

Poeta vero e completo, conosceva la lingua sarda come pochi e, come pochi, sapeva coinvolgere e trasmettere emozioni , grazie anche allo sguardo limpido e al cuore puro : caratteristiche ,queste, di chi

– come lui – ha vissuto poeticamente il proprio rapporto con la vita.

"A pubblicare in volume le sue poesie, anche quelle scritte in giovanissima età e di cui ebbe conoscenza ,tra i primi, Montanaru, Franceschino Satta, nuorese puro sangue, non ha avuto fretta. Lo ha fatto all’età di 64 anni, ed è un caso ben raro nel campo della letteratura. E’ vero che , lungo tanti anni, esortato da amici, ha partecipato a diversi concorsi di poesia e ne ha vinto molti; ma il suo primo volume è uscito nel 1983 ,col bello e significativo titolo "Cantos de amistade", nelle edizioni della Cooperativa Grafica Nuorese. Tipograficamente ben curato, con una breve prefazione di Paolo Pillonca e con disegni, copertina e impaginazione del pittore Salvatore Pirisi, il volume ha vinto il premio di poesia in vernacolo Ozieri 1983." (da "Il degno erede di Montanaru" di G. Susini).

Il 12 agosto del 1991, dall’allora sindaco di Nuoro, Simonetta Murru, in occasione della festa del Redentore , ricevette il titolo di cittadino illustre "per aver onorato Nuoro con il suo esempio di civis probo e operoso, contribuendo col suo quotidiano ,instancabile lavoro alla crescita civile, culturale e sociale della città".

Nel 1992 pubblicò "Ispadas de sole" (con traduzione a fronte e glossario), con prefazione di G. Cossu e con una bella copertina del nipote, il pittore Sergio Cara. Il libro porta il titolo di una delle sue poesie più significative e forti che, non solo ha meritatamente ottenuto il primo premio nell’83 nel prestigioso concorso poetico "Città di Ozieri", ma ha consentito ai lettori e ammiratori di gustare una perla poetica di un lirismo eccezionale. Ad una iniziale amara analisi di una realtà nella quale "corruschian ammentos de focu, cupinde traschias de malissia", segue un deciso " e dego, massaju ’e pistichinzos, cherjo semenare labores d’affettu, fulliandeche, in sas percas fungudas de s’irmenticu, sas lubas ch’abbelenan sos alentos immortales de s’anima. Cherjo binchere gherrande chin ispadas de sole…".La poesia è stata armonizzata, recentemente, da Alessandro Catte, direttore del "Coro Ortobene"; il CD, che ha incontrato la fortuna che meritava, oltre ad avere il titolo di "Ispadas de sole", contiene altre quattro poesie del poeta nuorese :"Unu ballu pilicanu", "Prados de lentore", "Santu" e la stupenda "Babbu nostru". Quasi tutti i cori sardi hanno armonizzato le sue poesie. Il CD dei Raimi "Razza barbaricina" ne contiene ben nove. E’ da segnalare , fra le tante, la stupenda "Bae luna" armonizzata e cantata da Piero Marras.

Nel mese di aprile del 2000 pubblicò il suo terzo volume: "Incantos-Su prantu cubau" (Ediz. Solinas; con traduzione a fronte e glossario) con prefazione di Ignazio Delogu e della figlia Rosalba.

Quest’ultimo libro è dedicato al figlio Paolo, scomparso prematuramente, l’anno prima, in circostanze ancora tutte da chiarire. "A fizu meu Paulu- si legge nella dedica – zovanu de sentimentos innidos e de bertudes cristallinas, semper prontu a facher cosas bellas.".Da quella morte il poeta – che già in passato aveva dovuto assistere alla morte della moglie e, prima ancora, di un figlio di pochi mesi - non si riprenderà più, e pur desiderando ardentemente pubblicare- prima di "andar via"- il suo primo libro di racconti , che avrebbe dovuto avere come titolo "Si Deus cheret", si arrenderà alla morte il 25 luglio del 2001, proprio nel momento in cui Piero Marras, nell’anfiteatro, a Nuoro, cantava – e gli dedicava – i versi, toccanti della sua "Bae luna":

"Bae luna ,allughemi sa bida…Bae luna, allughemi su coro…Diat esser bellu luna inoche a morrer goi…".

A pochi mesi dalla sua morte, il 9 maggio del 2002, il comune di Nuoro ha voluto ulteriormente ricordarlo,per meriti acquisiti, dedicandogli una via , vicinissima al luogo nel quale nacque e morì.

Di lui Giuseppe Susini ha scritto:

"Franceschino Satta è stato – e rimane- il poeta della solidarietà umana, dell’amicizia, dell’amore della natura come creazione divina,degli affetti familiari…"."Mi pare di poter dire che la più interessante voce poetica in dialetto sardo è oggi quella di Franceschino Satta, il quale è dunque il vero erede di Montanaru".

 

                 

Rosario Cara e Franceschino

 

 

 

 

Nuoro 16 febbraio 1997       

 

 

 

               

Incontro, dopo quarant’anni, tra gli alunni superstiti della scuola elementare 1 D dell’anno scolastico 1956-57, nell’istituto Ferdinando Podda, e il loro maestro Franceschino Satta, ora conosciuto anche poeta "in limba". La singolare iniziativa – una vera e propria sorpresa per l’insegnante- è stata possibile grazie alla collaborazione del direttore didattico Bertocchi.L’incontro, infatti, è avvenuto nella stessa aula del 1956 e con il registro originale. Il maestro Satta- con uno strategemma – è stato portato da un figlio nel cortile della scuola e poi all’ interno del caseggiato. Poi l’ingresso in aula, dove gli ex alunni, diversi dei quali provenienti anche da altri centri, erano già seduti nei banchi. All’arrivo del maestro, tutti in piedi e un applauso. Una volta superata l’emozione e la sorpresa, l’ insegnante ha fatto l’appello utilizzando il registro originario. Qualche momento di commozione quando sono stati letti nomi di tre alunni orma scomparsi. Alla fine un rinfresco, lo scambio di ricordi e il proposito di rivedersi più spesso.

(da "La nuova Sardegna" del 16 febbraio 1997)

 

 

 

 

L’ADDIO A FRANZISCHINU SATTA

 

NEI SUOI VERSI LA NUORO PIU‘ AUTENTICA

 

di

GIULIANO MARONGIU

 

Franceschino Satta, straordinario poeta, si è spento mercoledì sera.

Era un grande personaggio, cultore di una cultura straordinaria, profondamente radicata nella tradizione nuorese. La sua morte lascia un profondo vuoto in città e in tutta la Sardegna dove i suoi versi erano conosciutissimi e apprezzati.

Mercoledì sera, appena ricevuta la notizia della morte di "Franzischinu", in tutta Nuoro è calato un velo di tristezza e commozione.

Il cantautore Piero Marras, profondamente turbato , ha interrotto il suo concerto all’anfiteatro.

Ieri anche la giunta comunale ha espresso profondo cordoglio.

"La città onora la memoria del suo grande poeta - ha detto l’assessore alla Cultura Roberto Deriu – ha cantato la Nuoro autentica e profonda. La dolce malinconia dei suoi versi resta diffusa nel nostro cielo, chiusa nel nostro cuore, insieme al ricordo di questo grande concittadino".

Pubblichiamo il ricordo e la testimonianza di Giuliano Marongiu, appassionato conoscitore delle tradizioni popolari sarde, che di Satta è grande ammiratore.

Una delle voci più intense di Nuoro si è spenta all’improvviso.

Franceschino Satta, il poeta, è morto.

Se n’è andato per sempre da protagonista, in una delle tante notti di luglio, lucido ma provato dalla sofferenza che da un po’ di tempo ormai accompagnava le sue giornate.

A lui si devono le atmosfere più fluide dettate da una creatività intrisa di malinconia e sentimento, evocazioni elaborate con sofisticata ricerca di vocaboli e suggestioni antiche.

Era nato a Nuoro il 16 settembre 1919.

Ha indossato la passione della poesia affacciandosi alla vita: compone fin dall’età dei tredici anni, ma il suo primo volume "Cantos de amistade" viene pubblicato solo nel 1983, con 64 anni ormai compiuti. è il titolo della sua prima raccolta di versi, alla quale segue , nel 1992, "Ispadas de sole" e poi l’ultima opera, recentissima ,denominata "Incantos –Su prantu cubau".

Tanti i riconoscimenti ottenuti nei vari concorsi di poesia ; uno su tutti : il primo premio per la lirica"Ispadas de sole" al Città di Ozieri.

Ho avuto la fortuna di conoscerlo.

Ero stato chiamato a presentare, il 23 dicembre scorso, il concerto di Natale 2000 che riuniva il Coro Ortobene di Nuoro e la pianista nuorese Pierpaola Porqueddu nella cattedrale di Nuoro.

Una serata davvero magica, ricca di fascino e di suggestioni indimenticabili.

Nell’annunciare l’esibizione di un canto costruito su una delle sue più belle poesie, ho speso alcune parole per sottolineare la sua grandezza, ignaro del fatto che lui fosse presente: lo vidi venirmi incontro dal fondo della chiesa, leggermente chino e avvolto nel suo cappotto verde, custode di emozioni prima covate e vissute, poi regalate.

L’ emozione in quel momento fu fortissima : tutti i presenti, tantissimi , si alzarono in piedi per applaudirlo.

Quasi un segnale, un saluto, forse un congedo.

Poco dopo, nella sacrestia, mi raccontò della sua amicizia con Antioco Casula "Montanaru",del suo amore per la poesia e per l’  insegnamento.

Decidemmo insieme di raccontare la sua storia a "Sardegna canta". Con la produzione, in quell’occasione , allestimmo una trasmissione interamente dedicata a lui: avevamo invitato tanti ospiti che negli anni avevano cantato , letto e interpretato con passione e ammirazione la sua poesia.

Tutto era pronto: la notte precedente la registrazione (fine gennaio) venne colto da malore: realizzammo comunque il programma così come l’avevamo concepito. Mi inviò in regalo i suoi libri con dedica affettuosa, grato e felice.

L’ ho sentito diverse volte per telefono, ma non l’ ho più visto. Pochi istanti dopo aver appreso la notizia sul palco dell’anfiteatro di Nuoro,Piero Marras ha intonato, insieme al Coro Ortobene "Bae luna", il brano contenuto in "Tumbu" con testo di ziu Franzischinu.

"E’ stato un momento che non dimenticherò mai – commenta il cantautore- era in programma e proprio in quel momento è arrivata la notizia. La reazione del pubblico è stata bellissima: un applauso lungo,caldo, intenso. Franceschino Satta, poeta vero e accessibile, aveva la capacità di descrivere Nuoro in un modo in cui tutti vorrebbero che fosse e non è più. Sapeva raccontare.Respiravi nelle sue "visioni" il senso della protezione, le storie e le solidarietà dei vicinati di una volta. Qualcuno ha detto che quando un poeta se ne va, se ne vanno via mondi, memorie".

Alessandro Catte, tra i tanti direttori dei Cori di Nuoro che hanno armonizzato e reso fruibili sotto altre letture, le poesie di Franceschino Satta, lo ricorda così : " Il nostro era diventato quasi un rapporto di convivenza, negli anni. Frequentavo la sua poesia e ne ero incantato : dalla forza dei contenuti e soprattutto dalle forme irregolari della sua esposizione. Credo di aver guadagnato la sua stima soprattutto quando ho musicato i versi straordinari di "Ispadas de sole" , a suo dire il pezzo più amato : è stata quella un’ impresa difficilissima poiché il lavoro era molto complicato, ma la soddisfazione di entrambi diventò commozione.

Era un uomo buonissimo, uno spirito adolescenziale.Gli sarò grato per sempre".

Anche Gigi Sanna, leader dei popolarissimi Istentales, ricorda la bontà del poeta nuorese :

"Purtroppo una parte di lui era già morta da diverso tempo, da quando suo figlio Paolo cessò di vivere in tragiche circostanze che fecero discutere molto.

Gran conoscitore della lingua nuorese e dei vocaboli oramai in disuso, ci fu di grande aiuto in diversi passaggi delle nostre composizioni".

"Per noi musicisti – aggiunge ancora Gigi Sanna – adesso resta il profondo rammarico di non aver interpretato, quando ancora era in vita , una sua poesia. Lo faremo sicuramente . E’ il giusto e doveroso omaggio che dobbiamo rivolgere a un uomo che ha descritto la nostra storia e il nostro modo di essere.

Insomma , rappresentava la vita e la memoria della nostra comunità. Le sue poesie sono piccoli quadri che colorano di antico".

(da "La nuova Sardegna" del 27 luglio 2001)

Franceschino ad un concorso di poesia

 

 

Il Sindaco di Nuoro

 

Gent.mo Sig. Franceschino Satta

Mi è gradito comunicarLe che il giorno 29 agosto, in occasione della Festa del Redentore,Le conferirò il titolo di cittadino illustre per aver onorato Nuoro con il Suo esempio di Civis Probo e operoso, contribuendo con il suo quotidiano , instancabile lavoro alla crescita civile, culturale e sociale della città.

 

Simonetta Murru

Nuoro 12 agosto 1991

 

Franzischinu visto da T.Ruiu

Franceschino Satta visto da Tonino Ruiu

 

Maggio 2002

 Il comune di Nuoro intitola una via a Franceschino Satta

 

 

 

"ISPADAS DE SOLE"

di 

FRANCESCHINO SATTA

 

In un paese come il nostro, dove il 65 per cento degli abitanti non legge, pubblicare un libro diventa per gli editori un rischio o una scommessa. E per gli autori, un salto nel buio , nel senso che può accadere di non riuscire a "scendere in strada e incontrare le masse". Ma il Poeta, come dice Neruda, non teme di lanciarsi alla vita.

Sa bene, il Poeta, che i versi camminano anche nell’ oscurità più profonda e finiscono, prima o poi , per incontrare gli occhi e il cuore degli sconosciuti della strada. E’ il caso del poeta nuorese Franceschino Satta che recentemente ha pubblicato, a dieci anni di distanza dal suo "Cantos de amistade", il secondo volume di poesie "Ispadas de sole" con una bella copertina del pittore Sergio Cara (edito da G. Trois).

Il libro, che è stato stampato sotto gli auspici della Regione autonoma della Sardegna, comprende 125 poesie in lingua sarda con testo a fronte. Le ultime venti pagine formano un glossario, cioè una raccolta di vocaboli meno comuni accompagnati ognuno dalla dichiarazione del significato. Chi mi conosce sa che io non sono né un poeta, né un grande lettore di poesie. Però se ho accolto, senza tentennamenti, l’invito a questa che vuol essere una modesta presentazione di un libro da poco arrivato in vetrina, è perché ogni qualvolta ho il piacere di leggere i versi del Satta – e ciò accade frequentemente visto che tante sue poesie trovano spazio in questo settimanale – ritrovo , tra i profumi di lentisco e di mirto, gli affetti, le lotte , i dubbi , le attese-speranze dell’ uomo. E soprattutto ritrovo ed riscopro un sentimento religioso delicato e forte che fa sì che "sa boche s’accordat a sa luche ’e sa fide, immortale frama ’e sa bida".

Ma la poesia di Franceschino Satta non è contenuta solo nei suoi volumi. E’ soprattutto in lui che si vede e respira e traspira la poesia . Infatti ogni qualvolta mi accade di incontrarlo , mi vengono in mente i versi e le parole della figlia Rosalba che , nel parlare dei suoi rapporti con quel padre che adora, ripete , quasi volesse inciderlo nell’anima di chi l’ascolta : " E’ speciale . E’ il primo "incontro" riuscito della mia vita. Dà voce ai silenzi e spessore ai sentimenti. Vivergli accanto significa imparare ad andare oltre quelle siepi e quegli steccati che , solo pochi momenti prima , parevano fermare anche lo sguardo". Onnivoro di idee e di emozioni, a dispetto del tempo che passa e che lascia le inevitabili ed evidenti tracce del suo cammino, conserva quella curiosità-stupore del bambino che , scoprendo il mondo per la prima volta, tutto guarda e tutto tocca, correndo, soffermandosi, voltandosi e …"chin disinnos d’amore pintat isperas chi juchen de su coro sos disizos/ e chin s’alinu prantat milli lizos / inoche, in cuche, in tottu sas pasteras".

Il libro porta il titolo di una delle sue poesie più significative e forti, che non solo ha meritatamente ottenuto il primo premio nell’1983 nel prestigioso concorso poetico "Città di Ozieri", ma ha consentito ai lettori e ammiratori di gustare una perla poetica di un lirismo eccezionale . Ad una iniziale amara analisi di una realtà, nella quale "corruschian ammentos de focu, cupide traschias de malissia", segue un deciso "e dego, massarju ’e pistichinzos, cherjo semenare labores de affettu, fulliandeche, in sas percas fungudas de s’irmenticu, sas lubas ch’abbelenan sos alentos immortales de s’anima. Cerjo binchere gherrande chin ispads de sole…".Prendendo in prestito un pensiero di Neruda, posso dire che "afferra la speranza per i capelli o per i piedi e le impedisce di volar via, anzi, la mette seduta nella sua tavola e nella casa del popolo". Alcune delle poesie contenute nel volume sono state armonizzate dai cori più famosi dell’isola e dal figlio Paolo. Tante hanno ottenuto prestigiosi riconoscimenti in vari concorsi di lingua sarda.Il suo quasi testardo partecipare, il suo buttarsi nell’arena col rischio di confondersi tra i pochi che splendono e i tanti che si arrampicano e arrancano, ha un senso. Questi concorsi, pur con i loro limiti, consentono un rapporto diretto con un pubblico , forse non vasto ma sempre diverso e interessato. Questi concorsi danno spazio e respiro alla Poesia che altrimenti conoscerebbe l’onta del silenzio. Dopo aver augurato al Nostro un ancor lungo e fertile cammino poetico, mi pare giusto concludere con una affermazione del critico Giuseppe Susini che parlando di lui, in un articolo pubblicato su "Esse come Sardegna", afferma : "Mi pare di poter dire che la più interessante voce poetica in lingua sarda è oggi quella di Franceschino Satta , il quale è dunque il degno erede di Montanaru".

SALVATORE BUSSU

(da "L’Ortobene" 1993)

 

Franceschino e Sandro Satta

 

FRANCESCHINO SATTA,

IL POETA DI "ISPADAS DE SOLE"

 

di

GIULIO COSSU

 

 

Più che di una modesta presentazione introduttiva quale deve essere necessariamente questa mia , anche per esigenze editoriali, la raccolta delle poesie di Franceschino Satta, richiederebbe un lungo e approfondito saggio critico.

Questo perché la raggiera degli spunti è molto nutrita, e l’ ispirazione che alimenta le composizioni si articola in tempi diversi ; abbraccia anzi un lungo arco di tempo : vorrei dire tutta una vita.

Cogliere queste fasi dell’ ispirazione non è facile , perché diversi sono gli influssi che su di esse si riflettono.

Costanti ritorni vittoriosi nei concorsi regionali di poesia in limba hanno portato alla ribalta, col corredo dei premi più prestigiosi del momento, il nome di questo poeta, già affidato ad una valida notorietà.

Ma questo volume che ha il carisma dell’ opera omnia è tutt’altra cosa dell’ effimero successo, molto spesso locale o paesano di sagra ( e non c’è sottovalutazione in questo) che la poesia isolata può dare ad un autore.

La costante del volume è la robusta incisività della parlata nuorese, tutta forgiata in un’ officina personale di antico artigiano esperto nella tempra di spade di sole. La necessità espressiva indispensabile per ogni poetica è quindi garantita da questa base , che è utilissima e indicativa anche per chi si occupa oggi in Sardegna solo ed esclusivamente di linguistica.

L’ estrazione linguistica di Franceshino Satta è dotta e lontana dalle esitazioni così avvertibili nell’ambito del popolare e del dilettantistico. Primo notevole merito, dunque. C’è poi "altro" della raggiera multicolore degli spunti e delle tematiche che un acuto osservatore di estrazione strutturalistica affiderebbe a un grafico a cerchi concentrici più che stratificati.

Il cerchio iniziale è quello dell’orizzonte di Nuoro, di cui si valorizzano i ricordi gloriosi del passato che emergono però anche da una compiaciuta valorizzazione di paesaggio inconfondibile, cittadino ed extracittadino.

Poi si passa il confine più vicino , che ci inoltra nel campo fiorito degli affetti e di un memorialismo tutto umano che, a volte , assume i contorni di un bozzetto satirico.

Un altro valico ci immette in un’ altra , vorrei dire, "tanca" conclusa di affetti familiari e di amorevole rievocazione di solennità festose.

Da queste piste di lancio parte l’ ispirazione più alta dei difficili interrogativi esistenziali che richiamano i pessimistici e filosofici perché leopardiani. Questa ispirazione spazia anche nei più alti orizzonti esistenziali. Il richiamo frequente alla moralizzazione fa la sua insistente e importante comparsa. Moralizzazione venata a volte di cattolicesimo che redime, a volte di sani principi pedagogici attinti evidentemente dalla scuola , a cui il poeta è stato sempre vicino, e all’ insegnamento , forse più garante, di una volta.Ma l’appello alla morale ha radici più profonde, filosofiche e laiche. "Il tempo, artefice di dolori, con spintoni maldestri ci scaraventa in bacini di fango, dove la morte attende con sorrisi ipocriti per predarci meglio le perle dell’anima".

Vien da pensare alla luce della nuova realtà dell’ ultimo dopoguerra, quando i letterati italiani si son posti , con intensa responsabilità, il problema del "che fare".

La poesia del tempo del fascismo fu accusata di colpevoli silenzi e di essere esangue, povera di rapporto con la realtà e , come si dice oggi, col sociale.

La nuova cultura, fino ad oggi , non vuole più consolare l’ uomo ma liberarlo. Miseria e sfruttamento assumono ancora , e hanno assunto , la patina non sempre formale del marxismo e del socialismo.

La rappresentazione della realtà anche in poesia , persino in quella lirica e prettamente intimistica, preferisce la presa diretta.

M pare che in questo pregevole volume ci sia un’ eco abbastanza differenziabile di tutto questo. Ne fa fede la ricorrente ansia di libertà e l’uso benefico, chirurgico della spada di sole di uno sdegno tutto sanguigno che vuol risanare tante piaghe aperte della società contemporanea. Dalla patria di Grazia Deledda e di Sebastiano Satta non poteva non arrivare alla marca di fabbrica di ottima tessitura anche questo ampio e colorito arazzo poetico.

(Prefazione de "Isapadas de sole"1992)

 

Rosalba e Franceschino alla presentazione del libro " cantos de amistade "

 

 

Umile cantore della memoria,

"paroliere" di Piero Marras e del Coro Ortobene.

 

L’ amico di Montanaru

di

PIERA SERUSI

 

Ricordo di Franzischinu Satta: il compianto poeta, scomparso il mese scorso. Nella Sagra del Redentore di dieci anni fa si emozionò nel ritirare il premio di nuorese illustre.

Alla fine persino la poesia era diventata troppo pesante. Contare le sillabe,e disporre i versi con la mano levata, e riafferrare ogni volta dentro una nenia quelli già scritti… che fatica alla fine.

Franzischinu Satta se n’è andato neanche un mese fa, a ottantadue anni, vinto da un tumoraccio all’intestino e dalla fatica di tre by-pass. "Mi dispiace per il dolore che vi sto dando", disse ai figli il giorno di Pasqua, e lo disse apposta perché tutti sapessero che lui sapeva. E così, da quel giorno, non parlò più del libro che avrebbe presentato appena in salute, né accennò ancora alla raccolta di storie già scritte, da pubblicare "candu Deus cheret".

Se n’è andato a cavallo della luna, come soltanto i grandi poeti.

Duecentocinquanta premi, tre libri pubblicati, decine di versi imprestati ad Alessandro Catte del Coro Ortobene e a Piero Marras. Se n’è andato giusto prima della "festa grande" per il centenario,ché tanto i versi per il Redentore li aveva scritti tutti, figurarsi. Per il Redentore e per quella vecchia Nuoro raccontata da lui, santupredinu di dolcezza feroce e scandalosa.

"Mi è gradito comunicarle che il giorno 29 agosto, in occasione della festa del Redentore, Le conferirò il titolo di cittadino illustre". Ricevette la lettera del sindaco Simonetta Murru che era il 12 agosto di dieci anni fa. Franzischinu Satta la lesse due volte,poi andò in tipografia, fece fare sei fotocopie plastificate e le spedì via posta : una per ciascuno dei figli.

Diventò "cittadino illustre" con indosso il primo abito acquistato in vita sua, ché sempre aveva portato quelli rivoltati e cuciti dalla moglie Vincenza.Lo stesso abito che portava il giorno in cui accompagnò all’ altare il figlio Gavino, quello acquistato coi soldi che la figlia Rosalba gli volle donare non appena ebbe il posto da maestra e uno stipendio di 160 mila lire. Diecimila al mese, metà anni settanta. Lui non li voleva, "Figlia mì, a babbo non servono", proclamò,e lei si chiuse in bagno a piangere disperata. "Vabbé, li voglio",disse alla fine lui per calmarla e per farla sentire importante.

"Mi dispiace per il dolore che vi sto dando", ripeteva lui poeta vinto e malato. E contava le sillabe per catturare le storie, mamma Rosaria con gli occhi di mare, babbo che faceva il tassista, e tziu Bobore, anarchico emigrato in America nel 1910, che pensava in sardo e parlava in inglese.

Il vino di Marreri, e di quando da bimbi si lavorava come dischenteddos, apprendisti dal falegname di via Roma, e l’acqua buona di "Funtanedda",la prima sigaretta che lo fece svenire, e il vicinato di "Santu Predu".Gli anni Quaranta di giovane maestro elementare a Desulo quando si andava in bicicletta e diventò molto amico di Montanaru che era "grande quanto padre Luca Cubeddu", e l’amore e le poesie per la moglie, e lo strazio per la morte del figlio Paolo, e l’affetto per tutti i suoi alunni.Lo "fregarono", questi, una volta. Qualche anno fa… Erano i vecchi bambini della prima D del ’56- ’57. Lo attirarono con una scusa nelle vecchie scuole Podda, stessa classe, stesso registro di allora. Lui se li vide davanti e fece l’appello come una volta, però con emozione.

L’emozione di quando pubblicò il primo libro, a 68 anni. E poi gli altri due, e vinse tutti quei premi. L’emozione di quando ascoltava le sue poesie raccontate dalla voce di Piero Marras, e di quando andava a sentire la prove -serate di allenamento e vino rosso accompagnato con salsiccia - del Coro Ortobene : i suoi versi musicati da Alessandro Catte.

"Bae, luna accendimi la vita…Diat esser bellu,luna, inoche a morrer goi…"Era morto da appena qualche minuto ziu Franzischinu, e Piero Marras e il Coro Ortobene – che quel giorno cantavano all’Anfiteatro comunale - lo vollero salutare così… Un grido di versi gemelli scritti dallo stesso Marras su una poesia di Franzischinu Satta "…Bae,luna accendimi il cuore. Sarebbe bello, luna , morire qui, così".

(da "L’Unione sarda" del 25 agosto 2001)

 

 

 

I NUORESI

FRANCESCHINO E ROSALBA SATTA

IL TANDEM DI POESIA

NEL CUORE DI "SANTU PREDU"

 

Lui è il poeta, lei la poetessa. Hanno vinto di recente, insieme, il premio di poesia di Esterzili. Sono Franceschino Satta, nuorese doc,e la figlia Rosalba, insegnante e grande ammiratrice del padre, dal quale, dice , "ho imparato tutto". E dire che quando la figlia Rosalba era ragazzina e provava a dire due parole in sardo, Franceschino Satta , senza tanti complimenti , la fulminava con un "pares irroccande", forse poco pedagogico ma davvero molto sincero. Oggi, guarda un po’ la vita, quella ragazzina di trent’anni fa , per un pelino non supera il maestro : lei seconda classificata, lui vincitore di un premio di poesia in lingua sarda , il "Fra’ Giovanni Maria" di Esterzili.

"Se mi ha meravigliato? Neanche un po’ : Rosalba è una brava poetessa. E meno male che, col tempo –ammette ziu Franzischinu – ha imparato pure a parlare e scrivere in sardo.E’ questo, più di

tutto , che mi rende orgoglioso, perché questa è la nostra lingua. Quella di mio padre, di mia madre, di mio zio Bobore, anarchico emigrato in America nel 1910 che imparava l’inglese e pensava in sardo.Scriveva poesie in nuorese stretto come se non avesse mai messo piede fuori del rione di Santu Pedru".

Una memoria piena zeppa di note a margine ; un album di vite vissute, facce, pensieri…lui te li accenna soltanto.Due pennellate e un aggettivo, didatticamente efficaci come una fotografia.

Forse il più grande poeta nuorese vivente ("Sebastiano Satta? Si, era un mio lontano parente"), decine di premi e riconoscimenti , due libri già pubblicati e il prossimo "Incantos" uscirà tra qualche settimana. Franceschino Satta sembra non sentirseli neanche i suoi ottant’anni, tre by-pass e un doloraccio ai piedi che gli nega lunghe passeggiate. Sta seduto, ritto come un fuso , vicino a Rosalba, su una coloratissima poltrona del soggiorno nella casa di via Lamarmora. "Questa è la casa in cui ho allevato i miei sei figli e da tanti anni ci abitava Paolo, il penultimo dei miei ragazzi. E’ morto sette mesi fa. In ospedale. Un’emorragia addominale e non me l’ hanno salvato. L’ ho composta un mese dopo la morte di Paolo la poesia con cui ho vinto ad Esterzili…".

"A Paulu meu"… trenta versi dolorosi come stoccate che hanno inchiodato giuria e pubblico in un lunghissimo applauso. "Un applauso che non finiva mai – sorride ziu Franzischinu- Come quello che mi fecero al premio di Paulilatino per una poesia sulle mamme. Le mamme piangono molto sa?". Lo scivolo dell’affabulazione. Ziu Franzischinu racconta della mamma con gli occhi di mare, del babbo che faceva il tassista in giro per la Sardegna " e mi portava con sé"; di Montanaru "il più grande poeta con padre Luca Cubeddu.Un uomo dolcissimo.Un amico conosciuto quando insegnavo a Desulo".

Rosalba ,ogni tanto, invita il padre alla sintesi. Lui sorride da dietro gli occhiali e ritorna alla cronaca stretta, sul filo di una domanda lasciata cadere apposta. "Si è vero, non ho mai parlato in sardo ai miei figli quando erano piccoli.Una convinzione pedagogica tutta sbagliata di cui mi pento terribilmente". E meno male che Rosalba, 50 anni, insegnante elementare a Budoni, è passata sempre allegramente sopra quel "pares irroccande". Lei è uno di quegli esserini speciali che trattano i libri come fossero persone. Dice: "Ho incontrato un libro", per dire che lo sta leggendo, e quando lo finisce se lo abbraccia forte. Figurarsi se poteva rinunciare a leggere le poesie in sardo e magari imparare a parlarlo. Da ben 15 anni

cura , nella scuola dove insegna, un laboratorio creativo. "I bambini devono assaporare la lingua dei genitori . In fondo l’ ho fatto anch’io. Ho imparato tutto dalle poesie di mio padre".

(da "L’Unione sarda" del 29 ottobre 1999)

 

LA VOCE  DI NUORO

 

Franceschino Satta e Alessandro Catte

 

 

 “Ma cosa vuoi che ti dica della Poesia? Cosa vuoi che ti dica di queste nubi, di questo cielo? Guardare, guardare, guardarlo e nient’altro. Capirai che un poeta non può dir nulla sulla Poesia. Lasciamolo pure dire  ai critici e ai professori. Ma né tu, né io, né alcun altro poeta sa cos’è la Poesia. Sta qui: guarda. Ho il fuoco nelle mie mani. Lo sento e lavoro con lui perfettamente, ma non posso parlare di lui senza letteratura”. Nel rileggere, oggi, questo pensiero di Federico Garcia Lorca, non posso non pensare a ciò che rispose, un giorno, il poeta nuorese Franceschino Satta – recentemente scomparso - a chi gli domandava che cosa fosse la poesia : “La poesia non va definita, né spiegata.Può essere definito o spiegato un abbraccio, un risveglio,una tenerezza senza togliere qualcosa a quell’abbraccio, a quel risveglio, a quella tenerezza?”.

La Poesia…stupenda e “terribile” compagna per Franceschino Satta. La conosceva e l’amava da sempre, ma a lei si dedicò totalmente solo dopo i sessant’anni, dopo che i figli- ben sei – impararono a camminare da soli nella vita. E allora l’amò di un amore indiscusso . Quante volte , nel vederlo assorto, a chi gli domandava a che cosa pensasse lui rispondeva serio: “Sto cercando di “entrare” in una poesia.Non è facile, a volte  sfugge. Devo andare a cercarla…”.

E spesso , dopo averla trovata,  la ritrovava con indosso le note e la voce di Piero Marras, del Coro Ortobene di Alessandro Catte, de “Su nugoresu” di Tonino Puddu, del Coro Barbagia, dei Raimi …Tutti i cori di Nuoro hanno cantato i suoi versi. E tutti  hanno amato il poeta e l’uomo , e ognuno di loro ha pianto lacrime vere il 25 luglio , giorno del suo volo “in sas campuras de su chelu”.

Con l’attore Giovanni Carroni  e la sua “Bocheteatro”visse, per vari anni, la sua prima – e unica –esperienza  teatrale : voce recitante all’interno di uno spettacolo - “Cantos de amistade”- che sapeva di magia.Fu un’esperienza che lo arricchì moltissimo dal punto di vista umano e culturale, perché dal rapporto con la gente  traeva la linfa necessaria per continuare a dire in versi.

I suoi versi…sono loro a parlare di lui. E ha scritto e parlato di tutto… perché ha cantato la vita.

E l’ ha fatto in maniera straordinaria , dando ora “un’accasazzu” ora “unu cazzottu”,con la coscienza tranquilla e l’intelligenza inquieta… così come solo i grandi poeti sanno a fare.

Nella sua vita ha dovuto trascinare croci pesanti come macigni, ma non si è mai piegato o arreso, né mai ha pensato che Dio l’avesse abbandonato.Quel Dio che è sempre presente nella sua poesia, quel Dio “amicu, babbu e frade”. Quel “Babbu nostru” che, cantato magistralmente dal Coro Ortobene, pare ascoltare assorto e compiaciuto, attraverso il riuscito sodalizio di musica e parole, l’inno alla Sua gloria.

Ed anche quando, ultimamente,la sofferenza – immane - per la perdita del figlio Paolo ha fermato il suo passo già incerto,testardamente ha continuato a cantare il Cielo e il suo “prantu cubau”. E le sue lacrime nascoste hanno sempre dato origine  a  versi unici e stupendi: “Intro ’e s’anima mea b’hat sempre bulluzzu tintu ’e arrenneghu e di milli gheleas”, scrive rivolgendosi al figlio perduto ,  ma poi aggiunge “sa pratta s’e s’anima es sempre ligada a sos pintos de su coro chi iffroscan suzzos de meravizas tra glorias e sonnios de pache bera”.

Conosceva la grammatica italiana e sarda come pochi :da questo punto di vista era un perfezionista e vari insegnanti ,dalla sue poesie  sono partiti per addentrarsi nei meandri di una lingua non facile da scrivere, da insegnare e da far amare.

Nuoro e la Sardegna tutta  devono molto a questo figlio, a questo padre-poeta capace di stupire e di stupirsi…sempre.

                                                                             T.R.  

 

Franceschino Satta ,visto da Cristina

(Clicca per ingrandire)

 

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(Da "La nuova Sardegna" del 6 giugno 2006)

Una guida per il giorno del giudizio

 

Il Comune ha realizzato un tascabile sui sepolcri dei cittadini illustri

 

di Antonio Bassu

 

NUORO. Il Comune ha realizzato, per facilitare la visita al cimitero di Sa ’e Manca, una guida tascabile curata dal giovane Mariano Lutzu, attraverso la quale è possibile conoscere l’arte funeraria cittadina.

La pubblicazione ripercorre i luoghi di Salvatore Satta, dai quali emergono, insieme ad alcuni uomini illustri nuoresi, i personaggi del "Giorno del giudizio".

" E’ un gesto doveroso nei confronti di tutta la comunità, che ci mette in linea con iniziative simili, che ormai si stanno attuando nel resto dell’Europa - ha detto il sindaco Mario Zidda - . I cimiteri sono , per antonomasia, luoghi e spazi della memoria, di una memoria personale, poiché vi sono sepolti i nostri cari , e collettiva allo stesso tempo, dove ogni cultura nel corso degli anni ha definito una propria modalità di sepoltura. Attraverso ciò si possono comprendere simboli, rappresentazioni, allegorie di ogni specifica tradizione culturale.".

(omissis)

La guida contiene anche un interessante e puntuale cenno storico sulle aree cimiteriali nuoresi dal XVII al XX secolo, insieme a brevi biografie di Antonio e Benedetto Ballero, Dino Giacobbe, Canonico Ciriaco Pala, Raffaele Calamida, Gicinto Satta, Salvatore Cambosu, Luigi Oggiano, Sebastiano Satta, Mariangela Maccioni, Raffaele Marchi, Gina Maconi, Romano Ruju, Giovanni Ciusa Romagna, Salvatore Mannironi, Franceschino Satta, Pietro Martino, Gonario Pinna, Francesco Giuseppe Congiu Pes.

(omissis)

"Il lavoro di Mariano Lutzu- ha detto l’Assessore ai Servizi Sociali Graziano Pintori – è l’illustrazione di un museo all’aperto, di cui vengono presentati i monumenti e alcuni personaggi tra i più importanti della storia cittadina, del vissuto dell’intera comunità, che in Sa ’e Manca hanno trovato l’estrema dimora. Nel seguire questo percorso ci si immerge in un grande giardino sempre fiorito, dove i petali sono i ricordi e il senso del dolore e della morte non si sostituiscono allo stupore della vita.".

(omissis)

 

 

Enas 02/ 08/ 2001

 

Cara Rosalba,

questa mia lettera costituisce le scuse per la mia assenza e il mio silenzio in occasione della dolorosa scomparsa di tuo fratello prima e di tuo padre ora, e per spiegartene le ragioni. Ho saputo della morte di tuo fratello solo dopo alcuni mesi leggendo su "S’Ischiglia" le vostre due elegie ( quella di Franceschino e quella tua) dedicate alla scomparsa del vostro caro congiunto. Della morte di tuo padre sono venuto a conoscenza leggendo la notizia pubblicata sulla Nuova Sardegna del 27 luglio da Giuliano Marongiu assieme alla poesia "Ispadas de sole". Non ho però saputo la causa della loro morte : quando rientrerai e sarai più serena ti telefonerò per raccontarmi tutto.

Sono profondamente addolorato per la scomparsa di persone così care non solo ai propri congiunti ma a quanti li hanno conosciuti e cordialmente stimati. Con Franceschino eravamo legati da un’amicizia profonda e sincera, dalla comune passione per quel genere di poesia che nasce dai puri sentimenti dell’anima , dall’appartenenza alla medesima generazione

( eravamo quasi coetanei : lui del diciannove , io del ventitrè), eravamo inoltre affetti dalla stessa patologia : il diabete. Credimi, se ne fossi venuto a conoscenza tempestivamente, avrei fatto di tutto per essere presente.

Mi sono permesso di allegare alla presente la riduzione in gallurese con traduzione in italiano della lirica "Ispadas de sole" che tu potrai tenere per te o far pubblicare dove vorrai, preferibilmente sulla rivista "L’Ortobene" , quale testimonianza d’ammirazione e d’affetto da parte mia.

Vi abbraccio tutti unendomi al vostro dolore e spero che troviate la serenità necessaria per superare drammi così dlorosi.

Con tutto l’affetto

Giacomo Murrighili

 

 

Franceschino Satta

 

RICORDANDO FRANCESCHINO SATTA

Riduzione, parzialmente in chiave antitetica, in vernacolo gallurese, della sua poesia "Ispadas de sole"

 

Ispadi di soli*

 

Illi sprandidi punti di l’anima

allattati d’amori

cantani ammenti di luci

vivendi

vicendi di buntài.

So guttigghj di balzamu

chi indulcini lu spiritu.

Li to’ occhj vivaci

hani soltantu aspettu d’attraenza

anghjuli siculari

in tarrenu facundu

produttivu.

So raggi di dilizia

chi cunsolani lu spiritu.

Li campi luminosi di la ’ita

fatti di sileni cantichi d’amori

so chì

in drentu a lu to’ cori

e tu massaju di cilévri

imbulendici

illi pelchj funguti di lu smenticu,

la lua ch’avilena l’anima

voi vincì,

ghirrendi cun ispadi di soli.

Li grani di lu cori

no’ bòttani

in lammagghj di malizia.

Candu la luci di l’anima

si spagli in arii dulci di celi

tandu la tarra è cussogghia

di maraigli.

 

Giacomo Murrighili

 

*La prima parte del testo originale in nuorese sottolinea la cattiveria di molte persone che come "frizzas de benenu brusian s’ispiritu" dell’autore. La versione gallurese rovescia il senso di questa prima parte e la intona ai nobili sentimenti del poeta nuorese e quindi a questa sua grandiosa lirica. Prosegue in sintonia con il resto dei suoi versi "fattos de selenos canticos d’amore".

 

 

Zio Luigi , zia Mariantonia e Franceschino Satta

 

IL DEGNO EREDE DI MONTANARU

 

DI

GIUSEPPE SUSINI

 

C’E’ L’ANIMA DEL LOGUDORO NEI "CANTOS DE AMISTADE" DEL POETA FRANCESCHINO SATTA

 

A pubblicare in volume le sue poesie - anche quelle scritte in giovanissima età e di cui ebbe a conoscenza ,tra i primi ,Montanaru - Franceschino Satta, nuorese puro sangue , non ha avuto fretta. Lo ha fatto nel luglio 1983, all’età di 64 anni , ed è un caso ben raro nel campo della letteratura.

E’ vero che - lungo tanti anni - esortato da amici , ha partecipato a diversi concorsi di poesia in dialetto e ne ha vinti molti ; ma il suo primo volume , come detto prima , è uscito solo nel 1983 , col bello e significativo titolo "Cantos de amistade" , nelle edizioni della Cooperativa Grafica Nuorese, tipograficamente ben curato, con una breve prefazione di Paolo Pillonca e con disegni, copertina e impaginazione di Salvatore Pirisi.

Il volume ha vinto il premio di poesia in vernacolo Ozieri 1983.

Questo volume di Franceschino Satta ci fa risentire, coi suoi molti accenti di poesia, la musica del logudorese, fervida e dolce allo stesso tempo, e che il Satta ha trattato ed elaborato come una vera lingua, con un purismo da Antonio Cesari del logudorese.

Franceschino Satta – il titolo del libro lo lascia già intuire - è il poeta degli affetti familiari sentiti religiosamente, dell’amicizia, dell’amore per la natura come creazione divina, della solidarietà umana. Tutto ciò presuppone una squisita sensibilità di cuore, una ricchezza di sentimenti, una valutazione cristiana della vita, dai quali elementi nascono le sue migliori poesie.Il volume si apre con un sonetto alla madre morta.

"A mama". Nonostante l’ impegno della costruzione metrica e della rima, il sonetto fluisce con dolcezza, con un delicato e affettuoso ricordo materno.

L’ amore per la sua ragazza, come pure, in seguito, l’amore per la moglie Vincenza ed i suoi figli - con le tragiche vicende della morte di alcuni di essi - muove con buon armonia di ritmi e di parole la poesia del Satta.

Una grande sventura ha colpito il poeta : è morto un suo figliolo, ed è nata una poesia-prefica : "A un’anghelu" : nove quartine in prevalenza settenari, rapidi, desolati, con la triste illusione che il figlio sia addormentato.

Poteva un poeta sensibile come Franceschino Satta non subire il fascino della luna e degli incantati paesaggi notturni ? Nessun vero poeta vi si è sottratto. Sono i momenti in cui la stanchezza fisica e morale dell’ essere umano, nella serenità e dolcezza dell’ora, richiama alla memoria e al cuore gli affanni e le bellezze della vita, e su questi moti dell’animo , il poeta canta , e la sua poesia lo sospinge di più in braccio alla vita.

Fra i vari componimenti ispirati alla luna , scelgo "Luna cara istimada" , dove appare con tristezza il raffronto tra la luna che non invecchia e resta sempre l’astro leggiadro de nostri sogni, e l’anziano poeta che, verso il tramonto dell’ esistenza , ha solo qualche speranza. Qui, come in altre poesie, il Satta ha lasciato la metrica e la rima tradizionali per scrivere in versi sciolti, sempre però col piacevole ritmo poetico senza il quale non nasce poesia.Fra le poesie più piacevoli, mi piace segnalare "Su cantu ’e s’adiosu" ("Il canto dell’ addio"), "Sos doichi frades" ("I dodici fratelli"), dedicata ai dodici mesi dell’anno, dei quali sono colti con leggiadra eleganza i caratteri, i vantaggi ed i malanni; "Forzis cras" ("Forse domani"), nella quale il Satta si conferma poeta dei sentimenti, forti e limpidi per una visione sacra della vita e per una coscienza morale di assoluta purezza; "It’est sa poesia", immancabile interrogativo di ogni poeta, e "Perelas d’incantu" ("Perle d’incanto"), quasi tutta poetica, perché il Satta si esprime con una voce dolcissima, serena, in versi d’una meravigliosa semplicità.

Insomma, se il Satta ha aspettato tanto a pubblicare il suo primo volume di versi, il molto tempo trascorso ha giovato alla sua poesia.

Mi pare di poter dire che dopo Montanaru, la più interessante voce poetica in dialetto sardo, è oggi quella di Franceschio Satta, il quale è dunque il degno erede di Montanaru.

(da "ESSE SARDEGNA" 1 gennaio 1989)

 

Franceschino Satta e i suoi alunni

 

QUANDO MUSICA E POESIA SI INCONTRANO

 

I RAIMI CANTANO

I VERSI DI FRANCESCHINO SATTA

 

 

Recentemente ha visto la luce la terza fatica musicale dei Raimi, "Razza barbaricina".

Ascoltarla significa perdersi e ritrovarsi in un mare di musica e di colori, nel senso che il prodotto è un’armonica fusione di suoni, timbri e ritmi che vanno oltre l’orizzonte regionale per attingere in altri e più lontani lidi, mescolarsi, confondersi, morire e risorgere con radici più gonfie di linfa e, perciò, di vita.

Solo alla musica è concesso il librarsi senza ali.

Solo la musica è capace di parlare, senza traduzioni, il linguaggio universale : quello che crea legami, sensazioni , emozioni , sfumature, relazioni.

Nella musica dei Raimi, poi, ha spazio il ricordo, la ricerca, l’incontro, la fusione. E in un mondo che pare invaso dal rumore, dal chiasso , dal nulla isterico dell’improvvisazione…di musica vera, che crei comunicazione, abbiamo tutti necessità.

Ascoltare "Razza barbaricina" significa non solo bere acqua pura di sorgente, ma rivisitare e riscoprire un mondo dove i confini sono solo linee immaginarie, e dove , ad aver diritto di cittadinanza è l’ uomo.

Musica globale, dunque. E’ quanto afferma Mario Usai – sax-soprano dei Raimi – che, intervistato a Radio Barbagia, alla domanda "Perché consiglierebbe l’acquisto di questo CD?", così risponde : "Perché è un lavoro che, pur rispettando le tradizioni musicali e letterarie della Sardegna , va oltre le barriere dei generi e dei confini per diventare musica globale".

Il CD comprende dieci brani i lingua sarda.

Il primo, "Razza barbaricina"- che dà il titolo al CD – è del poeta desulese Antioco Casula, noto Montanaru. Il brano opera non solo un collegamento col nastro precedente "Arreschende"- tutto in lingua sarda – ma consente quello che, Franco Persico- chitarra e charango dei Raimi – definisce un passaggio di consegne : da Montanaru a Satta, che viene giustamente considerato l’erede naturale di Montanaru. Del poeta nuorese Franceschino Satta sono infatti i testi delle altre nove canzoni. E poiché la Sua poesia è già musica…unendo musica a musica, non è stato difficile, per i Raimi , dar vita a quella che Ignazio Delogu definisce "un’operazione sapiente e gioiosa.Un CD estremamente gradevole, ricco di suggestioni e richiami".

R.Satta Ceriale

(da "L’Ortobene)

 

"Franceschino Satta visto da Roberto"

 

Concerto. Il nuovo Cd del gruppo Raimy

DIVENTA MUSICA LA POESIA DI SATTA

di

Graziella Monni

 

Quando la poesia diventa musica conquista anche i giovani.Il gruppo nuorese dei "Raimy" ha festeggiato il Natale con un nuovo Cd, presentato qualche giorno fa nell’auditorium della Media n. 4 a un pubblico numeroso e attento. "Razza barbaricina" è il titolo dell’ultima fatica dei Raimy che hanno intrapreso una strada davvero insolita. Tutti i brani del Cd ( tranne "Razza barbaricina" di Montanaru) sono tratti dai versi del poeta nuorese Franzischinu Satta. E non c’è alcun dubbio . i giovani ne sono rimasti entusiasti. "Vogliamo ritornare alle nostre tradizioni più vere", hanno spiegato i componenti del gruppo. Buona musica con influssi latini e ricerche di suoni antichi per valorizzare i versi di Satta : un connubio che si è rivelato vincente. I componenti del complesso musicale ( Franco Persico alla chitarra, Mauro Usai al saxofono, Corrado Congeddu al flauto e fiati, Franco Mameli alle percussioni e voce solista, Adriano Orrù al contabbasso) hanno dato il meglio di sé. Il poeta , sul palco, prima del brano cantato, declamava i suoi versi, che subito dopo venivano "vestiti" di suoni. Gli applausi non sono mancati per i Raimy, che sono riusciti subito a conquistare il pubblico. Anche Franzischinu Satta ha avvertito l’affetto e la stima di chi lo applaudiva. Seduto a un tavolino, a un lato del palco, leggeva le poesie tenendo fra le mani i suoi fogli. Un preludio alla canzone che seguiva, con una voce decisa e forte a dispetto degli anni. Colpiva soprattutto il silenzio attento dei giovanissimi e gli applausi che segnavano la fine della poesia. Se la serata era tutta per i Raimy, anche ziu Franzischinu ha avuto il suo momento di gloria. . E gloria è stata anche "pro sa limba nugoresa". . "Nel Cd abbiamo voluto che l’autore leggesse due poesie per conservare la sua voce", hanno spiegato i Raimy prima del concerto. Il Cd è stato interamente autoprodotto dal gruppo nuorese. Come tante altre band cittadine, i Raimy meriterebbero perciò maggiori fortuna e più attenzioni dalle isituzioni dal pubblico.

( da "L’Unione Sarda" del 28 dicembre 1996)

 

 

VERSI DI FRANCESCHINO SATTA  E MUSICA DEI RAIMI

di

IGNAZIO DELOGU

 

Se c’è una poesia che non può essere nata altrove, immediatamente riconoscibile e, quindi, nuorese per diritto proprio, è quella di Franceschino Satta . Nuorese, barbaricina non solo in virtù della lingua – che pochi tuttavia conoscono e usano con maggiore sapienza – ma per ritmi e registri, che sottendono una coralità ,che è garanzia di appartenenza - mai tradita - alla comunità, nella quale il poeta è nato e ha vissuto una ormai lunga e non sempre facile stagione.Proprio per essere così inseparabile dal suo contesto, la poesia di Franceschino Satta ha tutte le carte in regola per proporsi come un messaggio più universalmente umano. Poesia più che intimista, riflessiva, come vuole il carattere della nostra gente, che dalle muse pretende molto spesso sostegno e consolazione; frutto dell’osservazione e della partecipazione alla vicenda della natura e degli uomini; espressione di sentimenti e di affetti che l’esperienza, "su tempus", e le immancabili asprezze della vita non hanno appannato, consentendo all’ ottimismo e alla speranza di prevalere sullo scetticismo e sull’ indifferenza. Non sorprende, pertanto , che un complesso come i "Raimi", aperto a tutte le suggestioni - che l’inesauribile circolazione letteraria e musicale ha fatto arrivare fino a loro, a Nuoro e in Barbagia - abbia scelto proprio questa poesia, così schietta e , a volte aspra , per mettere a confronto la "costante barbaricina"- poetica e musicale insieme- con la più ricca e spesso sofisticata varietà di suoni, timbri e ritmi proveniente dai quattro punti cardinali. Il risultato è un CD estremamente gradevole, festoso, ricco di suggestioni e di richiami, che esalta al massimo le caratteristiche dei tanti strumenti usati e la straordinaria perizia degli esecutori. A garantire che l’operazione non si perda in un piacevole ma futile gioco cosmopolita è, insieme alla eccezionale tenuta ed evidenza del sostrato musicale e ritmico sardo, la bellezza e l’autenticità della lingua resa ancor più evidente dal canto. Un’ operazione, dunque, questa del gruppo "Raimi", sapiente e gioiosa, aperta al nuovo e al diverso, ma nello stesso tempo rispettosa della tradizione e dell’ identità , come vorremmo sempre che fosse - accanto a quella giustamente ereditata dai Padri - la musica nuova della nostra terra.

(Dal CD dei Raimi "Razza barbaricina")

 

 

FRANCESCHINO SATTA , POETA.

 di

 ELISA NIVOLA

 

 

Franceschino Satta era un poeta di costituzione non formale; la sua poesia ha una matrice fortemente emozionale, con prevalenze iconiche e metaforiche piuttosto che letterarie. In questa caratterizzazione la sua poesia esprime e alimenta il substrato della cultura sarda, autoctona e "barbaricina", distante dalle formule e dagli stereotipi dell’Arcadia letteraria e dei suoi manierati "classicismi". Per queste caratteristiche Franceschino Satta è stato un poeta innovativo e contemporaneo, ed ha contribuito a rimuovere le ingenuità della poesia sarda ottocentesca, a rendere più immediata, semplice ed efficace l’immagine e la parola poetica.

Questi modi nascevano dalle emozioni e tensioni di una personalità schietta, vitale , ancorché schiva di manifestazioni mondane, e da una grande curiosità intellettuale.

Ho conosciuto Franceschino Satta in varie occasioni di impegno culturale : alla Biblioteca Satta di Nuoro, coadiuvando la figlia Rosalba ( maestra a Budoni ) nella traduzione e rappresentazione in lingua sarda, da parte degli alunni di una classe elementare , del prologo dell’ opera d Albino Bernardini "Disavventure di un povero soldato". Franceschino stimolava e sosteneva i ragazzi in una comunicazione efficace e gradevole .

In un piccolo teatro di Quartu Sant’Elena venne una volta con l’attore Giovanni Carroni , al quale si alternava nello svolgimento d dialoghi e brani tratti da "Sos laribiancos" di Francesco Masala, e nella dizione di sue rime, sostenuta dalla forte gestualità di Carroni : la voce di Franceschino attraversava le ombre del palco con modulazioni accorate e profonde.

Nell’ agosto di due anni fa, durante un soggiorno di vacanza sul Monte Ortobene, incontrai Franceschino, che stava in una piccola casa, e in una piccola corte , ai bordi del parco fresco e ombroso. Veniva ogni mattina, con passo faticoso , a prelevare la sua copia del quotidiano locale , e si tratteneva a conversare, raccontando la dura malattia e la recente morte precoce di un giovane figlio, ma anche evocando episodi e forme del suo percorso, con limpida nostalgia .

La sera, qualche volta , lo raggiungevo vicino all’abitazione, con giovani suoi amici e parenti, e nella conversazione egli alternava riflessioni e ricordi, raccoglieva domande e suggestioni, esprimeva la forte consonanza con i luoghi e le cose della vita sarda.

Possiamo dire , onorandolo , che egli ha vissuto in modo integro e autentico la vicenda storica, l’appartenenza etnica e l’ identità culturale sarda, con tratti di una personalità aperta e generosa.

( da "Nuoro Oggi" dicembre 2001)

 

 

 

Il coro Ortobene, omaggio a Satta




CAGLIARI. Il coro Ortobene di Nuoro rende omaggio a Franceschino Satta: più passa il tempo e più il ricordo assomiglia ad uno dei suoi ritratti, tracce antiche disegnate con tinte che sanno di leggero e soffiate di poesia. Ha saputo raccontare altri destini, ha raccolto e consegnato alla memoria scorci di un passato nuorese che rivive attraverso i suoi scritti, da poco più di un anno non canta più: si è spento portandosi dentro i sentimenti urlati a bassa voce, con lo stile che aveva caratterizzato le sue composizioni. A lui si devono le atmosfere più fluide dettate da una creatività intrisa di malinconia e sentimento, evocazioni elaborate con sofisticata ricerca di suggestioni antiche.

 (da La Nuova Sardegna del 21/1/03)

 

 


 

Al via «Buonasera Sardegna»
Da oggi ogni martedì su Sardegna Uno il programma di Gianni Medda
 


di Giuliano Marongiu



CAGLIARI. Nel Teatro "Don Bosco" dei Salesiani di Selargius c'è aria nuova: il rosso della scena, i ricami d'oro che riflettono i contorni, il garbo elegante di un trionfo floreale, il riposo dell'attesa prima dell'applauso che cala sul sipario acceso. Le sedie, sotto il palcoscenico, sono ancora vuote di quegli umori che di lì a poco agiteranno entusiasmo e attenzione. Nelle ore che precedono un incontro importante tutto traspira di ansia, di emozione, di "scalette" ripassate a memoria e ritocchi dell'ultimo istante.
Dietro le quinte i componenti dei Gruppi ospiti indossano con cura e fierezza i colori della Sardegna e l'orgoglio di un'appartenenza. Con consumata bravura si ritroveranno nel ballo antico dei popoli, patrimonio di quest'isola nel mare: come quando ci si univa, accaldati da un "sentire" comune, nelle feste lontane e nei rari momenti di socialità e rito. Gianni Medda, produttore del programma, è l'uomo che ha inventato il modo di fare televisione in Sardegna da venticinque anni a questa parte: lo conoscono tutti e ovunque conta amici ai quali rivela racconti e aneddoti attinti dai ricordi cementati nella memoria, storica come un archivio. E' l'archivio di una Sardegna che ha cantato e ballato, con lui, contenitore che ha prodotto e ascoltato poesia, che ha visto sfilare ogni forma espressiva della nostra cultura popolare e non solo. Secoli di tradizione e fede, folklore e spettacolo, sfileranno sul palcoscenico di "Sardegna Uno": da stasera per tutti i martedì alle ore 21.00. Il viaggio nella terra di Sardegna farà tappa in ogni suo angolo. Nello show inaugurale si parte dal ballo e dal canto del Logudoro con l'Associazione Culturale "Ittiri Cannedu", sui ritmi della chitarra di Andrea Urgeghe e l'organetto del re Totore Chessa che accompagnano la voce di Giovannino Marreu. Protagonisti anche i giovanissimi componenti della formazione guidata da Piero Simula, trionfatori del Festival Internazionale riservato ai minori e denominato "Il Fanciullo e il Folklore" tenutosi a Roseto degli Abruzzi lo scorso anno. Il canto tradizionale che sgorga nel Logudoro infiamma migliaia di estimatori disseminati in tutta l'isola e nei tanti luoghi che nel mondo popolano di sardi: sul nostro palco si esibiranno i migliori eredi di Ciccheddu Mannoni di Luogosanto e degli altri grandi interpreti del canto popolare sardo del passato, per perpetuare la "sfida" che da decenni caratterizza le Gare, a colpi di voce e poesia.
Il campidano risponde con il passo della vasta piana e con uno dei suoi Gruppi e centri più rappresentativi, quello della "Città di Assemini": dove i suoni delle campane di San Pietro introducono una volta all'anno la suggestione del ballo nel suo evolversi e trasformarsi. Il viaggio nel percorso della trasmissione fa idealmente tappa in Barbagia, roccaforte delle tradizioni popolari, e a Nuoro, città dei Cori e capitale del Folklore, capace di intonare il suo canto attraverso le voci del Coro Ortobene diretto da Alessandro Catte. Sarà reso omaggio a Franceschino Satta, l'amato poeta nuorese scomparso di recente, capace di tratteggiare affreschi di una Sardegna andata che rivive nei ricordi in bianco e nero e tra le rime dei suoi scritti. Oggi per la prima volta la Banda della Brigata Sassari diretta dal maresciallo Capo musica Andrea Atzeni fa il suo ingresso in uno studio televisivo della Sardegna: l'Inno, "Dimonios", coinvolge e commuove. La regia è affidata a Roberto Demartis. Il programma è a cura di Gianni; Elena e Lilly Medda. Nel cast: Romina Pani, Massimo Pitzalis, Roberto Tangianu, il gruppo di ballo Incantos e la cantante Carla Denule.


 
(da La Nuova Sardegna del 21/1/03)

 

 

Cronaca di Nuoro

Santu Predu , i 50 anni della scuola

Il laboratorio

Una recita di poesie con il tributo a Franzischinu Satta

 

Grande il successo di tutte le manifestazioni allestite per celebrare il cinquantenario della scuola. Ma l’esperimento forse più riuscito è stato quello del Laboratorio di poesia. I bambini delle quinte classi hanno studiato diversi testi, recitandoli poi davanti al pubblico intervenuto nello scorso fine settimana.

I giovanissimi si sono confrontati senza remore con testi italiani e in limba, tributando fra l’altro un sentito omaggio al grande poeta nuorese Franzischinu Satta.

Scomparso nel 2001 a 82 anni, fu per diversi anni insegnante nell’istituto di Santu Pedru.

Nel weekend tutti i visitatori sono stati invitati a partecipare attivamente al laboratorio, componendo versi propri. E così, accanto ai più piccoli, anche gli adulti si sono cimentati con carta e penna, lasciando una traccia tangibile della propria creatività e il ricordo personale degli anni della scuola e di una Nuoro che, per tanti versi, non esiste più.

I versi verranno trascritti e resteranno alla scuola, inseriti in una raccolta curata dagli insegnanti. La raccolta sarà impreziosita dai versi di Paolo Satta e Rosalba Satta Ceriale, figli dell’autore di "Cantos de amistade" e "Ispadas de sole".

 

(f.p.)

(da "La nuova Sardegna" del 21/11/ 2006)

 

 

A un padre poeta

 

Che privilegio

aver vissuto accanto alla poesia!

Che ricchezza infinita

il tuo ricordo

fatto di primavere.

Il tuo volermi bene

ha riempito di favole il mio cielo.

Eri…il  gigante buono.

La mia arsura d’azzurro .

La voglia di sognare.

Eri lo sguardo terso.

L’anelito dell’anima.

La brama d’infinito…

L’amore

-quello vero-

ha il tuo sorriso.

Ed il tuo abbraccio

sorregge

ancora e sempre

il mio cammino

quando l’inganno

sparge il suo veleno.

Il tuo ricordo

è tutta una poesia 

…e la Poesia

-tua compagna fedele di una vita-

intinge le sue ali

nel tuo cuore…

 

 (Tua figlia Rosalba )

giugno2003

 

 

L’eredità di Franzischinu Satta

 

“Non possiamo dimenticare”

 

Nuoro. Ricorre domani il primo anniversario della scomparsa di Franceschino Satta, straordinario poeta e interprete della più profonda tradizione culturale nuorese.

La sua morte ha lasciato un grande vuoto in città e in tutta la Sardegna dove i suoi versi erano conosciutissimi e apprezzati.

La malinconia dei suoi versi resta chiusa nel cuore della gente di Barbagia.  Pubblichiamo il ricordo e la testimonianza di Alessandro Catte, direttore del Coro Ortobene e appassionato conoscitore delle tradizioni popolari sarde, che di Satta è stato grande ammiratore.

 

Istanotte bid’hapo in su sonnu su chelu luchente

de bramas d’affettu, comente sa luche ’e su coro.

Bid’hapo pizzinnos jocande in guruttos

e in prattas de sole.

E a zaja, in sa janna, a murmuttu,

filande iscarpittas de lana.

 

La poesia racchiude forti emozioni.

Talvolta narra di uomini, racconta di storie, ricorda particolari avvenimenti.

In poche righe deve trasmettere quello che un film comunica in due ore, una canzone in quattro minuti, un quadro in pochi attimi.

 

E a mama, galena, cosinde corittos,

chin filos de brama.

Bid’hapo pasteras, fuintanas,

puzones a pore,

 in ramos de mendula in frore;

e isposas cantande in su ribu.

 

Leggendola si ha come l’impressione di vedere delle fotografie. Un cielo ricco di luce con dei bambini che giocano nei vicoli…la nonna che mormora sottovoce , filando delle piccole scarpe di lana…i vecchi che raccontano le prodezze della loro gioventù…gli amici scomparsi.

 

Bid’hapo bezzeddos in foras

cantande de cando,

pizzinnos a zarra, andaban a mura

in fattu ’e sos rubos

paschende in campuras

cabaddos e zubos e sonnios de gloria.

 

Non è facile riconoscere un grande poeta, non è facile riconoscere la grandezza di uno stile di scrittura  che trasmette emozioni con una leggerezza particolare, con una semplicità a volte disarmante…come quella dei bambini…come succede nelle filastrocche.

 

Unu ballu pilican

mesu anticu e mesu nobu

bellu, tundu paret obu

durat finzas su manzanu.

 

E allo stesso tempo scrivere di argomenti tristi che hanno segnato la vita degli uomini di Barbagia, abitanti di una terra scarna, sconvolta da una storia che cambia lentamente.

 

Bid’hapo – l’ammento a memoria –

su mundu pizzinnu

serenu, tranchillu.

Prenande sa brocca de s’aba colada,

bid’hapo cumpanzos corales

chi commo non sunu.

Bid’hapo, ghirande, a s’intrigu, a babbu,

in artu, in su carru,

tra seghedes d’oro

de brassamu tintu

sa cara luchente ’e sudore,

alligru e serenu,

cantande a murmuttu

cantones de pache e d’amore.

 

La poesia racchiude il pensiero, i sentimenti, il mondo del poeta.

Racchiude importanti frammenti di storia.

Quando chi scrive ha inoltre una perfetta padronanza della lingua e di tutte le regole, allora i componimenti diventano una preziosa testimonianza di termini caduti in disuso e di modi di dire dimenticati.

Credo che a distanza di un anno dalla sua morte, i Nuoresi abbiano il dovere d ricordare Franzischinu Satta, umile maestro in pensione e grandissimo poeta.

 

  Alessando Catte

(da “La Nuova Sardegna” del 25 luglio 2002)

 

 

Un anno fa si spegneva la voce di Franzischinu Satta

 

Stanotte bid’hapo in su sonnu su chelu lucente.

Ancora : Bid’hapo pasteras, funtanas; bid’hapo bezzeddos in fora cantande.

Un altro verso: Cantande a murmuttu cantones de pache e d’amore.

Sono passi di poesie di Franzischinu Satta, il poeta dialettale nuorese di cui ricorre l’anniversario della sua morte, che sopraggiunse il 25 luglio 2001.

Versi raccolti, come un florilegio, da Alessandro Catte, direttore del Coro Ortobene, che di Satta è un estimatore e che ha messo in musica sei sue poesie.

Alessandro Catte chiede ai nuoresi che "a un anno dalla morte ricordino Franzischinu Satta, umile maestro elementare in pensione e grandissimo poeta".

E’ un appello da raccogliere, senza tentennamenti, perché la voce di questo poeta, che della sua città ha fatto un culto, non deve cadere nell’oblio.

La produzione poetica di Satta, la sua difesa della lingua sarda e dell’identità dell’isola, hanno trovato riscontro nei libri "Ispadas de sole", "Cantos de amistade" e "Incantos-Su prantu cubau".

Chi scrive ha conosciuto Franzischinu Satta, uomo integro, riflessivo, appassionato della natura, degli uomini della sua terra e del monte Ortobene soprattutto, di cui vagheggiava sino a pochi giorni dalla morte i suggestivi angoli di bosco e i panorami incantati.

Dalla sua casa ne rione storico di San Pietro, percepiva i sussurri del popolo, ne avvertiva le sofferenze, ne amava le tradizioni.

Poeta sincero , dall’ispirazione forte, cantò la semplicità dei sentimenti, il vigore dei valori morali, l’onestà e il coraggio, ma anche la rassegnazione degli abitanti di una Sardegna provata da angustie e dolori e esaltata da bellezze della natura e da nobiltà di uomini.

G.P.

(da "L’Unione Sarda" luglio 2002)

 

Franceschino e Sandro Satta

I poeti non muoiono

 

Ho sempre pensato che i poeti non muoiono.

Ogni qualvolta ripetiamo o leggiamo i loro versi, essi sono tra noi a ricordarci che, seppure è venuta meno la loro presenza fisica, la loro poesia è rimasta, con tutta la carica di pathos che voleva trasmettere.

Il 25 luglio ricorre l’anniversario della morte del poeta nuorese Franceschino Satta, la cui produzione poetica è conosciuta e apprezzata in tutta la Sardegna .

Egli ha concluso la parabola della sua vita terrena, ma i suoi versi continuano ad essere cantati da numerosi cori e a essere recitati in varie manifestazioni teatrali.

Ha sempre partecipato attivamente a vari movimenti culturali, specie in difesa della lingua sarda, sempre in prima linea nelle battaglie civili e sociali fatte per la salvaguardia del nostro idioma, anche quando molti di noi esternavano dubbi sulla possibilità del sardo, lessicalmente povero di vocaboli, nell’esprimere alcuni termini poetici con tutte le sfumature.

Egli ha voluto, con forza e risolutezza, dimostrare il contrario.

E lo ha fatto in modo concreto, scrivendo in lingua sarda le sue sillogi poetiche a dimostrazione di quanto una lingua, se ben conosciuta, ha risorse inaspettate, espressioni bellissime, concentrate in poche parole, entro le quali sta tutto un mondo denso di sensi reconditi, che egli, da vero poeta qual era, ha saputo formulare in versi stupendi.

La sua battaglia in difesa della lingua l’ha sempre portata avanti anche attraverso le pagine de "S’ischiglia" di cui è sempre stato valido animatore.

Per la sua attività poetica ampiamente riconosciuta, ha ricevuto in Sardegna numerosissime attestazioni e riconoscimenti di prestigio attraverso numerosi premi, non ultimo quello d Ozieri.

Era un uomo riflessivo, buon osservatore, e non potrebbe essere altrimenti per un poeta che "dipinge" i suoi versi come un pittore le sue tele. Due attività strettamente legate. Chi è poeta è anche pittore, senza peraltro dover usare il pennello, così come chi è pittore non può non essere poeta nelle sue espressioni figurative.

Franceschino Stta era un barbaricino doc e sempre ha amato e cantato la sua terra così come ha sempre difeso la sua lingua e la sua identità con "ispadas de sole" e con "cantos de amistade", formulando versi armoniosi, vibranti di calore e sentimento , dipinti con i colori della luce e nell’insieme della sintesi compositiva.

Dolores Turchi

(Da "L’Ortobene" agosto 2001)

 

 

Il  mese di luglio, mio padre e Tiziano Terzani

 

di

Rosalba Satta Ceriale

 

 

Il mese di luglio , da alcuni anni , è indissolubilmente legato  al ricordo di mio padre e di Tiziano Terzani.

E’, infatti , nel mese di luglio che ha avuto inizio il loro volo, con l’abbandono del corpo.

Davanti al ricordo di mio padre , le parole paiono perdere significato .

Anche scelte con cura , mai potranno dire quanto sia stato gratificante il mio cammino con lui, quanto la sua presenza abbia colorato la mia vita.

L’essere vissuta accanto ad un padre-poeta , l’ho sempre considerato un privilegio.

Il regalo di una sorte benigna. Parafrasando un pensiero di don Milani  posso affermare – senza timore che lassù qualcuno metta il broncio – d’aver amato più mio padre di Dio .

E’ grazie a lui che ho sempre mantenuto  un dialogo con la mia coscienza .

E’ sempre grazie a lui che ho potuto scorgere e poi percorrere le strade della poesia. Passione condivisa… che ha cementato ancora di più il nostro già bellissimo

rapporto .

Il cammino , in sua compagnia , è stato sempre fecondo : ricco di stimoli, di stupore, di grande meraviglia…anche nei momenti di immane sofferenza, perché avevo imparato , osservando la sua vita , a guardare la luna e non il dito che la indica.

Mio padre… ha rivestito la Sardegna dei suoi versi e l’ha sempre fatto “con l’anima tranquilla e la coscienza inquieta”, come solo i grandi poeti sanno fare.

E la Sardegna, sempre generosa con i suoi figli prediletti, ha voluto nominarlo ,

prima , cittadino illustre, e dedicargli poi, -  dopo solo tre mesi dal suo volo -, una via, accanto a quella dove nacque e morì.

Ricordo che tempo addietro, don Floris mi disse  che , molto probabilmente, mio padre aveva avuto qualche rivelazione  che, a suo parere, emergeva, prepotente , dalle sue poesie di carattere religioso.

Io credo , più semplicemente, che mio padre sia stato un Uomo  che ha molto amato.  Che si è sforzato , sempre, di portare fuori la parte migliore di sé… perché di bellezza, di incanti e di rapporti d’amore il mondo aveva necessità.

Ritorna , infatti  spesso, nel suo canto poetico, l’interrogativo  del cosa sarebbe la nostra vita senza amore :

 

It’est? It’est sa bida                               Cos’è? Cos’è la vita

si inintro  ’e coro mancat                         se dentro il cuore manca

cuss’ischinzidda arcana                          quella scintilla misteriosa

ch’illuminat d’amore s’universu?             che illumina d’amore l’universo?

 

It’est? It’est su mundu                           Cos’è? Cos’è  il mondo

si benit a mancare                                 se viene a mancare

s’ispera soberana                                  la primaverile speranza

d’amore che fine?                                  di un amore senza fine?

 

 

…per poi rispondere con i versi di un’altra lirica  -che gli valse l’alloro ad Ozieri –:

 

Sos campos lucorosos de sa bida,                          I campi luminosi della vita

fattos de selenos canticos d’amore,                       fatti di sereni canti d’amore,

sun inoche,                                                          sono qui,

intro  ’e su coro meu,                                            dentro il mio cuore,

e dego, massarju  ’e pistichinzos,                           ed io, contadino d’affanni,

cherjo semenare labores d’affettu,                         voglio seminare grani d’affetto

fulliandeche,                                                         buttando

in sas percas fungudas de s’irmenticu                     nei dirupi profondi dell’oblio

sas lubas ch’abbelenan                                          i veleni che intossicano

sos alentos immortales de s’anima.                        i respiri immortali dell’anima.

Cherjo binchere                                                     Voglio vincere

gherrande chin ispadas de sole…                            lottando con spade di sole…

 

 

L’incontro casuale con Tiziano Terzani – e , purtroppo , solo virtuale – è avvenuto nel 2001.

Altro dono di una sorte benigna!

E’ stato facile incontrarlo nonostante un mondo in subbuglio. E riconoscerlo.

Ricordo lo scambio di e-mail con tenerezza…se penso  che tenne vivo il filo di un discorso imbastito di pace, sapendo d’aver quasi raggiunto quella che soleva definire “la fase della foresta”, il luogo che prelude l’abbandono del corpo.

Tiziano Terzani aveva trovato nel suo andare , prima , NEL mondo e , poi, VERSO il mondo, la chiave dell’interiorità. Ce l’ha mostrata, messa a disposizione.

Usatela, ci ha esortato.

Chi è capace di andare in fondo alla propria umanità non può che diventare  un costruttore di pace. Dalla ri-scoperta della propria umanità, infatti , parte il sentiero che conduce all’incontro , alla condivisione, alla solidarietà, al rispetto… tutto ciò che restituisce respiro, forza e voce al diritto dei popoli e dell’uomo.

“ E’ il momento di uscire allo scoperto – scrive nel suo sempre attuale “Lettere contro la guerra” -.  E’ il momento di impegnarsi per i valori in cui si crede.

Una civiltà si rafforza con la sua determinazione morale molto più che con nuove armi.

Soprattutto dobbiamo fermarci, prenderci tempo per riflettere, per stare in silenzio.  Spesso ci sentiamo angosciati dalla vita che facciamo, come l’uomo che scappa impaurito dalla sua ombra e dal rimbombare dei suoi passi.

Più corre, più vede la sua ombra stargli dietro; più corre , più il rumore dei suoi passi si fa forte e lo turba, finché non si ferma e si siede all’ombra di un albero. Facciamo lo stesso .

Visti dal punto di vista del futuro, questi sono ancora i giorni in cui è possibile fare qualcosa.

Facciamolo. A volte ognuno per conto suo, a volte tutti insieme.

Questa è una buona occasione .  (…) Il cammino è lungo e tutto ancora da inventare. (…)Buon viaggio! Sia fuori che dentro.”.

 

Il mese di luglio mi parla di mio padre e di Tiziano Terzani.

Il mese di luglio mi parla e mi racconta la storia – bella – di due persone davvero molto, molto speciali.

Ed io, oggi, voglio dedicare loro cinque versi.

Vogliono essere un abbraccio. Un saluto tenerissimo...

 

Il pensiero

inzuppato di buono

danza parole chiare

ossigenando il cuore.

Ancora e ancora…GRAZIE!

 

 

 

 

Da Sonos e Contos Anno 1, numero 4, Settembre 2007

Mensile di musica, tradizione, cultura sarda ed eventi

Sentieri & parole

di Giuliano Marongiu

G. Marongiu , F. Satta e A. Catte

 

La città di Nuoro ha partorito tanti figli illustri. Il 16 settembre del 1919 è nato Franceschino Satta, "il poeta della solidarietà umana, dell’amicizia, dell’amore della natura come creazione divina, degli affetti familiari". A pochi anni dalla morte, sopraggiunta il 25 luglio del 2001, ne tracciamo il ricordo.

A FRANCESCHINO SATTA IL RICORDO

"Bae luna, allughemi sa bida. Bae luna, allughemi su coro; diat esser bellu, luna, inoche a morrer goi": con questi versi, in una notte di luglio, di qualche anno fa, la voce di Piero Marras si diffuse nel cielo soprastante dell’anfiteatro di Nuoro, rotta di dolore, carica di passione. Franceschino Satta, nel silenzio e all’improvviso, lucido ma provato dalla sofferenza che da un po’ di tempo ormai accompagnava le sue giornate, se n’era andato per sempre e da pochi istanti."E’ stato un poeta vero e accessibile ricorda il cantautore – aveva la capacità di descrivere Nuoro in modo in cui tutti vorrebbero che fosse e non è più. Sapeva raccontare. Respiravi nelle sue "visioni" il senso della protezione, le storie e le solidarietà dei vicinati di una volta. Qualcuno ha detto che quando un poeta se ne va, se ne vanno anche via mondi, memorie".

E’ vero, nei suoi versi si respirava la Nuoro più autentica.

A lui si devono le atmosfere più fluide dettate da una creatività intrisa di malinconia e sentimento, evocazioni elaborate con sofisticata ricerca di vocaboli e suggestioni antiche.

Alessandro Catte, tra i tanti direttori dei Cori di Nuoro che hanno armonizzato e reso fruibili sotto altre letture le poesie di Franceschino Satta, lo ricorda con gratitudine commossa: "Frequntavo la sua poesia ed ero incantato dalla forza dei contenuti e soprattutto dalle forme irregolari della sua esposizione. Credo di aver guadagnato la sua stima soprattutto quando ho musicato i versi straordinari di "Ispadas de sole", a suo dire il pezzo più amato: è stata quella un’impresa difficilissima poiché il lavoro era molto complicato, ma la soddisfazione di entrambi diventò commozione. Era un uomo buonissimo, uno spirito adolescenziale".

Ha indossato la passione della poesia affacciandosi alla vita: inizia a comporre ancora tredicenne, ma il suo primo volume "Cantos de amistade" viene pubblicato soltanto nel 1983, all’età di 64 anni. Seguono "Ispadas de sole" (nel 1992), con il quale vince il primo premio per la lirica al "Città di Ozieri" e "Incantos su prantu cubau".

Ho avuto la fortuna di conoscerlo.

Ero stato chiamato a presentare il Concerto di Natale nel 2000 dal Coro Ortobene, promotore dell’evento e interprete di alcune delle più belle poesie di Satta.

Una serata che ricordo magica, ricca di fascino e di suggestioni rimaste scolpite nel cuore e nella memoria.

Nell’annunciare l’esibizione di un canto costruito su una delle sue più belle poesie, spesi alcune parole per sottolineare la grandezza del poeta, ignaro del fatto che lui fosse presente: lo vidi venirmi incontro dal fondo della chiesa, leggermente chino e avvolto nel suo cappotto verde, custode di emozioni prima covate e vissute, poi regalate.

L’emozione, in quel momento, fu fortissima: tutti i presenti, tantissimi, si alzarono in piedi per applaudirlo.

Quasi un segnale, un saluto, forse un congedo.

Poco dopo, nella sacrestia, mi raccontò della sua amicizia con Antioco Casula "Montanaru", del suo amore per la poesia e per l’insegnamento. Mi inviò in regalo i suoi libri con dedica affettuosa.

L’ho sentito diverse volte per telefono, ma non l’ho più visto.

Nel cuore della figlia Rosalba, il ricordo più tenero: "Ha cantato la vita. E l’ha fatto in maniera straordinaria, con la coscienza tranquilla e l’intelligenza inquieta. E’ stato un grande privilegio esserle figlia: il dolore immenso per la sua morte non sarà mai grande come la gioia di averlo avuto come padre".

 

 

Rosalba Satta e Giuliano Marongiu

 

 

FRANCESCHINO SATTA  -  IL POETA, L'UOMO.

 

Nel ricordo di Antonio Strinna.

 

 

Già da sei anni Franceschino Satta non è più fra noi, almeno non fisicamente, sono anni però che continuano a vivere di lui, delle sue opere, dei suoi sguardi sereni; anni che continuano a brillare della sua poesia, letta e cantata, in ogni angolo della Sardegna e non solo. Nel cuore di tanta gente e di tanta musica sarda. Come “Ispadas de sole”, “Unu ballu pilicanu” e “Babbu nostru”. Risuonano ancora oggi, con i suoi versi, i suoi sentimenti, così forti e sinceri, insieme alla sua grande passione per la letteratura e per la sua comunità.

Ma fin dal 1995, quando da giurato del Premio delle Acli lessi la sua poesia “Accurzu a chelu”, quest'uomo mi diede la sensazione -attraverso i suoi versi- che già allora fosse in viaggio verso l'aldilà. Che in qualche modo, interiormente, si preparasse a guardare lontano, come in fondo guarda la poesia, la tradizione, il sole, la luna. Dunque, partendo da “Eliches e chercos, calabriche e nuches de recreu”, Franceschino Satta già osservava e considerava ogni cosa con un qualche distacco, come in trasparenza, di sicuro diversamente: “Chin sa luce immortale de s'immortale andare”.

Anche a  distanza di tanti anni, dopo quell'incontro alla cerimonia di premiazione, mi pare proprio di vederlo, silenzioso, quasi solenne, lassù: “In custu monte arcanu, accurzu a chelu”, dal quale poteva vedere -ormai nella filigrana della memoria- Nuoro e la Sardegna intera, senza però staccarsi dalla natura, dalle creature che lui tanto amava e alle quali spesso si ispirava: “Milli alipintas, milli rosinzolos cantan in coro eternas sinfonias”.

Così, quasi fatalmente, il ricordo di Franceschino Satta mi riporta all'anno precedente, alla poesia “Tra un'isbirgu e s'atteru”, e ancora alla sua amatissima infanzia “In sos montricos de sa pizzinnia”, come lui li definisce, montricos che la modernità ha contaminato e talvolta anche distrutto per far posto a nuove e insane abitudini, a continui abusi e volgari violenze. “Ube prima sos nuscos de s'amore s'isparghian serenos accasazande luches d'amistade, como b'hat rubos ch'abbelenan s'anima”.

 Ma il mio primo incontro con Franceschino Satta e con la sua poesia risale al 1993, in occasione della quinta edizione del Premio di poesia sarda delle Acli. Alla quale partecipò con “S'anima sentìa”, una poesia che mi fece particolare impressione. E anche lui. La sua figura carica di anni e di umane esperienze. Nella quale potevo  avvertite il respiro della gloria e insieme della solitudine. Così, ormai vecchio, il poeta sognava allora soprattutto una cosa: la libertà. La libertà della giovinezza. “Ah, su chelu fit mannu e manna sa gana de divertire”. E poi ancora, con dolcezza e candore, vibrando in tutti i suoi sentimenti: “Arcana pizzinnia, ite bellesa! Como sa fune est presa a sas loricas frittas de s'iberru”. Davvero traspare in questi versi tutta la sua innocenza, rivissuta con una amarezza che tuttavia non gli impedisce di godere, ancora una volta, di un tempo che per lui fu sereno e felice.

Accurzu a chelu, dicevo all'inizio, e non di meno accurzu a sa zente. E mi onora il fatto che durante quelle tre Premiazioni del Concorso di poesia sarda Acli -1993, 1994, 1995- lui sia stato anche accanto a me. Ho conosciuto e apprezzato la sua poesia e attraverso questa ho potuto apprezzarlo anche come uomo. Rileggendoli, potrei ascoltare i suoi versi come un canto profondo, così da percepire ancora la sua voce, la sua preziosa compagnia. Di poeta e di uomo.  

Questo ricordo mi è caro, davvero; per me e per moltissimi sardi è il ricordo di un padre.

 

Il diploma di Franceschino Satta

Il diploma di Franceschino Satta

 

 

Parola e suono, strumento di poeti che hanno fatto la storia dell’isola

 

di

Paolo Pillonca

 

Nei primi anni ottanta Gonario Pinna si apprestava ad inserire nella sua “Antologia” dei poeti nuoresi le due voci nuove barbaricine  balzate prepotentemente alla ribalta  del premio “Città di Ozieri” proprio in quegli

anni : Franceschino Satta  , che aveva vinto con “Ispadas de sole”, e Giovanni Piga, che si era imposto con “Su dubbiu  ’e s’anima”, in due distinte edizioni del certamen  poetico che da oltre mezzo secolo  si tiene nel capoluogo del Monte Acuto.

Mi chiamò al telefono in una mattina di fine primavera  chiedendomi di andarlo a trovare “si ti sibrat tempus  e si nd’intendes su disizu”.

Concordammo per quello stesso pomeriggio.

Andai come sempre volentieri a casa sua : dialogare con lui  nel suo studio o nel giardino  della casa paterna  che ancora non era diventato parco pubblico rappresentava per me  invariabilmente un piacere  dello spirito, una delle compagnie più piacevoli  che mi sia mai capitato di frequentare , un sottile diletto durato quasi dieci anni .

Quella volta Gonario Pinna  mi parlò della necessità di aggiornare il suo lavoro  sulla poesia nuorese , dell’importanza di quei poeti  e della grande influenza  che ebbero sulle generazioni successive , a cominciare da Pedru Mura.

L’ opera dell’insigne penalista barbaricino , scrittore e saggista, è parte fondamentale  dell’antologia  che sarà sabato in edicola  con il nostro giornale

( volume n. 21 della grande e fortunata enciclopedia della Sardegna)

(omissis)

(da “La Nuova Sardegna”  del 29 febbraio 2008)

 

Franceschino Satta in compagnia di  Luigi Farina , autore di tre vocabolari in lingua sarda

 

 

 

Franceschino Satta

Ritratto di un poeta immortale

 

La scrittrice e poetessa Rosalba Satta scrive per Sonos e Contos tracciando un appassionante profilo del padre, il grande poeta nuorese

 


Tra sedici mesi, saranno trascorsi dieci anni dall’ addio terreno di mio padre. Ricordarne il decennale risulterà spontaneo per chi ha saputo coglierne il valore umano e artistico. Mi vengono in mente visi diversi e canti diversi , perché in tanti hanno musicato i suoi versi più belli. Ma credo che nessuno più e meglio di Alessandro Catte sia riuscito a stare accanto a lui prima e dopo il suo “volo”. In ogni suo concerto, in ogni sua apparizione televisiva, in ogni occasione, pubblica e non, trovano spazio i versi di mio padre e ciò sta ad indicare una scelta precisa : il rapporto poetico-musicale continua… L’abbraccio col cielo è possibile.

Così come ho avuto la nitida sensazione di una “presenza” nel mese di ottobre dell’anno appena trascorso, quando il coro “Su Nugoresu” - diretto oggi da Simone Dionigi Pala - al teatro Eliseo di Nuoro- dedicò una serata all’indimenticabile amico fraterno Tonino Puddu. Oltre il pubblico – assorto - , i Cori ed i Gruppi … c’era Tonino. E , con lui, c’era mio padre , felice del fatto  che  la serata prendesse il via e si concludesse con i suoi versi. E tutto ciò non è accaduto per caso : la sensibilità dei componenti il Coro “Su Nugoresu” e dei familiari di Tonino ha fortemente voluto  questo binomio poetico per raccontare in musica un percorso  ed un rapporto amicale che continua oltre gli orizzonti visibili, in quell’altra dimensione dove hanno diritto di accesso solo i sentimenti veri, profondamente sentiti.

Quando mi accade di pensare a mio padre – e non c’è giorno in cui non abbracci il suo ricordo , denso e ricolmo di mille cose belle – mi viene incontro, più dolce di una ventata primaverile, ciò che mi disse , dopo il suo addio terreno, Angelo, un poeta dialettale, suo ammiratore da sempre : “Ci pensi Rosà? Era tuo padre !”  Per fortuna l’ho sempre saputo…prima ancora che , vincendo la sua  innata ritrosia,  comunicò a noi figli – già adolescenti - d’aver scritto tante poesie da poter pubblicare tre o quattro volumi. Ho sempre avuto la consapevolezza , fin da quando hanno origine i miei ricordi di figlia, d’essere vissuta accanto ad un padre speciale, tenero al punto giusto , profondamente onesto. Buono. Capace di trasformare in sorriso perfino le lacrime infantili. Ne andavo fiera . E mi sentivo forte, perché il suo amore riempiva di senso e di colore il mio quotidiano. Ho imparato da lui a cogliere le sfumature , a guardare oltre l’orizzonte, ad indignarmi per i valori calpestati e a lottare , all’occorrenza, per un mondo più giusto. Ho avuto il grande privilegio di vivere in maniera molto intensa l’ultimo periodo della sua vita, quando il suo passo – dopo la morte improvvisa di Paolo,il figlio prediletto -, diventò incerto… fino a fermarsi. “Commo dego so solu, non so prus nemmos . Mi mancat tottu…Mi mancas tue, fizu…” scriveva , sussurando , forte, la sua rabbia nei confronti dell’indifferenza e della “malasorte” che, insieme, gli avevano portato via quel figlio amatissimo. Eppure riuscì , non senza fatica, a prendere la vita per i capelli…E continuò a scrivere poesie e racconti.  Continuò il suo “mestiere” di padre perché sapeva quanto la sua presenza fosse, per noi figli, importante.

“Mi dispiace per il dispiacere che ti sto dando…”, mi disse  qualche mese prima del suo “volo”, intuendo che il tempo a sua disposizione stava per terminare.

Feci finta di non capire e sorrisi con lui come si trattasse di una delle sue tante battute.  Oggi sono consapevole del fatto che il dolore immenso del suo addio terreno non sarà mai  grande come la gioia di averlo avuto accanto come padre.  

 “Grazie di tutto , Franceschino – ha scritto il poeta Franco Fresi - dolce maestro due volte, di scuola e di poesia, ora che forse tutto sai e tutto vedi, dal posto in cui un uomo di fede, come tu lo eri , trova la sua patria migliore.”

Rosalba Satta

 

 

Una poesia che Franceschino Satta Ha dedicato alla figlia.

 

A fiza mea Rosalba

 

(Chin sa luche  ’e su coro)

 

Cando su mese ’e maju

allughet montes, baddes e campuras

de delissias d’incantu,

sas frinas , chin manos de seda,

accasazan su bolu ’e sos puzones

in chelos biaittos.

Su nuscu ’e sos frores

illebiat s’ispiritu

semper disizosu

de nobellas d’ispantu.

Ma custos versos, fiza,

pintos

chin su pinzello ’e s’anima

non s’irbentian mai,

ca juchen

s’alidu d’unu babbu chi t’istimat.

Juchen alas d’amore, chi naschin,

chene tilla veruna,

in sos prados de s’infiniu.

Tue,

parma istimada,

mama soberana e bella,

poetessa delicata

de soberanos innos de cossolu,

crara

chei sa luche ’e su coro,

ses s’ispera innida

de su tempus benidore,

sempre pronta a ispargher

in sas agheras de s’ispiritu umanu

sonnios de bonidade.

Pro cussu, tue, o fiza,

in custu mundu inzertu para fronte,

e drinni s’ischiglia ’e s’anima

pro sorbere

sos tirrios maleittos

chi nos cheren lubare su coro.

Chin s’isettu chi cras, jaja dizzosa,

potas semenare labores d’amistade

ti dò, fiza ’e su coro,

tottu sas cosas bellas

chi fachen bellu e caru s’universu.

BABBU

 
 (Da Sonos e Contos” Numero 33 Aprile/Maggio  2010)
 

 

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Sonos e Contos - Ricordo di Franceschino Satta Sonos e Contos - Ricordo di Franceschino Satta

 

In ammentu de Franzischinu Satta

 

 

 

 

 

 

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